Cultura Cibo
La melagrana in due ricette e mille storie

Storia di un frutto meraviglioso

Oggi consumare del succo di melagrana, puro o come ingrediente in cucina, può sembrare una deliziosa e salutare alternativa ad altre bevande e alimenti dal gusto un po’ acidulo. C’è stato un tempo però in cui era proprio l’estratto del frutto scarlatto a condire insalate, a marinare e a insaporire le carni o, più semplicemente, a dissetare. Poi sarebbero arrivati prodotti come il limone e il pomodoro e ne avrebbero preso il posto nell’uso comune. Il valore della melagrana, però, sarebbe rimasto, così come il significato che nella storia questo frutto ha sempre avuto.

Pare che la pianta crescesse selvatica in Persia già cinquemila anni fa e nella Bibbia si trova citata in diversi passi. Secondo alcuni, la melagrana sarebbe il vero frutto tentatore del giardino dell’Eden, posizione contesa, oltre che dalla solita mela, anche dall’uva e dal fico. Le piante che li producono fanno compagnia al melograno anche nel Deuteronomio 8:8, quando si parla delle sette specie che benedicono la terra di Israele, insieme all’orzo, al grano, all’ulivo e alla palma da dattero (indicata come miele). Il succoso terzetto di frutti compare anche in Numeri 13:23, punto in cui si racconta dei dodici messi inviati da Mosè per controllare come andassero le cose in Cananea. Vi sarebbero rientrati trasportando, non senza fatica, un enorme grappolo d’uva, fichi e, appunto, melagrane. Proseguendo con le citazioni, il Cantico dei Cantici scomoda il rosso frutto ben sei volte, esaltandolo in ogni occasione. Si va dall’occasione in cui le tempie dell’amata sono paragonate a una melagrana a quella dove la donna è accostata a un giardino dove germogliano i melograni. Il frutto stesso diventa simbolo di amore e di fertilità, con quei tanti semi così facilmente associabili alla prosperità, alla fecondità e, di conseguenza, al benessere.

E sono queste stesse caratteristiche a legare così spesso la melagrana alle occasioni di festa, quelle ebraiche in particolare, da Rosh haShana a Sukkot fino a Tu Bishvàt, il Capodanno degli alberi. Complice il periodo di maturazione, che la rende disponibile da fine estate all’autunno inoltrato, e la particolare conformazione, che ne consente la conservazione per buona parte dell’inverno, la melagrana è il frutto perfetto per celebrare il nuovo anno. Protagonista sulla tavola di Rosh haShana, in particolare del seder del secondo giorno, viene mangiata con l’augurio che i meriti di chi la consuma siano tanti quanti i suoi grani, chiamati arilli.

Il legame tra le virtù, ma soprattutto i doveri, e i chicchi di melagrana ricorre in diversi punti del Talmud, in particolare quando nella Ghemara si dice che le mitzvot di un ebreo sarebbero tante quante i semi del frutto. Da qui si è dedotto, secondo alcuni interpreti erroneamente, che i grani sarebbero esattamente 613, tanti quanti sono i precetti contenuti nella Torah. In realtà, sostengono i critici a questa lettura, il riferimento sarebbe più genericamente all’abbondanza. Il gran numero di chicchi e la loro compattezza all’interno del frutto, ben protetto dalla scorza dura, ha fornito una buona base anche ad altri simbolismi, come quello che vorrebbe il popolo ebraico unito proprio come i semi della melagrana.

Significati simbolici e proprietà squisitamente alimentari si ritrovano anche nell’impiego di succo e grani nelle preparazioni di cucina. Tra le caratteristiche della melagrana c’è infatti anche la sua componente acidula, magnificamente compensata da quella zuccherina. E l’agrodolce, si sa, è una delle firme della cucina tipica ebraica. Facendo di necessità virtù, i cuochi ebrei hanno spesso compensato con miele, zucchero e frutta dolce la presenza di condimenti aspri e acidi, necessari alla conservazione dei cibi in assenza di altri sistemi di refrigerazione, tanto più nei territori più caldi. A proposito di temperature alte, sarebbero proprio queste, associate a lunghi periodi di siccità, ad aver contribuito alla fortuna di un albero generoso di frutti nonostante le condizioni climatiche poco vantaggiose, con terreni aridi e scarsa irrigazione. Come non amare una pianta che anche se bagnata poco cresce comunque rigogliosa e offre puntualmente i suoi frutti succosi? C’è poi la particolare conformazione di questi. Si è detto degli innumerevoli arilli e della loro solidale compattezza, ma che dire della solida scorza entro la quale sono raccolti?

