Una mostra al Museo ebraico di Vienna racconta l’artista del “realismo magico”
Un artista. Uno di quelli che ha saputo esprimersi attraverso le arti, tutte: pittura, musica, danza, scultura, architettura, poesia. Ma lui, Arik Brauer, quando qualcuno gli chiede di definirsi, risponde secco: “Sono un pittore da sempre”. Appena finita l’Accademia a Vienna è stato tra i fondatori, insieme a Ernst Fuchs, Rudolf Hausner, Wolfgang Hutter e Anton Lehmden del realismo magico, una corrente artistica che si proponeva di raccontare la realtà senza trascurarne gli elementi magici, fantastici. Come a regalare quel guizzo che lo stupore sa accendere in chi lo prova in una forma visiva, che sia pittorica o narrativa. Surrealista negli anni in cui l’astrattismo dominava il panorama pittorico internazionale e anche artigiano, i suoi lavori destarono un certo interesse e nel 1982 ebbe diverse mostre negli Stati Uniti.
E poi, la musica, i lunghi viaggi in bicicletta in Europa e in Africa, gli anni parigini con la moglie Noemi e i ritorni a Vienna, dove ha costruito la sua casa, completamente progettata da lui stesso. Uno stile unico, che poi ha declinato anche in altri edifici realizzati in Austria e in Israele, dove il realismo magico diventa colore, piastrelle e mosaici. Proprio in Israele, dove vive attualmente, ha progettato la casa per sé e per la famiglia, curando ogni minimo dettaglio, negli interni e negli esterni, sempre secondo la sua filosofia espressiva. Dove gli elementi della cultura ebraica si intrecciano con le altre culture che ha incontrato nella vita, raccontando di sé e della sua storia.
E ora il museo ebraico di Vienna racconta Arik Brauer in una mostra, fino al 20 ottobre
È nata a Milano nel 1973. Giornalista, autrice, spesso ghostwriter, lavora per il web e diverse testate cartacee.