Cultura Cinema
Amos Vogel e la sua idea di cinema sovversivo. Alla Viennale 2021

Qual è lo sguardo sul cinema del critico cinematografico austriaco, naturalizzato newyorkese? Lo spiegano le nuove pellicole selezionate da sei curatori del Vienna International Film Festival

Si è conclusa il 31 ottobre la Viennale, all’anagrafe Vienna International Film Festival, la rassegna che ha portato nei cinema della città austriaca circa 240 proiezioni e più di 100.000 spettatori. Il festival non propone un concorso, ma vengono assegnati i premi “Città di Vienna”, “FIPRESCI”, e il Premio del Pubblico.
Ad aprire il festival il film L’Événement (La scelta di Anne) di Audrey Diwan, film vincitore del Leone d’oro a Venezia. Dal 2018, l’italiana Eva Sangiorgi è la direttrice artistica del festival e per l’edizione 2021 ha scelto insieme a Michael Loebenstein e Jurij Meden di dedicare la retrospettiva congiunta di Viennale e Austrian Film Festival ad Amos Vogel (1921-2012). Nato Amos Vogelman, il curatore e critico cinematografico nacque a Vienna nel 1921 da entrambi genitori ebrei, nonché socialisti, ed emigrò con la famiglia negli Stati Uniti via Cuba nel 1938 dopo l’Anschluss austriaco.
Studiò agricoltura in Georgia, assistendo in prima persona a una segregazione razziale così simile a quella che fece emigrare Vogel e la famiglia negli Stati Uniti. Si spostò poi a New York per frequentare la New School for Social Research. A New York, Vogel, sua moglie Marcia Diener, e la regista sperimentale Maya Deren fondarono il leggendario Cinema16, indipendente e d’avanguardia, dove il pubblico newyorkese conobbe registi come Alain Resnais, Roman Polanski, Agnés Varda o Shirley Calarke.
A ispirare il Cinema16 fu il Vienna Film Club nelle mura del cinema Urania, dove ancora oggi ogni anno vengono proiettati i film della Viennale e di cui Vogel è stato membro sin dall’età di dodici anni.  È lì che si forma la sua percezione di cosa sia (o debba essere) il cinema: un medium pedagogico e al tempo stesso sovversivo.

Al Cinema16 i film scelti avevano lo scopo di ‘distruggere o costruire nuove realtà’. Lo racconta bene il documentario del 2004 realizzato da Paul Cronin in cui si vede il curatore nel suo studio. Sulla parete, un estratto della poesia Wacht auf di Günter Eich:

Sii scomodo, sii sabbia, non l’olio negli ingranaggi del mondo.

I film del Cinema16 scatenavano reazioni e costringevano gli spettatori a porsi delle domande. Un esempio delle scelte controverse o ‘scomode’ di Vogel fu la proiezione del film di propaganda nazista di Fritz Hippler, L’eterno ebreo, del 1940Be Sand, Not Oil è anche il titolo del primo libro su Vogel, una collezione di scritti non pubblicati, interviste, saggi, con una prefazione di Werner Herzog.
Nel 1963 Vogel con Richard Roud fondò il New York Film Festival, per poi concentrarsi sulla carriera universitaria.
Nel 1974 pubblicò il suo magnus opus: Film as a Subversive Art, da cui la retrospettiva prende il nome. Nel libro Vogel esplora la “sovversione estetica, sessuale e ideologica del cinema, le infiltrazioni o meno di ciò che è conscio e ciò che è inconscio, la demistificazione dei tabù visivi, la distruzione della forma cinematica, e la ribellione contro valori e istituzioni”. “Il cinema”, continua Vogel, “è un luogo magico che crea i fattori psicologici e ambientali adatti a stimolare la meraviglia, la suggestione, e sbloccare l’inconscio – è l’altare dove i rituali moderni di memorie ataviche e desideri subconsci appaiono nel buio. Il potere dell’immagine, la paura che nutriamo per essa, l’emozione che ci attira verso essa, è reale”, si legge tra gli scritti esposti all’Austrian Film Museum. Da qualche anno la biblioteca Vogel è consultabile anche online.
Questa è a grandissime linee la storia di Vogel. E a questa è stata dedicata la retrospettiva della Viennale, che tuttavia non ha avuto lo scopo di creare un ‘memoriale’, piuttosto di mostrare nuove creazioni capaci di portare avanti i messaggi del curatore – cosa significa fare film, essere sovversivi, nonché comprendere il cinema come attivismo estetico, sociale e politico, mettendo in discussione le proprie responsabilità e privilegi curatoriali – per promuovere un nuovo modo di vedere la realtà.
Il Cinema16 di Vogel contribuì a fare del cinema un’arte ‘alta’, tesa a ricostruire le idee di fondo di una visione del mondo in crisi dopo le tragedie della II Guerra Mondiale. Così le proiezioni della retrospettiva riprendono l’idea di un cinema che ha il fine di creare una nuova visione collettiva della realtà, considerando la sovversione come uno strumento per abbattere ciò che si può celare dietro ideologie di ogni natura. Sei i curatori della retrospettiva: Nicole Brenez, Go Hirasawa, Kim Knowles, Birgit Kohler, Roger Koza, Nour Ouayda.
Per Nicole Brenez continuare il messaggio di Vogel significa intendere il cinema come un dialogo per immagini, offrendo agli spettatori la visione di nuovi scenari possibili. Il mondo nei film selezionati da Brenez è deindustrializzato e anti-antropocentrico, con lo scopo di liberare il cinema dallo status di merce culturale all’interno di una società ossessionata dal consumo.
Go Hirasawa sceglie invece dei corti dal Giappone degli anni ’60. Nel paese in quegli anni si formava la New Wave, un cinema rivoluzionario e sovversivo come descritto nelle opere di Vogel: i registi dell’epoca si opponevano all’industria del cinema capitalista dominata da enormi case di produzione di origine perlopiù statunitense, anche come forma di protesta politica in relazione ai trattati di ‘sicurezza’ tra USA e Giappone, che prevedevano il mantenimento di forze militari statunitensi nel territorio giapponese.
Kim Knowles seleziona invece delle pellicole sul tema del corpo: nello specifico, ‘il corpo umano, il corpo non umano, e il loro posto nella società’. Knowles si ispira all’autore Anat Pick che con il termine ‘cinema vegano’ descriveva i film capaci di offrire una visione non-oggettificante e non-oggettificata degli animali. Costruendo una prospettiva sugli animali che vada oltre al loro ruolo come oggetto di consumo, i registi e le registe di questi lavori danno voce agli animali stessi.
Birgit Kohler segue Vogel intendendo il sovversivo come ciò che costringe a riflettere. Ispirandosi a Walter Benjamin, individua una serie di corti che mostrano disgrazie e catastrofi, tanto quanto nella vita privata che ambientali, per far riflettere gli spettatori sulla tragedia in sé e sulla correlazione tra le tragedie. “Ma che il mondo non si smuova è la vera disgrazia” è il titolo della selezione.
Roger Koza esplora la varietà dei temi legati al sovversivo, legando tra loro politica, desiderio e ideologia.
Infine Nour Ouayda. La curatrice libanese sceglie film legati all’amicizia: l’amicizia come attitudine attraverso cui definiamo la nostra esistenza nel mondo e la nostra relazione con esso, intesa da Ouayda come un mezzo attraverso cui si può uscire dai percorsi di vita prefissati dal sistema.

