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Un decreto per capovolgere le sorti (del virus)

Un’acuta riflessione nel giorno di Purim: poche volte nella storia recente è capitato di sentire così forte la coincidenza tra i tormenti al centro di una festività e quelli di ciò che accade nel tempo presente.

Tormentato nel sonno, solo dentro al Palazzo, preda di consigli e pressioni contraddittorie, alla fine è lui e solo lui – per i poteri attribuitigli – a dover sciogliere i nodi e prendere la decisione capace di tracciare il confine tra la vita e la morte. L’ora più buia è oggi, o un paio di millenni fa.

Le ricorrenze, lo dice il nome stesso, sono pensate per far tornare alla mente, e perfino nel corpo, le emozioni e i sentimenti legati a vicende di decenni o secoli fa fa. Ciò vale ancor di più per quelle ebraiche, per le quali minuziosissime regole sono prescritte per assicurarsi che davvero si rivivano «di generazione in generazione» le traversie degli antenati: perché solo le azioni concrete rendono il ricordo, di per sé astratto, coscienza viva e presente. Eppure poche volte nella storia recente è capitato di sentire così forte e vicina la coincidenza tra i tormenti al centro di una festività e quelli di ciò che accade attorno, nel tempo presente.

Oggi, 10 marzo, in tutto il mondo è Purim, “festa” per eccellenza del calendario ebraico, celebrata ovunque da bambini, giovani e anziani con travestimenti, banchetti e regali. Cosa c’è da festeggiare? La più grande “inversione di tendenza” che si ricordi nella storia ebraica: quello storico processo politico, mentale, fors’anche spirituale che portò Assuero, re della grande potenza persiana, a tornare sui suoi passi, cancellando l’editto emanato che prevedeva lo sterminio dell’intero popolo ebraico e trasformandolo nel suo opposto, la salvezza per quella minoranza inerme e la condanna per i suoi odiatori.

Al cuore dei festeggiamenti – considerati un vero e proprio dovere – c’è insomma il pur (plurale ebraico: purim), la sorte, il dado che come in una partita d’azzardo cambia faccia e trasforma il destino. A decidere quelle sorti non è tuttavia la fortuna dei romani, il caso, ma evidentemente l’intervento divino. Pur mai nominato esplicitamente nella meghillà, la pergamena che narra la storia, è esso chiaramente ad ispirare le azioni di Ester, la fanciulla ebrea scelta da Assuero come regina, e tramite questa le decisioni del re stesso.

Ricevute le prudenti ma ferme richieste d’attenzione di Ester, è in una notte di tormenti senza sonno che Assuero intuisce il pericolo, si fa chiarire dai suoi consiglieri esattamente le tappe pregresse e i termini della situazione e si convince a “prendere il toro per le corna” con l’unica decisione possibile: emanare un editto urgente capace di salvare la vita di migliaia di persone. Pare di vederli, i corrieri in groppa ai migliori destrieri del re che la meghillà descrive partire in fretta e furia per spargere ai quattro angoli del regno la notizia del decreto, in tempo per assicurarsi l’allineamento della popolazione alle nuove disposizioni. La sera della vigilia di Purim 2020, tre quarti d’Italia viveva ancora esposta al pericolo di un virus ben diverso, invisibile ma non per questo meno mortifero. Alla mattina, quegli stessi territori si sono risvegliati in un quadro di regole nuove, previste dal decreto urgente emanato a tarda sera dal governo. Pubblicato in tempi record sulla Gazzetta Ufficiale, e bandito nottetempo al galoppo di milioni di connessioni, prescrive disposizioni severe, ma a detta della maggioranza degli scienziati le uniche in grado di fermare il dilagare del virus e salvare così migliaia di vite.

La Storia giudicherà, a tempo debito, l’operato dei leader trovatisi a dover gestire un’emergenza da far tremare i polsi a chiunque – dal capo del governo italiano al satrapo “orientale” Xi Jinping, sino ai leader di tutte le altre nazioni presto o tardi chiamati allo stesso terribile destino. Le loro decisioni e loro indecisioni, gli errori e i ritardi così come i ravvedimenti, proprio come con Assuero. Ma ora non è quel tempo. Ora è il tempo di credere che finalmente sia stata presa l’unica decisione in grado di proteggere per quanto possibile il nostro vivere comune, per tutti i sacrifici che essa comporterà, e di agire per assicurarne la miglior efficacia. Non ne siamo certi, non possiamo esserlo, ma crediamo nella forza di una comunità, e che la notte del 10 marzo – 14 Adar per il calendario ebraico –, la stessa in cui è giunta la notizia della fuoriuscita del “paziente 1” italiano dopo quasi tre settimane dal pericolo di vita, possa essere per tutti quella dell’inversione della sorte.

Simone Disegni
Collaboratore

Politologo di formazione, giornalista di professione, si occupa in particolare di politica italiana ed europea. Già impegnato nel lancio del festival Biennale Democrazia a Torino e del think-tank ThinkYoung a Bruxelles, lavora per Reset e Good Morning Italia e collabora con altre testate nazionali.


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