Israele
“Art of Enchantment”, una mostra all’Eretz Israel Museum

Un incantevole lavoro artistico e curatoriale fa dialogare l’arte antica e quella contemporanea lungo un percorso etnografico. A Tel Aviv

All’interno dell’affascinante cornice del MUZA – Museo Eretz Israel, il 22 luglio apre una nuova mostra: Art of Enchantment. Nuova non solo per la diversità dei lavori esposti, di artisti provenienti – letteralmente – da tutto il mondo, ma soprattutto per il soggetto, ovvero l’incontro tra arte contemporanea ed etnografia, attraverso opere che sono il frutto del dialogo tra l’artista, il proprio corpo, la comunità a cui appartiene e quella di chi fruisce l’opera.

Courtesy of Dina and Michael Weiss collection of African Art

La mostra, curata dalla Chief Curator del Museo, Dr. Debby Herschman, è il frutto di anni di ricerca nel campo dell’etnografia, artisti e collezionisti, assieme ad una selezione tra oltre mezzo milione di pezzi appartenenti alla collezione dello stesso Museo – con manufatti di oltre 3000 anni – e quelli della celebre Dina & Michael Weiss Collection of African Art.

Nell’insieme, questa selezione di opere da vita a un grande progetto corale, il cui crescendo viene esaltato dall’eccezionale lavoro di allestimento del rinomato designer Chanan De Lange, che ha saputo far dialogare magistralmente capolavori dell’arte antica con quelli dell’arte contemporanea.
Così, a due anni e mezzo dall’insorgere della pandemia – e in occasione dell’arrivo della stagione estiva e delle speciali aperture serali – il MUZA apre le proprie porte al turismo e lo fa in grande, invitando il pubblico ad immergersi, a 360 gradi, in una mostra che va oltre la classica visita delle opere, richiedendo una vera e propria “esplorazione” di esse. A partire da Paxpa, centro nevralgico e cuore dell’esposizione: una grande tenda polifunzionale realizzata dal celebre artista brasiliano Ernesto Neto – presente all’inaugurazione della mostra assieme allo sciamano Fabiano Sales – come luogo cerimoniale di rituali sciamanici amazonici.

Dal sud al nord America, dall’Africa al Medio Oriente, dall’Asia all’Australia: questa mostra offre un vero e proprio giro del mondo attraverso alcuni dei rituali ancora esercitati in alcune delle comunità indigene dei Paesi ospitati. Dana Claxon, dal Canada, nella sua video installazione restituisce la voce dei nativi americani Lakota attraverso una video – performance, Rattle, letteralmente “frastuono”, i cui sonagli costituiscono anche l’intera soundtrack della mostra.

Amulet, courtesy of Gross Family

Mentre, in silenzio, la voce di Victoria Hanna, performer israeliana di origine ultraortodossa – gerosolomitana, di padre egiziano e madre persiana – può essere ascoltata grazie all’ausilio delle cuffie. Assieme alla musica, il testo può essere seguito in tempo reale nella videoinstallazione Amulet, che evidenzia le parole tratte da uno degli amuleti, in lingua ebraica, ancora oggi conservati presso il MUZA e, per l’occasione, “ri-animato” ed esposto nel percorso mostra.

tunel de lantas san luis – Betsabee Romero – curtesy of the artist

Una mostra in cui, accanto al percorso sonoro, si affianca anche quello architettonico. Da Many Moons, splendido arazzo in stile kente eseguito dal celebre artista del Ghana El Anatsui, realizzato con un mosaico di tessere ottenute grazie a materiale di recupero – lattine di alluminio schiacciate, appiattite e ricucite con altri materiali riciclati – che ricopre interamente una delle pareti della mostra.

Hitomoj. Courtesy of the artist

A Hitomoj: una serie di calligrafie giapponesi che pendono dal soffitto – realizzate da Tomoko Kawao, che utilizza il proprio corpo come parte integrante degli stessi kanji – e che creano un vero e proprio tunnel in cui immergersi.

Demons, Chin ‘Demon of Lust,’Courtesy of Martine Gutierrez Courtesy of the artist and RYAN LEE Gallery

In un gioco di sguardi incrociati, le maschere performative di Jeffrey Gibson, artista afroamericano, strizzano l’occhio agli autoritratti “demoniaci” dell’artista transgender Martine Gutierrez – artista Made in USA ma di origine atzeca-guatemalteca – e alla body painting dell’artista australiano, aborigeno, Gutiŋarra Yunupiŋu.
Se le video performance di Ana Mendieta, statunitense di origini cubane, ci riportano alla sua infanzia a Cuba, le barche – Trajineras – di Betsabeé Romero, esposte all’ingresso del Museo, ci fanno navigare con l’artista verso le rive del Messico.

Un passaggio continuo tra oriente e occidente, come il totem di Camille Henrot, francese di origine e newyorkese di adozione, che presenta una versione postcoloniale di un totem malese, scolpito – con simboli ancestrali – sull’ala di un aereo sportivo francese. La scultura svetta all’ingresso del Rotchild Pavillion invitando il pubblico a incamminarsi verso il piano superiore, all’ingresso della mostra, dove spiccano i lavori di Jimmie Durham, attivista statunitense noto per la sua attenzione nei confronti dell’ambiente e degli animali, “ri-animati” nella collezione power animals. All’artista, scomparso lo scorso anno, il MUZA ha dedicato un omaggio speciale proprio all’ingresso di quella che, più che una mostra, è un’orchestra di dodici artisti, con le cui opere – installazioni e performance, realizzate con media contemporanei ma ispirate a rituali e antiche tradizioni cerimoniali – “i creatori, assieme agli spettatori – per usare le parole della curatrice Debby Herschman – tornano alle radici dell’azione artistico-rituale, attraverso un processo di trasformazione, guarigione e cambiamento, che comincia nella vita quotidiana ma attinge al più profondo stato di coscienza”.
Ora non resta che immergersi in questa mostra multidisciplinare e multifocale, che resterà aperta fino al 15 novembre.

Art of Enchantment, 22 luglio – 15 novembre, MUZA, Tel Aviv

Fiammetta Martegani
collaboratrice

Curatrice presso il Museo Eretz Israel, nasce a Milano nel 1981 e dal 2009 si trasferisce a Tel Aviv per un Dottorato in Antropologia a cui segue un Postdottorato e nel 2016 la nascita di Enrico: 50% italiano, 50% israeliano, come il suo compagno Udi. Collaboratrice dal 2019 per l’Avvenire, ha pubblicato nel 2015 il suo primo romanzo “Life on Mars” (Tiqqun) e nel 2017 “The Israeli Defence Forces’ Representation in Israeli Cinema” (Cambridge Scholars Publishing). Il suo ultimo libro è Tel Aviv – Mondo in tasca, una guida per i cinque sensi alla scoperta della città bianca, Laurana editore.


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