In vista delle elezioni del 18 giugno, la parola al candidato della lista 2, Ha Bait
Daniele M. Regard si candida per la lista 2, la neonata Ha Bait, frutto della fusione tra Manorah e Binah is real, due liste storiche che alle scorse elezioni avevano ottenuto rispettivamente il 15,82% e il 10, 69%. Lo abbiamo intervistato.
Perché ha scelto di candidarsi?
Ho lavorato nella pubblica amministrazione con Zingaretti. Mi occupavo di comunicazione digitale. In precedenza sono sempre stato attivo nella comunità: frequentavo l’Hashomer Hatzair, sono stato presidente dell’UGEI per due anni (2011 e 12) e ora ho deciso di tornare a lavorare nelle istituzioni ebraiche. Due le cose che mi hanno convinto a farlo. La prima: lavorare su valori comuni per creare una comunità più inclusiva, che non vuole dire aprire la comunità a tutti, ma una comunità ortodossa basata sul rispetto delle persone. La seconda riguarda la fusione delle due liste precedenti, Menorah e Binah: Ha Bait non è la somma delle due, ma una terza entità che vuole ascoltare le voci di tutte le persone che compongnono la comunità. Non è vero che la comunità diRoma è spaccata, è vero che si compone di voci diverse e che tutte le voci vanno rappresentate nel consiglio.
Non è stato così nel consiglio che attualmente è a fine mandato?
C’è chi ha gestito la comunità in maniera più o meno chiusa. Questo consiglio eletto con sistema maggioritario e premio di maggioranza (che si ottiene se si supera il 45% dei voti) ha governato, con giunta monocolore e senza commissioni. Penso che invece il consiglio debba rappresentare tutti e per questo parlo di inclusività: tutti devono essere ascoltati. Osservanti e meno osservanti, siamo comunque tutti ebrei.
Quale messaggio vuole dare agli elettori la lista Ha Bait?
La mia candidatura penso risponda chiaramente a questa domanda: sono un uomo di 37 anni che si mette in gioco per la comunità, sposato, padre di due figlie. Credo che la mia scelta possa dare un impulso ad altri a mettersi in gioco e a considerare la nostra una comunnità viva. Abbiamo formato una squadra interessante e molto competente di persone meno giovani che non si erano mai candidate e che mettono a disposizione la propria professionalità, accanto a giovani under 40, pronti a dialogare con mondi più giovani. In questo modo credo potremmo dare i nostri contributi a tutto quello che serve alla comunità romana.
Cosa serve secondo lei alla Cer oggi?
Le cose più importanti sono la scuola, l’ospedale e la casa di riposo, beni assoluti della comunità che vanno protetti e tutelati per garantire tutela e protezione agli iscritti. La scuola poi è l’anima della comunità, va mantenuta viva perché è il luogo dicostruzione dell’identità ebraica. Non solo, è anche il luogo dell’aggregazione giovanile e credo si debba ripartire dando un contributo importante, dare ai ragazzi la possibilità di pensare che ci sia qualcosa da costruire dopo il periodo scolastico.
La questione welfare è un capitolo molto importante per la comunità sia per le istituzioni da gestire e portare avanti sia per la composizione della comunità. Quali sono i vostri progetti?
Crediamo che l’espressione “nessuno resti indietro” non possa essere solo uno slogan: dobbiamo aiutare le persone non solo economicamente, ma indicare una strada che poi loro percorreranno con le proprie gambe. Welfare è assistenza ma è anche assistenza morale, come per un genitore divorziato che si trova improvvisamente solo o per un bambino bullizzato che non deve essere isolato. Dobbiamo educare al rispetto prima di parlare di progetti.
È di pochi giorni fa la sentenza del Tar a favore del Comune di Roma sugli sfratti al ghetto. Quali sono le relazioni tra Cer e Comune e quale l’emergenza abitativa?
Per il momento preferisco non esprimermi. Il welfare, come ho già detto, è al centro dei nostri prigrammi.
È nata a Milano nel 1973. Giornalista, autrice, spesso ghostwriter, lavora per il web e diverse testate cartacee.