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Viaggio in Normandia

Storie dalla Francia ebraica

La storia ebraica della Normandia è rimasta per molto tempo sconosciuta ai più. Poco si sapeva di una comunità presente in questa regione del Nord della Francia fin dal Medioevo che però negli ultimi secoli era andata via via estinguendosi, con piccole realtà concentrate perlopiù nei suoi tre centri più importanti, Caen, Rouen e Le Havre.
A riaccendere l’interesse per questo passato era stata una scoperta avvenuta nel 1976, nel corso dei lavori di pavimentazione del cortile del Palazzo di Giustizia di Rouen. Si tratta della cosiddetta Maison Sublime, la Casa Sublime oggi chiusa al pubblico perché interessata da un lungo processo di restauro non ancora concluso. Di che cosa si trattasse ancora non si sa con certezza. C’è chi dice una casa privata, chi un luogo di studi, una yeshiva, chi una sinagoga. Quello che è certo è il periodo storico al quale risale, collocabile intorno all’anno Mille. Eppure, qualcosa si doveva immaginare, se la stessa via in cui si colloca il Tribunale, tra le più battute del centro storico della città normanna, all’ombra dalla celeberrima Cattedrale immortalata più volte da Claude Monet e a pochi passi dal Gros-Horloge, si chiama Rue aux Juifs.

Già in epoca romana, quando la città si limitava a un centro ben più piccolo rispetto all’attuale estensione, la via degli ebrei costituiva una delle sue strade principali, che correva per 210 metri nel cuore del settore nord-ovest della città, lungo le mura. Le case che vi si allineavano erano abitate da ebrei, che occupavano al tempo un po’ tutto il quartiere, denominato Clos aux Juifs. Nonostante il nome, i suoi abitanti non vi erano reclusi, ma anzi pare che godessero di tutti i diritti che sotto l’Impero beneficiavano gli ebrei emigrati sia dall’Italia sia da altre regioni sotto il dominio romano, compresa la Palestina, con precise istituzioni riconosciute nella loro legittimità e indipendenza.
Sia le dimensioni del quartiere sia quelle del cimitero, il Monte Judaeorum, posto fuori le mura del XIII secolo, oltre l’attuale Boulevard de la Marne (oggi vicinissimo alla stazione e ricoperto di edifici residenziali), fanno intuire agli storici non solo l’importanza della comunità ma anche la sua rilevanza in termini numerici. Confrontando estensione del quartiere e del luogo di sepoltura con quella di altri centri dello stesso tempo, gli studiosi hanno stimato che nel periodo dei duchi normanni e quello dei Plantageneti, epoca in cui Rouen era la capitale della Normandia oltre che importante centro di affari, commercio e commercio marittimo, prima della metà del XII secolo risiedessero in città almeno duemila ebrei.
Molti di questi dati, con la ricerca e l’individuazione di quelli che prima delle espulsioni del 1306 erano i luoghi nevralgici dell’intensa vita ebraica di Rouen (andati distrutti perlopiù nel corso dei due secoli successivi), sono stati presi in considerazione dagli storici proprio alla luce dell’importante scoperta della Maison Sublime. Tali studi si affiancano a quelli relativi ad altre costruzioni scomparse in epoche relativamente più recenti, prima fra tutte quella della presunta Sinagoga medievale, i cui resti sono rimasti in piedi fino alla fine del XIX secolo e si trovavano all’angolo sud-est di rue aux Juifs con rue Massacre.

