Cultura
Aerosmith: la jewish side della leggendaria rock and roll band americana

La vera storia (jewish) dietro i grandi successi della band di Steven Tyler, in concerto a Milano il 13 giugno 2020

Dalle prime canzoni (Dream On, Sweet Emotion, Toys In the Attic e Back In The Saddle) a brani di generi rivoluzionari come Walk This Way (Aerosmith feat. Run DMC), fino a successi mondiali tra cui Janie’s Got A Gun, Cryin’, Dude Looks Like A Lady, Love In An Elevator e I Don’t Want To Miss A Thing, gli Aerosmith, che nel 2020 festeggiano i 50 anni di carriera, sono senza dubbio una delle band più influenti al mondo.

Inserito ufficialmente nella Rock & Roll Hall of Fame, il gruppo americano ha venduto oltre 100 milioni di album in tutto il mondo e ottenuto innumerevoli premi e riconoscimenti (tra cui quattro Grammy Awards, otto American Music Awards, sei Billboard Awards, e 12 MTV Awards). Nel corso delle ultime cinque decadi, i membri degli Aerosmith -Steven Tyler, Joe Perry, Joey Kramer, Tom Hamilton e Brad Whitford – hanno guadagnato 95 certificazioni Oro, Platino e Multi-Platinum dalla RIAA per i loro album, singoli e video (sono la band americana con il maggiore numero di certificazioni).

Tra qualche giorno gli Aerosmith verranno onorati anche dalla Recording Academy con il prestigioso premio MusiCares Person of the Year. Non tutti conoscono, però, le connessioni con il mondo jewish della band guidata dai “gemelli diversi” Steven Tyler e Joe Perry.

Innanzitutto, il nome della band è merito del batterista ebreo Joey Kramer, proveniente dal Bronx, che nel 1970 (anno di formazione del gruppo) stava frequentando la Berklee School of Music: ispirato dall’album del 1968 di Harry Nilsson “Aerial Ballet”, fu lo stesso Kramer a scegliere la parola Aerosmith, semplicemente perché suonava bene, anche se non significava nulla.

Ancora più curiosa l’origine di una delle canzoni più importanti della band, il capolavoro Walk This Way, anch’essa ispirata da tre artisti di origini ebraiche. Il brano non solo è stato il primo successo del gruppo  nel 1975, trascinando così il 33 giri “Toys In The Attic” dopo due album passati quasi inosservati, ma ha anche rilanciato nel 1986, grazie alla versione rap con i Run D.M.C., la carriera di una band che nella prima metà degli anni Ottanta, a causa della nascente scena new wave, dopo l’abbandono di Joe Perry e Brad Whitford e per i gravi problemi di eroina di Steven Tyler, appariva ormai prossima allo scioglimento.

Walk This Way nacque durante una pausa della registrazione dell’album “Toys In The Attic”, dopo la proiezione a tarda notte del film Frankenstein Junior di Mel Brooks, regista di origine ebraica, così come erano di origini ebraica i due protagonisti, Gene Wilder e Marty Feldman.

In una scena cult del film, il gobbo Igor (interpretato da uno straordinario Marty Feldman), assistente del Dr. Frankenstein, invita il professore a seguirlo, dicendogli “Walk this way!” (in italiano “Cammina in questo modo!), con il risultato comico di Gene Wilder che cammina ingobbito con un bastone, così come lo stesso Igor. La seconda versione di Walk This Way, quella che vede dialogare la band americana con il rap dei Run D.M.C., è stata prodotta dal mago dei suoni Rick Rubin, figlio di un grossista di scarpe ebraico.

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La canzone, che ha raggiunto il numero 4 nelle classifiche pop, ha riportato gli Aerosmith al centro della scena musicale, dominata in seguito sia alla fine degli anni ’80 che nei primi anni ’90. Pensiamo ai clamorosi successi dei singoli Crazy, Cryin’ e Amazing, i cui video devono molto della loro fortuna alla splendida attrice ebrea-americana Alicia Silverstone, soprannominata allora scherzosamente “il pulcino degli Aerosmith”.

Per non parlare di hit del calibro di  “I Don’t Want to Miss a Thing”, “Devil’s Got a New Disguise” e “We All Fall Down”, scritte dallo specialista delle ballad Dianne Warren, a cui si devono molti grandi successi di Elton John, Cher, Barbra Streisand, Ricky Martin e Celine Dion.

Dianne Warren si chiama in realtà Dianne Wolfberg, nome che rivela le sue origini ebraiche, a cui va buona parte del merito della prima canzone (I don’t want to miss a thing) degli Aerosmith ad arrivare al numero 1 della classifica Billboard.

I Don’t Want to Miss a Thing e Walk This Way, due canzoni che devono tanto al mondo jewish, non mancheranno nella scaletta dell’unica data italiana (13 giugno 2020, I-Days, Area Expo) del mastondontico tour celebrativo per i 50 anni di carriera.

Gabriele Antonucci
Collaboratore

Giornalista romano, ama la musica sopra ogni altra cosa e, in seconda battuta, scrivere. Autore di un libro su Aretha Franklin e di uno dedicato al Re del Pop, “Michael Jackson. La musica, il messaggio, l’eredità artistica”,  in cui ha coniugato le sue due passioni, collabora con Joimag da Roma


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