I sei curatori sfidano dunque i canoni odierni per creare nuove visioni. Ecco quelle che sono andate in scena alla Viennale, divise per curatore.
Nicole Brenez: Cinetracts – Marine Hugonnier, 57 min; Giverny’s Cusp -Marine Hugonnier 10 min; Just a Movement – Vincent Meessen, 110 min; Nou voix – Maxime Jean-Baptiste 14 min; The Mirror of Possible Worlds – Fergus Daly 24 min; Birds by the Sea – Wolgang Lehmann, 2 min; Filmatruc à verre n°2); FIlmatruc à verre n°4, Orange (compte-rendu d’installation) – Silvi Simon, 2 min. l’uno; brouiilard #14 Alexandra Larose, 10 min; Lightning Dance – Cecilia Benglea, 6 min; Herbs – Silvi Simon, 3 min; A Floral Tribute for Essex Road, Jayne Parker, 5 min; Phytogaphy – Karel Doing, 8 min; Promenade 1&2 Zélie Parraud, 1 min. l’uno.
Go Hirasawa: Mizu no nai puru – Wakamatsu Koji, 103 min; Yuheisha – Adachi Masao, 113 min; Seishonen no tame no eiga nyumon – Terayama Shuji, 3 min; Satsujin katarogu – Matsumoto Toshio, 20 min; Kaisoroku – Okabe Michio, 22 min; 24 Frames per Second, Iimura Takahiko, 12 min.
Kim Knowles: Riot Not Diet – Julia Fuhr Mann, 17 min; Slap! The Gondola – Marie Losier, 15 min; Burning Palace – Mara Mattuschka, 32 min; Phantom Rhapsody – Sarah Pucill, 19 min; Quality Control – Kevin Jerome Everson, 71 min; Concerning Flight: Five Illuminations in Miniature – Charlotte Price, 8 min; Blua – Carolina Charry Quintero, 22 min; Journal and Remarks – David Gatten, 15 min; Laborat – Guillaume Cailleau, 21 min; All her Beautiful Green Remains in Tears – Amy Cutler,11 min;
Birgit Kohler: Demain et encore demain/journal 1995 – Dominique Cabrera, 79 min. Measures of Distance – Mona Hatoum, 16 min; Das Block – Stefan Kolbe & Chris Wright, 75 min; Terra de ninguém – Salomé Lamas, 72 min.
Roger Koza: Lluvia de Jaulas – César Gonzalez, 82 min; El triunfo de Sodoma – Goyo Anchou – 82 min; Cuatreros – Albertina Carri, 83 min; A.I at war – Florent Marcie, 107 min; The Marshal’s two executions – Radu Jude, 10 min; Homenaje a la obra de Philip Henry Gosse – Pablo Martin Weber, 22 min;
Nour Ouayda: Baalbek, Ghassan Salhab, 53 min; As far as yearning Ghassan Salhab, 27 min; The insomnia of a serial dreamer – Mohamed Soueld, 170 min;

Micol Sonnino
collaboratrice

Micol-con-la-emme Sonnino, da pronunciare tutto d’un fiato, nasce a Roma nel 1997. Studia tutto ciò che riguarda l’Asia dell’Est all’Università di Bologna e vive tra Italia, Austria e Giappone per una magistrale in sviluppo sostenibile, con focus su sviluppo urbano e rurale. Le piace cucinare con la nonna e mangiare carciofi di stagione.


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