Cultura
Firenze, città della bellezza

Piccola guida al capoluogo toscano, capofila della Giornata Europea della Cultura Ebraica di quest’anno

Difficile che una sinagoga sia così imponente da svettare sugli altri palazzi. Per quanto non più costretti a restare nascosti tra gli edifici circostanti come avveniva in passato, anche i templi dell’emancipazione raramente si sono elevati al punto da sovrastare le altre costruzioni. Firenze fa eccezione. Un’eccezione che diventa dato straordinario se si considera la magnificenza complessiva dell’architettura cittadina. Eppure, la cupola verde del tempio ebraico  è seconda per imponenza solo a quella del Duomo di Brunelleschi. Ma la meraviglia non finisce qui. Espressione di quello stile moresco che tanto piaceva agli architetti di fine Ottocento, la sinagoga fiorentina accorpa anche elementi bizantini e romanici in una struttura che mantiene all’interno le promesse della già notevole facciata.
Degno di una città da sempre portavoce del bello, il Tempio sarà il cuore del ricco programma di domenica 10 settembre, Giornata Europea della Cultura Ebraica che avrà quest’anno proprio Firenze come capofila e la Bellezza come tema portante. Già dalla sera di sabato se ne avrà un assaggio, quando alle 21.30 il giardino del tempio ospiterà il concerto del Liron Meyuhas Ensemble, da Israele. Il mattino seguente, dopo i saluti alle autorità con la presidente Ucei Noemi Di Segni e il presidente della Comunità Ebraica di Firenze Enrico Fink, inizierà una lunga serie di appuntamenti. Il filosofo Davide Assael, il rabbino Roberto Della Rocca, la giornalista Daniela Hamaui e il direttore degli Uffizi Eike Schmidt si confronteranno su “La bellezza: un bel rischio da correre”, con la partecipazione dell’intelligenza artificiale Chat GPT. Si passerà poi a un breve spettacolo con visita ai bozzetti e alle scenografie di Emanuele Luzzati a cura di Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse di Genova, a un intervento di ADEI Wizo Firenze su “I cinque sensi e la bellezza”, a un incontro con la casa editrice Giuntina e a un cooking show con degustazione dello chef Simone Bocca.

Il pomeriggio riprenderà con lo spettacolo di animazione “La bellezza raccontata” a cura di Simcha Jelinek seguito da “La Bellezza nel TaNaKh” di Rav Gadi Piperno e poi ancora da canti, tavole rotonde, mostre, video e laboratori per bambini, il tutto accompagnato da assaggi di cucina ebraica e degustazioni di bevande e vini kasher toscani a cura di Balagan Cafè. L’ultimo appuntamento della giornata sarà il monologo di e con Gioele Dix “Allontana la tristezza dal tuo cuore”, previsto per le 18.30. Nel corso della giornata, dalle 11 alle 17 si potrà anche partecipare a una delle visite guidate alla Sinagoga e al Museo Ebraico a cura di Opera Laboratori. Sarà l’occasione per ammirare e conoscere la storia di un edificio che è non solo esempio di bellezza, ma anche simbolo di un periodo d’oro per gli ebrei fiorentini, quello tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento.

Costruita tra il 1874 e il 1882, la Sinagoga veniva inaugurata a poco meno di 35 anni dall’apertura del ghetto. Istituito da Cosimo I nel 1570 per compiacere il Papa e aggiudicarsi l’ambito titolo di Granduca, il quartiere ebraico occupava la zona dell’attuale piazza della Repubblica, segnato da quelle che oggi sono via Roma, via Brunelleschi e via de’ Tosinghi. Leggermente ampliato tra il 1705 e il 1721 fino ad arrivare a via de’ Pecori e ad aprire una porta su piazza dell’Olio (la terza, dopo quelle su via Roma e in piazza della Repubblica) il ghetto sarebbe stato abbandonato dai suoi abitanti solo nel 1848. Oggi chi ne cerca le tracce troverà ben poco. Caduta in degrado, la zona è stata ridisegnata tra il 1881 e il 1898. Gran parte degli edifici sono stati abbattuti, tra cui le due sinagoghe, una italiana e l’altra spagnola, che si affacciavano sulla piazza principale. Più facile ritrovare memoria di tempi più remoti. Agli albori della loro presenza in città, collocabili intorno al 1430, i primi ebrei fiorentini vivevano al di là dell’Arno, nel quartiere San Jacopo. Al civico 2 di via dei Ramaglianti, già via dei Giudei, c’era la loro casa di preghiera, distrutta dai tedeschi nell’agosto del 1944 e oggi indicata da un cartello.

