In Herzl’s Vision Today, Carol Manheim raccoglie i contributi di storici, accademici, giornalisti e artisti israeliani nel centoventesimo anniversario della pubblicazione di “Altneuland”
In occasione del centoventesimo anniversario del romanzo utopico di Theodor Herzl, Altneuland (letteralmente, in tedesco, “antica e nuova terra”), Carol Manheim celebra il ruolo di questo grande visionario con la splendida raccolta Herzl’s Vision Today: un volume a metà strada tra un saggio e un catalogo che raccoglie oltre a preziosi contributi di celebri storici, accademici e giornalisti israeliani, anche i lavori di artisti contemporanei che, attraverso le loro opere, offrono una lettura contemporanea e provocatoria di questo grande uomo, fondatore spirituale dello Stato di Israele.
Tutto è cominciato nel 2016 quando Carol Manheim, newyorkese di nascita e londinese di adozione, decide di trasferirsi a vivere in Israele. Alcuni suoi parenti sostenevano che la loro famiglia avesse antichi legami di parentela con il celebre visionario. Carol, allora, comincia con un lungo lavoro di investigazione per scoprire che, in realtà, questi legami parentali non esistevano.
Tuttavia, l tempo dedicato a questa incessante ricerca l’ha condotta ad avvicinarsi a questo grandioso personaggio: “In fondo, se non fosse stato per lui, oggi non sarei qui, in questo Paese, che senza la sua visione e persistenza, oggi non esisterebbe”.
Da qui l’idea di dedicare a Herzl un volume che, a 120 anni dal celebre manifesto si propone di investigare il suo lascito nello Stato di Israele. Anche per questa ragione, i soggetti investigati sono vari, così come il profilo degli autori, che esplorano Herzl a partire dalla sua influenza nell’architettura di Tel Aviv, fino alla produzione del vino nel deserto, al suo lascito nell’innovazione tecnologica, nella produzione cinematografica e nelle relazioni tra israeliani e palestinesi, a quelle tra alleanza e opposizione nell’attuale governo, fino alla curiosa “Intervista con Herzl”, scritta utilizzando le parole dell’autore nel suo storico manifesto: un vero e proprio mosaico di punti di vista diversi e preziosi per ricostruire non solo il profilo del celebre giornalista austriaco ma anche la storia di un intero Paese, dalla sua fondazione a oggi.
Nel primo capitolo “Se lo vuoi, non è un sogno” Chemi Peres, figlio del celebre Presidente di Israele, e Direttore del Centro Peres per la Pace e l’Innovazione, racconta il ruolo cruciale di Herzl nell’innovazione, sottolineando come lo stato di Israele, spesso definito Startup Nation, non sarebbe altro che una startup ideata da Herzl stesso.,
David Breakstone, architetto concettuale, fondatore e direttore dell’Herzl Museum, si immagina un dialogo, una “intervista” con il grande leader del sionismo, citando, come se fosse ancora tra di noi, alcuni dei passi più celebri del suo manifesto, contestualizzati nella situazione politica israeliana di oggi.
Nell’“Immagine mancante”, Shmulik Duvdevani, Professore presso il Dipartimento di Cinema e Televisione dell’Università di Tel-Aviv e alla Sam Spiegel Film School di Gerusalemme, ripercorre il ruolo di Herzl nella storia del cinema: dai primi documentari volti a ricostruire il periodo storico e l’ideologia del grande visionario, a come questa abbia influenzato la cinematografia contemporanea israeliana.
In “Judaism 3.0” Gol Kalev, fondatore del Jerusalem Wine Salon, racconta i segreti della produzione vinicola israeliana a partire dai tempi biblici fino a raggiungere, ai giorni nostri e di come, anche in questa impresa, Herzl abbia avuto un ruolo cruciale nel far rifiorire il deserto e riportare in vita gli antichi vitigni.
“Le idee utopiche” di Nicole Levin, avvocato specializzato nella conservazione di edifici storici, descrive, invece, come la visione di Herzl abbia ispirato il piano urbanistico di Tel Aviv fin dalla sua fondazione, nel 1909, a partire dal suo nome: “Tel Aviv”, infatti, era il titolo con cui venne tradotto Altneuland, in ebraico, da Nachum Sokolov.
Nel capitolo “L’arte di essere Herzl, il futurista” Yosef Israel Abramowitz, Premio Nobel per la Pace per il suo impatto nella ricerca sull’energia solare, ripercorre la visione futurista di Altneuland, rimarcando, al tempo stesso, il totale scollamento tra la sua visione utopica e la politica condotta dall’attuale governo israeliano.
Infine, in “Herzl e gli arabi israeliani” Yossi Klein Halevi, Professore emerito presso lo Shalom Hartman Institute di Gerusalemme, prova a immaginare cosa direbbe oggi Herzl a Reschid Bey, suo coevo di origine turca, che visse in Israele quando era ancora parte dell’Impero ottomano ed ebrei e musulmani vivevano e lavoravamo fianco a fianco.
Punti di vista diversi che, nel loro insieme, ripercorrono non solo la vita di un uomo ma la storia di un intero Paese. Tra sogni, progetti e speranze, attraverso un’analisi approfondita del manifesto che fu pilastro nell’edificazione dello Stato di Israele, questo volume propone un’analisi, più o meno ottimista, della direzione percorsa da Israele oggi, mostrando luci ed ombre della più grande Startup di epoca moderna.
Il tutto, raccontato anche con oltre trenta immagini, talvolta audaci, talvolta ironiche, di opere di di artisti, illustratori, designer, fotografi e scultori israeliani contemporanei, scelti per l’occasione da Shosh Nomberg Averbukh, curatrice, che, con questo omaggio poetico, rende “La visione di Herzl” più attuale che mai.
Herzl’s Vision Today a cura di Carol Manheim, Artists Choice Editions, 35 dollari
Curatrice presso il Museo Eretz Israel, nasce a Milano nel 1981 e dal 2009 si trasferisce a Tel Aviv per un Dottorato in Antropologia a cui segue un Postdottorato e nel 2016 la nascita di Enrico: 50% italiano, 50% israeliano, come il suo compagno Udi. Collaboratrice dal 2019 per l’Avvenire, ha pubblicato nel 2015 il suo primo romanzo “Life on Mars” (Tiqqun) e nel 2017 “The Israeli Defence Forces’ Representation in Israeli Cinema” (Cambridge Scholars Publishing). Il suo ultimo libro è Tel Aviv – Mondo in tasca, una guida per i cinque sensi alla scoperta della città bianca, Laurana editore.