Tra gli altri edifici sopravvissuti fino all’Ottocento e i cui ruderi sono stati scoperti nella seconda metà del secolo scorso, troviamo piccole case di preghiera ed edifici presumibilmente privati o commerciali. Tra questi, è stata particolarmente rilevante la scoperta, avvenuta nel 1982, di una grande e si presume sontuosa casa privata di epoca ducale o plantageneta, denominata Hôtel de Bonnevie e posta sul lato sud di rue aux Juifs, di fronte all’ala est del Palais de Justice, al numero 33 della via.
L’altro importante edificio che sorgeva nel quartiere era la Scuola rabbinica, collocata non troppo distante, dal 55 di Rue aux juifs dove sorgeva la Sinagoga, distrutta presumibilmente però già nel XV secolo, nel corso dei lavori di costruzione del Palazzo di Giustizia. Si giunge così alla cosiddetta Maison Sublime, che deve il suo nome a uno dei graffiti in ebraico incisi nella pietra: “Che questa casa sia sublime per l’eternità”. Questa come altre iscrizioni hanno fatto pensare a storici come Norman Golb, autore del saggio Les Juifs de Rouen au Moyen Âge, che si trattasse di parte dell’importante luogo di studi ebraici mai precisamente localizzato. Secondo lo studioso, questa stanza di 9,50 m di larghezza per 14,10 m di lunghezza, costruita con grandi pietre tagliate di Caumont, ornata su tre lati da contrafforti affiancati da colonne le cui basi decorate sono tutte diverse tra loro, potrebbe essere stata la biblioteca o la sala di lettura proprio della Scuola rabbinica. L’assenza di finestre su tre dei quattro lati di questa costruzione romanica parrebbe confermare la destinazione di un luogo che, oggi sotterraneo, in epoca medievale si trovava chiaramente sora il livello della strada. Le pareti cieche, riportanti più di una dozzina di graffiti, inclusi i nomi personali Yehosafyah Kohen, Joshua, Amram, Jacob bar Raphael e Isaac e la speranza che “la Torah di Dio… esista (per sempre)”, dovevano presumibilmente accogliere gli scaffali con i libri, mentre la luce che entrava dalle finestre poste sulla parete a nord doveva bastare alla lettura dei codici. Gli stessi graffiti rinvenuti sulle pareti, alcuni dei quali esprimono una speranza di libertà e di memoria nei tempi futuri, sembrano da una parte ricordare quelli di un recluso o di chi forse vi si era rifugiato per fuggire alle persecuzioni iniziate con le Crociate. Qualunque sia stata la sua destinazione, resta il fatto che questo luogo è ritenuto il più antico monumento ebraico di Francia e probabilmente di tutta l’Europa occidentale.

Le Havre | Shutterstock

Da Rouen a Le Havre la strada non è troppo lunga, poco più di un’ora di viaggio in treno. Si ha così la possibilità, nell’arco della stessa giornata, di entrare in contatto con un’altra parte della complessa storia degli ebrei in Normandia. Facendo un notevole salto in avanti, si abbandonano qui le oscure e intricate vicende medievali per riemergere in tempi relativamente recenti. Fondato nel 1517 da Francesco I, quello che diventerà il porto principale della Francia del Nord fu meta per gli ebrei all’inizio del XVIII secolo, con arrivi perlopiù da Bordeaux e dintorni, ma già nel 1714 Luigi XIV ne ordinò l’espulsione, applicata a tutti gli ebrei stranieri fatta eccezione per “coloro che si definiscono ‘portoghesi'”. Intorno al 1725, tuttavia, due famiglie ebree di origine tedesca, gli Homberg e i Lallemend, riuscirono a stabilirvisi ottenendo lettere di naturalizzazione. Nel 1776 ci furono altre espulsioni, mentre a metà dell’Ottocento fu finalmente fondata una comunità organizzata. 
Si tratta oggi di una comunità giovane, esistente dagli anni Venti grazie ai tunisini qui arrivati dopo la prima guerra mondiale e ricostituita dopo la seconda, che nel 1969 contava una popolazione di circa mille abitanti e possedeva una sinagoga e un centro comunitario. Prima ancora risultano presenze di ashkenaziti che vivevano perlopiù a Parigi e che nel porto si occupavano del commercio del caffè e del cotone. Tra i rappresentanti di maggior spicco di questa comunità va ricordato Léon Meyer, sindaco dal 1919 al 1940, che adottò una politica di edilizia a prezzi accessibili e di aumento dei servizi di assistenza sociale municipale, comprese iniziative a supporto dell’uguaglianza tra uomini e donne. Il tutto gli portò un forte supporto popolare e operaio che purtroppo però non lo salvarono dall’essere rimosso dalle sue funzioni dal regime pétainista, nonché dalla deportazione nei campi (dai quali riuscirà a sopravvivere), insieme a una quindicina dei circa 300 ebrei che vivevano in città alla vigilia della guerra.