Altre memorie di sinagoghe scomparse si trovano in centro, a un passo dal Duomo. In via delle Oche 4, una traversa di via dei Calzaiuoli, una targa ricorda che dove ora si trova un albergo c’era una volta un tempio. Comprendeva due oratori, ospitati in un edificio di proprietà ebraica. Uno di rito italiano, l’altro della confraternita Mattir Assurim, dal 1882 al 1962 avevano servito la fazione dei cosiddetti “centralisti”, di quanti cioè non volevano allontanarsi dall’antico quartiere ebraico e quindi dal centro storico. Tutti gli altri preferivano terreni ancora inesplorati, e avevano puntato al quartiere della Mattonaia, vicino alla chiesa di Sant’Ambrogio. È qui, in quella che è oggi via Farini 4, che costruirono l’attuale sinagoga. Progettato dagli architetti Marco Treves, Mariano Falcini e Vincenzo Micheli e costruito in otto anni, il tempio era costato la cifra ai tempi altissima di un milione di lire, una spesa resa possibile dal lascito dell’ex presidente David Levi.
Circondata da un bel giardino e chiusa sulla strada da una cancellata a volute, la Sinagoga risalta in fondo a un breve viale non solo per le tre cupole ricoperte da rame verde ma anche per l’elegante rivestimento in pietra bianca e rosa e il raffinato disegno della facciata, dotata di un loggiato a tre archi dietro ai quali si aprono altrettanti ingressi. Sormontata da un ampio timpano semicircolare, presenta una trifora centrale con rosone, bifore e monofore, bassorilievi con scritte in ebraico e stelle di David. L’interno non tradisce lo stile esterno offrendo la varietà di decorazioni, fregi, arabeschi e mobili intarsiati tipici del gusto orientalista. Completano l’atmosfera grandi lampadari e candelabri e i riflessi multicolori proiettati sulle superfici dai vetri piombati.
La visita al tempio è inscindibile da quella del Museo Ebraico. Piccolo ma curatissimo, è stato istituito nel 1981 con l’occupazione di una sala posta alle spalle del matroneo e ampliato nel 2007 con l’apertura di una seconda area al piano superiore. Uno spazio, questo, da cui si può tra l’altro godere di una magnifica vista sull’aula di preghiera e sui tetti della città. La prima sezione ospita gli arredi cerimoniali utilizzati nella Sinagoga, argenti e tessuti provenienti dagli antichi templi del ghetto. Foto e documenti ripercorrono la storia della comunità. Salendo al piano superiore, si trovano invece oggetti per il culto domestico. Di più recente istituzione sono la “Stanza della memoria”, dedicata alla Shoà, e la “Camera immersiva” che consente di rivivere la storia della costruzione del tempio.

Non rientrano ufficialmente nel programma della già ricca Giornata Europea ma meritano appena possibile una visita anche i due antichi Cimiteri Monumentali Ebraici . Il più antico si trova in viale Ariosto 14, appena fuori da porta San Frediano e dalle antiche mura rinascimentali. Istituito nel 1777, aveva inglobato monumenti sepolcrali di più antichi campi di sepoltura ebraica già esistenti in città. Poco conosciuto dagli stessi fiorentini, dietro ai suoi alti muri perimetrali custodisce un tesoro culturale e artistico fatto di cappelle funerarie e monumenti straordinari come quello a forma di piramide egizia del cavalier David Levi o la cappella neorinascimentale della famiglia Franchetti. Rimasto in funzione fino al 1870, fu sostituito da quello di via Caciocolle 13, nel quartiere di Rifredi, realizzato tra il 1881 e il 1884 dall’architetto Treves, lo stesso della Sinagoga. Per visitarlo è necessario prenotarsi scrivendo a firenzebraica@operalaboratori.com.

 

 

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


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