Appuntamento con l’autore israeliano e proiezione di “Outside”, un corto immaginifico a partire da un suo racconto (altrettanto immaginifico)
Domenica 21 novembre, nella maestosa cornice del Castello Sforzesco, lo scrittore israeliano Etgar Keret sarà protagonista di un incontro che si annuncia come la punta di diamante della Rassegna di nuovo cinema ebraico e israeliano, organizzata come ogni anno dal Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea. Benché, infatti, l’evento si svolga nell’ambito delle manifestazioni di Bookcity, Etgar Keret non presenterà un nuovo libro, bensì il suo ultimo lavoro cinematografico, un cortometraggio intitolato Outside, esito della collaborazione con la coreografa israeliana Inbal Pinto. Il breve film ‒ che forse sarebbe più corretto definire una video-danza ‒ è stato girato in Israele e in Giappone e vede come protagonisti attori, musicisti e ballerini di prim’ordine provenienti da entrambe le nazioni.
La fonte dell’opera è, tuttavia, la parola scritta. Outside è, infatti, basato sul racconto omonimo scritto da Keret a Tel Aviv durante il lockdown e pubblicato prima negli Stati Uniti (luglio 2020) sul New York Times Magazine all’interno del Decameron Project, una raccolta di ventinove storie della pandemia, evidentemente modellate sul Decameron di Giovanni Boccaccio. In seguito, il racconto è uscito anche in Giappone, sul quotidiano nazionale Asahi Shimbun, con lo scopo di esplorare i nuovi confini creativi sorti a seguito delle restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria. Nonostante l’angoscia generata dal Covid-19 sia palpabile in entrambe le sedi, non sono le innumerevoli morti né la prolungata fobia del contagio a interessare Keret. Al contrario, ciò che lo scrittore riesce a fotografare è il singolo momento, uno soltanto, forse il più significativo: il momento della sospensione, il momento in cui ‒ finalmente ‒ abbiamo cessato di essere panificatori domestici per ritornare gradualmente a uscire. “Tre giorni dopo la rimozione del lockdown, era chiaro a tutti che nessuno sarebbe uscito di casa”: inizia così l’esplorazione da parte di Keret di una delle prove più delicate e difficili che l’uomo contemporaneo abbia mai vissuto in tempo di pace. Come si ritorna alla vita dopo un trauma simile? Come ci si riappropria delle abitudini quotidiane ormai perdute, quasi dimenticate, del contatto con gli altri, del volto che, prima della pandemia, eravamo soliti indossare fuori dalla comfort zone delle nostre pareti domestiche? Ne usciremo feriti, rafforzati, migliori? Attenzione, Keret non è certo tipo da abbracciare narrazioni vittimistiche o convenzionali. Lo scrittore persegue ciò che lo interessa, ossia porre l’uomo di fronte a stesso, alle proprie responsabilità individuali e sociali.
Un’ultima annotazione, non meno importante delle precedenti: Outside è stato scritto in Israele ma potrebbe essere ambientato in qualunque città contemporanea, esattamente come la sua realizzazione video. Una volta di più Etgar Keret ha dimostrato come la cultura israeliana abbia saputo uscire dagli angusti confini geografici dello Stato ebraico per aprirsi al resto del mondo e, se necessario, fornire una risposta a interrogativi scomodi e inquietanti.
Etgar Keret, Esercizi di immaginazione, Castello Sforzesco, Milano, domenica 21 novembre ore 16.30
Dialogo con Sara Ferrari, direttrice sceintifica della rassegna Nuovo Cinema Ebraico e Israeliano e proiezione di Outside. Ingresso con prenotazione
Sara Ferrari insegna Lingua e Cultura Ebraica presso l’Università degli Studi di Milano ed ebraico biblico presso il Centro Culturale Protestante della stessa città. Si occupa di letteratura ebraica moderna e contemporanea, principalmente di poesia, con alcune incursioni in ambito cinematografico. Tra le sue pubblicazioni: Forte come la morte è l’amore. Tremila anni di poesia d’amore ebraica (Salomone Belforte Editore, 2007); La notte tace. La Shoah nella poesia ebraica (Salomone Belforte Editore, 2010), Poeti e poesie della Bibbia (Claudiana editrice, 2018). Ha tradotto e curato le edizioni italiane di Yehuda Amichai, Nel giardino pubblico (A Oriente!, 2008) e Uri Orlev, Poesie scritte a tredici anni a Bergen-Belsen (Editrice La Giuntina, 2013).