Cultura
The Fabelmans: il film più personale di Steven Spielberg

Un giovane che sogna di diventare regista, una famiglia ebrea e il bullismo antisemita: c’è molto della vita reale del regista nell’ultima pellicola presentata in anteprima a Toronto. Nelle sale italiane a metà dicembre

Non è un biopic e nemmeno un’autobiografia, ma c’è molta della gioventù di Steven Spielberg nelle scene e nella trama di di The Fabelmans, l’ultimo film del grande regista mostrato in anteprima al Festival del Cinema di Toronto.

“Ci sono 75 anni di esperienza di vita in questo film. Ho pensato a realizzarlo per un lungo periodo. E aver deciso finalmente di farlo non vuol dire che io stia pensando di ritirarmi: questo non è il mio canto del cigno, non credete a chi vi dice così” ha spiegato Spielberg.

Nella pellicola, che sarà nelle sale italiane a metà dicembre, il regista “fotografa” l’infanzia e soprattutto l’adolescenza di Sammy Fabelman (Gabriel LaBelle), aspirante cineasta, che sogna di fare del cinema la sua vita, sperimentando con i mezzi più creativi l’arte della macchina da presa nei suoi primi tentativi di film. Un visionario talentuoso che però deve convivere con i frequenti trasferimenti per ragioni di lavoro del padre ingegnere.

In The Fabelmans non manca l’antisemistismo perpetrato a scuola dai bulli nei confronti del protagonista, ma c’è anche molto altro. “Mi piace molto la facilità con cui l’ebraismo viene raccontato in questo film. È una parte molto profonda dell’identità di Steven e dei Fableman”, ha detto Tony Kushner, collaboratore di Spielberg e coautore dello script. “È un film che parla di persone ebree, piuttosto che interamente o esclusivamente di ebraismo o antisemitismo“.

Spielberg, durante la conferenza stampa di presentazione, ha chiarito che il bullismo antisemita di cui è stato fatto oggetto rappresenta un aspetto marginale della sua vita e che il clima astioso nei suoi confronti veniva da due o tre ragazzi della scuola, mentre con tutti gli altri non ci sono mai stati problemi  “Detto questo” ha aggiunto “quegli episodi mi hanno reso da subito consapevole di essere un outsider“. Come racconta Forward, all’inizio del film, in New Jersey, il protagonista, Sammy, riconosce a distanza la sua casa per l’assenza di luci natalizie. In due scene successive la famiglia canta le benedizioni di Hanukkah e si dedica ad una cena di Shabbat con challah, kugel e brisket sul tavolo.

La trama del film si intreccia in più momenti con la vera storia della famiglia Spielberg e di Steven, nato dopo la Seconda Guerra Mondiale a Cincinnati, da un padre che era un ingegnere informatico e da una madre appassionata di pianoforte. Arnold Spielberg proveniva da una famiglia di ebrei ortodossi.

“Tony Kushner è stato per me come un analista”, ha spiegato il regista a proposito del processo di scrittura. “Era come se fossi un suo paziente. Abbiamo parlato a lungo e quando il Covid è arrivato c’è stato un momento di grade paura. Credo che nessuno sapesse bene, nei primi mesi del 2020, quale piega avrebbe preso la nostra vita. Così nell’incertezza del futuro mi sono dedicato ad un progetto che era un ricordo ed un omaggio alla mia famiglia”.

“Recitare in questo film è stato come tornare ad essere bambini in un campo giochi, sentivamo che tutto era possibile” ricorda l’attrice Michelle Williams che nel film interpreta Mitzi, una figura ispirata alla madre di Spielberg. “Esploravamo e facevamo nuove scoperte insieme. Ogni giorno era pieno di gioia… Non mi sono mai svegliata così presto per andare al lavoro”.

 

 

 

Gianni Poglio

Giornalista, autore, critico musicale. Dopo numerose esperienze radiofoniche e televisive, ha fatto parte della redazione del mensile Tutto Musica e del settimanale Panorama (Mondadori). Conduttore dii talk show per Panorama d’Italia Tour, con interviste “live” ai protagonisti della musica italiana e di dibattiti tra scienza ed intrattenimento nell’ambito di Focus Live, ha pubblicato per Electa Mondadori il libro “Ferdinando Arno Entrainment”


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