La nuova puntata di ENE, l’Ebreo Non Ebraico: un delizioso viaggio nella capitale
Quando l’ENE va a Roma, ha in testa prima di tutto tre parole: carciofi alla giudia.
E qui casca l’hamòr – diranno i miei 25milamila lettori.
Gli altri si chiederanno: “ Ma l’ENE, la carbonara e la matriciana, la gricia, la porchetta…”
A Roma, stavolta, sono andato soprattutto per Pollak, Ludwig Pollak.
Un Carneade, per molti – anche se ebrei; una celebrità per chi è nel mondo dell’arte antica: un segugio archeologico, un competente critico, un praghese romanizzato, un amico e consulente di colti e potenti aristocratici , un mercante d’arte, un diarista di vaglia, un vero homo universalis. E, last but not least, un buon ebreo – vittima anche lui, nonostante pare avrebbe potuto evitarlo – della razzia del 16 ottobre 1943; un buon ebreo, consapevole della sua elezione/maledizione, generoso e pio, buono.
Al Museo di Scultura Antica Baracco, fino al 5 maggio , una mostra lo celebra con l’attenzione che merita; la stessa collezione permanente del museo è in gran parte il frutto del lavoro e dell’amicizia che legò Pollak a Baracco. Ma quel che ho scritto fin qui è poco e misero per chi ne sa, e forse troppo per tutti gli altri; andateci, se vi pare. Merita.
La seconda parte del progetto Pollak riguarda la sua appartenenza, etica culturale e religiosa, all’ebraismo. La mostra è ospitata, naturalmente, al Museo Ebraico di Roma. E qui anche il visitatore qualunque, anzi – lui/lei soprattutto ! – potrebbe avvicinarsi a comprendere cosa davvero vuol dire, secondo L’ENE, essere ebrei. Ci sono opere d’arte, certo, ma ci sono soprattutto testi e documenti, che restituiscono la biografia di questo rampollo di buona famiglia praghese che a 25 anni, nel 1893, va a vivere a Roma, e incontra il suo destino di vita e opere. Andateci, merita proprio. E acquistate il catalogo delle mostre, edito da Gangemi Editore, pieno di interventi accurati, fra i quali voglio segnalare almeno quello della professoressa Melasecchi, su “Pollak e l’ebraismo” e quello della professoressa Orsini ( che è anche sia la curatrice del Museo Baracco, sia delle mostre su Pollak ) sullo stretto, interessantissimo rapporto fra l’archeologo – consulente – mercante d’arte e Sigmund Freud.
Stanco ma felice, dopo essermi svuotato per l’ammirazione della Mostra, della collezione permanente del Museo Ebraico di Roma, e del Tempio ( che non è – come sostiene il simpatico e competente ragazzo che mi ha accompagnato nella visita – “il più grande d’Italia”: quello di Trieste, che ho frequentato assiduamente, è secondo in Europa solo a quello di Budapest ) . Forse intendeva ‘il più importante’, e su questo non ci sono dubbi, ma quanto a capienza…
Stanco e affamato, dunque, ho raggiunto Piperno, il mio preferito fra i buoni ristoranti del Portico d’Ottavia. Due carciofi come Dio comanda – e una carbonara parlante tutte le lingue dell’universo, cantate da serafini e angeli vari – hanno dato al vostro ENE lo stesso godimento delle opere godute in mattinata, perché l’arte ha più forme – e una di loro passa per la masticazione!
“ C’era ?? ”
Non so dirvi, a me è sembrato salmone…
Valerio Fiandra abita a Trieste ma vive altrove.
Ha sessantotto anni ma non li dimostra.
È Ebreo, ma non ebraico.