Cultura
POLIN, il Museo della storia degli ebrei polacchi, tra difficoltà e strumentalizzazioni

Il ruolo politico dell’istituzione che mette in mostra la storia recente del Paese e le posizioni governative

Zygmunt Stępiński, dopo le molte polemiche che hanno anmato il Museo della storia degli ebrei polacchi, il POLIN, ha accettato l’incarico come direttore del museo per i prossimi tre anni. Una storia controversa, che però si avvale tra gli altri anche del supporto di Dariusz Stola, mentore di Stępiński e direttore non più riconfermato del POLIN. “Il museo continuerà a insegnare la tradizione, la cultura, la religione e il patriottismo degli ebrei che hanno sempre fatto parte e faranno sempre parte della multietnica Repubblica della Polonia”, ha dichiarato il nuovo direttore. Vi riproponiamo la ricostruzione delle vicende del POLIN prima della nomina di questo ultimo direttore (pubblicato da noi il 13 novembre 2019).

 

L’apertura di POLIN, il Museo della storia degli ebrei polacchi, era stata accompagnata da una serie di forti dubbi: a puntare tutto sulle installazioni multimediali invece che sulla tradizionale esposizione di oggetti non si rischierà la spettacolarizzazione? Il professore di storia Dariusz Stola, nominato Direttore, sarà all’altezza del ruolo?

Sei anni e mezzo dopo, scrive Konstanty Gebert su MomentMag, il Museo è una sorpresa positiva. È apprezzato dai visitatori – ebrei e non – ed è stato nominato nel 2016 Museo Europeo dell’Anno. E il merito va soprattutto alla direzione di Stola, del quale all’inizio tutti diffidavano: “Stola ha diretto il museo in modo competente e creativo; non solo, la sua conoscenza della storia ebraica è impressionante e la sua abilità di danzare nel campo minato della politica lascia senza parole. Per esempio, ha criticato apertamente l’infame legge del 2018 che prevedeva la perseguibilità penale per chiunque parlasse di responsabilità polacca nella Shoah”.

Una storia a lieto fine? Non proprio: l’indipendenza e la qualità del Museo sono a rischio. L’incarico di Stola è terminato a febbraio e la sua rinomina – che tutti davano per scontata, considerato l’ottimo lavoro svolto – ancora non si è vista. Dietro questo stallo, sembrerebbe esserci il Ministro della Cultura, Piotr Gliński. Interrogato sulla decisione di non riconfermare Stola, egli ha fornito un pretesto, più che una risposta – il presunto rifiuto del Museo di ospitare una conferenza dedicata all’ex Presidente della Repubblica Lech Kaczynski – che in realtà è da cercare altrove: “La vera ragione per la mancata riconferma di Stola”, spiega Gebert, “è il suo rifiuto di cedere a quella linea di partito che insiste nel negare ogni tipo di torto che i polacchi e la Polonia potrebbero aver commesso verso le altre nazioni e soprattutto verso gli ebrei”.

Il sospetto è che ad assegnare a Stola il posto d’onore sulla lista nera sia stata una mostra temporanea del 2018, dedicata al cinquantenario dei moti antisemiti del 1968. Un evento storico per il quale – parole del primo ministro Mateusz Morawiecki – la Polonia non può essere ritenuta responsabile perché, con Mosca che in quel periodo aveva in mano tutto, letteralmente “non esisteva”: “La mostra (che in Polonia si è rivelata la più popolare mostra storica di sempre) non affrontava apertamente la questione della responsabilità. Ma l’ultimo oggetto esposto era una lavagna con delle citazioni, anonime ma riconoscibili, di personaggi pubblici dell’odierna Polonia, affiancate a dichiarazioni antisemite molto simili pronunciate 50 anni prima. Il messaggio implicito era: a prescindere da chi fu responsabile allora, l’odio oggi continua”.

Per il momento, a occuparsi di POLIN c’è un Direttore ad interim, ma gli eventi sono fermi e i donatori si stanno allontanando. “Temono l’infiltrazione politica in un’istituzione indipendente”, scrive Gebert e conclude: “Dal punto di vista politico al governo non conviene cedere: la rinomina di Stola costerebbe al partito di maggioranza la perdita dei voti dell’estrema destra”.


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