L’attuale sinagoga di via Victor Hugo rientra tra i risarcimenti offerti dalla municipalità ai sopravvissuti, che prima della guerra pregavano nel tempio sito nel quartiere di Saint-François, vicino alla spiaggia e ad altre zone bombardate (al pari della stessa sinagoga andata distrutta) dagli Alleati prima dello sbarco in Normandia.
La nuova costruzione, che sorge nel terreno dove fino agli anni Cinquanta la piccola comunità si riuniva per pregare in una roulotte, ha un’architettura piuttosto interessante. Presenta infatti un soffitto con doppi vetri sul tetto che consente alla luce di inondare il locale, al pari delle vetrate colorate sui lati. È stata ristrutturata nel 2020, pur restando sostanzialmente uguale al suo assetto originario. Vi si riuniscono circa 100 famiglie, che negli anni Sessanta erano 220, rappresentate in gran parte da ebrei sefarditi nordafricani. La loro presenza si era affiancata a quella degli ashkenaziti e insieme avevano formato un’unica comunità grazie anche all’impegno del rabbino Solomon Abikze, artefice di importanti interventi tra cui l’unificazione dei due rituali.

Caen | Shutterstock

L’ultima tappa di questo viaggio nella Normandia ebraica ci riporta anche indietro nel tempo. , capitale del dipartimento del Calvados. La presenza degli ebrei è testimoniata qui ancora una volta dalla presenza di una via, la Rue aux Juifs, tra rue Desmoneux e rue de l’Eglise Julien. Nelle sue vicinanze si trova una proprietà, denominata Jardin aux Juifs, dove forse un tempo si trovava l’antico cimitero ebraico. Espulsi una prima volta da Caen nel 1252, gli ebrei vi tornarono in seguito in numero abbastanza elevato, pagando nel 1301 ingenti tasse. Furono tuttavia espulsi nuovamente nel 1306 da Filippo il Bello. La loro principale autorità rabbinica era stata a metà del XII secolo Joseph Porat (o Joseph B. Moses), detto anche Don Bendit, autore di un commento al Talmud e forse anche di un commento al Pentateuco.
Poco si sa del destino della piccola comunità durante la seconda guerra mondiale, tra le poche notizie, la sorte del dottor Pecker, deportato nel 1943, al quale è stata dedicata una via. In seguito, nel 1951, si sarebbe rifondata una comunità che forniva servizi religiosi e istruzione a circa 30 famiglie ebree, una popolazione che è cresciuta rapidamente negli anni successivi arrivando a circa 700 persone nel 1969. Oggi i numeri sono nettamente più esigui, con circa 150 famiglie, molte delle quali partecipano alle funzioni presso la piccola ma centrale sinagoga, ai piedi del colle del castello, al 46 di avenue de la Liberation con annesso centro comunitario, l’Association cultuelle israélite de Caen.
Inaugurato nel 1966, il tempio sorge in quello che un tempo era il garage distrutto dai bombardamenti di un ebreo deportato e mai più ritornato. Costruito come risposta all’ingente arrivo negli Anni Sessanta di ebrei dal Nordafrica che si erano uniti agli ebrei locali, perlopiù ashkenaziti, presenta una sobria facciata inserita nel complesso di edifici circostanti. Questa si distingue per il motivo a griglia che la decora e che uno sguardo più attento scopre formato da una infinità di stelle di David, tutte color pietra fatta eccezione per quella dipinta di blu che sovrasta il portone, protetto da una menorah che gli fa da cancello.

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


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