Tralasciando per un attimo le interpretazioni simboliche e limitandosi all’ambito pratico, la resistenza dello strato superficiale della melagrana facilita la conservazione del frutto, che risulta buono e succoso anche diversi mesi dopo la sua raccolta. Staccato dalla pianta quando non è ancora perfettamente maturo, e cioè quando la scorza non si è ancora crepata, può essere lasciato all’aria senza particolari cure, facendo sì che la maturazione prosegua a temperatura ambiente senza minimamente compromettere la bontà dei suoi chicchi, anzi. Questi potranno così svolgere la loro brava funzione di buon auspicio per i mesi a venire, garantendo a chi mette la melagrana sulla propria tavola o la offre in dono tutta la fortuna e la prosperità che è giusto augurare ai propri cari.

Se si passa alle caratteristiche prettamente nutrizionali c’è nuovamente di che sbizzarrirsi. Del resto, è difficile che un prodotto guadagni tanta fortuna senza trovare un riscontro nella vita quotidiana. Si apre a questo punto un mondo di virtù ora esaltate da medici e dietisti che hanno eletto la melagrana a superfood, ma che erano già ampiamente conosciute e sfruttate dai popoli antichi. Questo frutto ricorre in storie e leggende della mitologia e del folklore, con un riferimento costante alle proprietà benefiche quando non miracolose di chicchi e succo. Oggi la spremuta di melagrana viene raccomandata per numerosi scopi preventivi e curativi. Farebbe bene allo stomaco e alla digestione in genere, svolgendo anche grazie al ricco contenuto di vitamine e di polifenoli un importante effetto antiossidante a tutela di un po’ tutto l’organismo. Ritenuto preventivo per alcuni tipi di tumori, il frutto avrebbe effetti benefici anche sulla circolazione del sangue e contribuirebbe al controllo del colesterolo riducendo il rischio cardiovascolare. Ce ne sarebbe abbastanza per consumarlo quotidianamente, ma piace pensare di poterlo scegliere anche al di là delle pur preziose indicazioni mediche.

Tra le sue virtù, abbondanti quanto i suoi semi, non va trascurato infatti anche il lato estetico. Con quella graziosa coroncina che ne completa la forma sferica e il colore cangiante della scorza che passa dal giallo rosato al rosso, la melagrana è tanto bella da ricorrere in quadri, illustrazioni e motivi decorativi risalenti alle epoche storiche e alle religioni più diverse. Limitandosi all’ebraismo, il Libro dell’Esodo (28:33-34) prescrive per esempio che gli abiti rituali dei Grandi Sacerdoti siano ornati con immagini di melagrane, mentre il Libro dei Re (7:13-22) descrive le melagrane rappresentate sui capitelli sul fronte del Tempio di Salomone a Gerusalemme. Le antiche monete della Giudea riportavano una melagrana come simbolo sacro e la forma di questo frutto ricorre nei puntali in argento cesellato che adornano le estremità superiori dei rulli di un Sefer Torah, chiamati non a caso rimonim (melagrana in ebraico). La sua presenza nella storia è stata quasi tutt’uno con quella delle comunità ebraiche. E se gli ashkenaziti vi sono entrati in contatto più avanti nel tempo, le comunità dell’Asia centrale e i sefarditi lo hanno utilizzato fin dagli albori. A questo proposito non si può dimenticare l’origine del nome della città di Granada, per alcuni derivato dall’espressione Gharnata al Yahud (letteralmente “melograni degli ebrei”). Secondo tale teoria, quando i Mori invasero la Spagna nel 711 trovarono una comunità ebraica su una collina nel nord e la indicarono così, confermando da una parte l’importanza per la zona dei suoi abitanti e dall’altra quella dei frutti che coltivavano.
Vera o falsa che sia questa storia, non si può negare che la cucina sefardita sia particolarmente generosa di preparazioni a base di melagrana, che viene usata in ricette sia dolci sia salate. I suoi grani rubino sono perfetti per aggiungere una nota di colore e di allegria ai piatti della festa come a quelli di tutti i giorni, mentre la sua componente acidula è l’ideale per la marinatura delle carni, ma anche per cuocere gli ortaggi, regalando loro una irresistibile nota caramellata. Il succo può essere cotto fino a ridursi, trasformandosi così prima in uno sciroppo da usare in dessert o bevande e poi, con una cottura successiva, in una melassa. Questa preparazione densa, scura e appiccicosa dal gusto spiccatamente agrodolce è provvidenziale per sfruttare almeno parte delle virtù della melagrana anche quando il frutto non è più di stagione. Nella ricetta originale non prevede l’aggiunta di zucchero o di limone (spesso comunque utilizzati per regolarne il gusto) e trae la sua dolcezza da quello naturalmente contenuto nei frutti. Viene impiegata principalmente per marinare e cucinare portate salate, dagli stufati ai chutney, spesso mescolata con spezie, erbe aromatiche, aglio e pomodoro.

Pollo al miele e melagrana

Ingredienti
1 pollo da circa 1,6 kg
1 grossa cipolla
3 spicchi d’aglio
120 g di melassa di melagrana
120 ml di succo di melagrana
1 melagrana
120 g di miele
500 ml di brodo vegetale
1 cucchiaino di cumino
½ cucchiaino di zenzero in polvere
1 pizzico di pimento
½ cucchiaino di curcuma
1 ciuffo di coriandolo o di prezzemolo
olio extravergine d’oliva
sale
pepe

Sbucciare la cipolla e tritarla finemente, poi soffriggerla per 5 minuti in una casseruola antiaderente con 2 cucchiai di olio caldo, mescolando senza farla scurire. Unirvi quindi l’aglio sbucciato e tritato e proseguire la cottura per altri 2-3 minuti.
Aggiungere la melassa e il succo di melagrana, il miele, il brodo e tutte le spezie. Mescolare e portare a bollore. Cuocere a fuoco basso per circa 20 minuti o fino a quando il composto si sarà ridotto di circa la metà addensandosi leggermente. Regolare la salsa di sale e pepe e tenerla da parte in caldo.
Lavare e asciugare il pollo, quindi condirlo con sale e pepe. Scaldare altri 2 cucchiai di olio in un ampio tegame antiaderente e adagiarvi le parti di pollo con la pelle rivolta verso il basso. Rosolarle quindi prima su un lato e poi girarle sull’altro, badando che la carne non si sovrapponga e che sia alla fine perfettamente dorata.
Scaldare la salsa tenuta da parte fino all’ebollizione, poi versarla sulla carne nel tegame. Coprire con un coperchio e cuocere a fiamma bassa per 35-40 minuti. Togliere infine dal fuoco, trasferire la carne su un largo piatto di portata e guarnirla con abbondanti arilli di melagrana e ciuffetti di coriandolo o prezzemolo. Servire il pollo ancora ben caldo.

Melassa di melagrana

Ingredienti
250 ml di succo di melagrana
30 g di zucchero
½ cucchiaio di succo di limone

Riunire tutti gli ingredienti in una casseruola dal fondo spesso. Cuocere a cuoco medio, mescolando di tanto in tanto, fino a quando lo zucchero si sarà completamente sciolto.
Abbassare la fiamma e cuocere a fuoco medio basso per 70-80 minuti, fino a quando il composto raggiungerà la consistenza di uno sciroppo denso.
Lasciarlo raffreddare per 30 minuti, quindi trasferire la melassa ottenuta in un barattolo di vetro e farla raffreddare completamente. Conservarla coperta in frigo fino a 6 mesi.

 

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.