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Il leviatano, sovrano degli abissi e balena comune

Storie del mostro marino più famoso del mondo

Immenso animale dei primordi, quando la materia ancora informe veniva plasmata per acquisire forma, e mostro proteiforme del mito moderno. Ma anche simbolo di volta in volta di irrazionalità e de demoniaco, metafora dell’incontrollabile, archetipo del potere assoluto dello stato moderno, allegoria della potenza del mare contrapposta a quella della terra. E’ il grande Leviatano, figura della mitologia ebraica antica e della cultura letteraria e popolare moderna e contemporanea.

Liotan, nella mitologia ugaritica, è uno dei mostri delle origini sconfitti dal dio Baal. E’ stata in seguito la tradizione ebraica ad accogliere questo e altri miti cananei, a rielaborarli e a consegnare Liotan, adesso con il nome di Leviatan, alla storia. “Puoi tu prendere con l’amo Leviatan?”, dice Dio a Giobbe in un passo che esprime l’abisso insondabile della trascendenza. Giocare con il mostro marino o provare a cacciarlo per gli uomini è impossibile, perché alla sua semplice vista rimangono atterriti. Se questa è la reazione che provoca una sola delle creature, “chi dunque resisterà dinanzi a Me?”. Secondo alcuni Leviatan è da identificare con il coccodrillo perché nel Salmo 74 si invoca la potenza divina – capace di “spaccare la testa dei Leviatan per darla in pasto alle fiere” – sui nemici di Israele, e il coccodrillo è tra i simboli dell’Egitto, l’oppressore per definizione; in un altro passo Giobbe allude a uomini malvagi, forse stregoni sul modello egizio, che evocano Leviatan. Anche il libro di Isaia mette in relazione Leviatan, che qui prende la fisionomia di un serpente marino, con le forze nemiche del bene. Alla distruzione del “serpente dritto” e del “serpente tortuoso” seguirà la redenzione di Israele.

Molte delle leggende che sviluppano i passi di Giobbe, Salmi e Isaia sono state raccolte da Louis Ginzberg nel primo volume delle Leggende degli ebrei. Dalla creazione al diluvio (Adelphi). Il quinto giorno, come spiega il midrash, Dio crea gli uccelli, i pesci e il Leviatano, mostro marino dalle dimensioni enormi che richiama la materia primordiale ancora refrattaria a un ordine, che è quanto viene imposto invece con la creazione. Abbiamo qui due idee in tensione: da una parte Leviatan rappresenta il caos primigenio sul quale, con la creazione e l’imposizione di un ordine, trionfa la razionalità divina. Allo stesso tempo, però, Leviatan è una creatura di Dio, e in quanto tale regna su tutti gli animali marini. In origine, come ogni altro animale, fu creato maschio e femmina; ma fu presto chiaro che la gigantesca coppia avrebbe potuto facilmente devastare l’intera terra, e allora Dio uccise la femmina per evitare la moltiplicazione della specie. Leviatan è tanto grande che per dissetarsi gli occorre tutta l’acqua che scorre nel Giordano e quando è affamato soffia dalle narici facendo ribollire il mare. L’unico essere di cui ha paura è un pesciolino chiamato in ebraico khalkis e talvolta identificato con lo spinarello, creato da Dio con il preciso scopo di tenerlo a freno. Questo gigante delle profondità marine è dotato di pinne che sprigionano una luce tanto abbagliante da poter oscurare il sole e di occhi luminosi, ma ha un odore fetido che, secondo il Talmud, renderebbe inabitabile perfino il paradiso, se solo il mostro vi entrasse. C’è poi chi dice – lo riportano Robert Graves e Raphael Patai nei Miti ebraici, Longanesi – che Leviatan sia stato confinato da Dio in una caverna negli abissi dell’oceano e che il peso del mondo intero gravi su di lui. L’idea che il mondo sia sostenuto dal colosso acquatico compare per esempio nell’Apocalisse di Abramo, uno dei testi gnostici scritti in ambiente ebraico nei primi due secoli dell’era volgare. Con questo portentoso animale è Dio stesso a trascorrere le ore di svago: stando al trattato Avodà Zarà nelle prime tre ore del giorno Dio studia Torà, giudica il mondo nelle tre ore successive, si occupa poi per altre tre delle necessità delle creature viventi e nelle ultime tre ore gioca con Leviatan.

Leviatan non è però l’unico essere gigantesco delle origini. Ci sono Behemot, creatura terrestre che per sfamarsi consuma ogni giorno il prodotto di mille montagne e Ziz, re degli uccelli, il cui capo tocca il cielo quando le zampe poggiano ancora sulla terra. Alcuni hanno identificato Leviatan con il coccodrillo, il serpente o la balena e Behemot con l’ippopotamo. Sul ruolo di questi e altri colossi si sofferma Giacoma Limentani nel primo racconto contenuto nel volume Gli uomini del libro (Adelphi).

Come spiega il trattato Bavà Batrà, lo scopo ultimo per cui il Leviatano è stato creato è quello di essere offerto al banchetto dei giusti nel mondo a venire. Per questo le carni della femmina, uccisa subito dopo la creazione per salvaguardare gli altri viventi dalla distruzione, sono state messe saggiamente in salamoia e il maschio verrà macellato al momento giusto. Quando giungerà la sua ultima ora, gli angeli attaccheranno il mostro ma fuggiranno dapprima terrorizzati; torneranno alla carica con le spade, ma queste saranno come paglia per le squame del colosso marino; proveranno a lanciare frecce e pietre, che però rimbalzeranno senza provocare danni al gigante corazzato. Allora Dio comanderà a Leviatan di combattere con Behemot fino a quando entrambi giaceranno morti, Leviatan per la sferzata della coda di Behemot e questo secondo per un colpo di pinne del primo. Con una parte della pelle di Leviatan Dio forgerà la copertura delle tende per ospitare i giusti quando questi saranno a banchetto; quanto rimane verrà steso sopra Gerusalemme come baldacchino e da qui illuminerà tutto il mondo. S.D. Luzzatto nelle note al Machazor romano suggerisce che la leggenda del banchetto messianico alluda a una festa conclusiva, dopo la quale si aprirà la stagione della pura vita spirituale. Non stupisce che ci siano state interpretazioni allegoriche del pranzo dei giusti non solo in testi gnostici come l’Apocalisse di Abramo e cristiani, come quelli di Ippolito, ma anche in fonti rabbiniche. Nella letteratura mistica ebraica Leviatan diventa allegoria del male mentre nel suo Commento al libro di Giobbe il cristiano Girolamo considera Leviatan e Behemot creature diaboliche. Alcuni lo rappresentano, sulla scorta di Isaia, come un serpente d’acqua, per altri è il drago descritto nell’Apocalisse di Giovanni o addirittura Satana.

Ci si potrebbe dilungare sull’immagine del Leviatano nei secoli che conducono fino a noi. Tra gli altri, il riformatore Giovanni Calvino descrive Leviatan e Behemot rispettivamente come balena e elefante, e sostiene che si tratti non di manifestazioni demoniache, bensì della potenza di Dio. Thomas Hobbes, nella sua opera più celebre intitolata proprio Leviathan, contrappone Behemot e Leviatan: simbolo del caos politico, della guerra civile, del dilagare delle passioni private l’uno; dell’unità dello stato, dell’interesse pubblico cioè comune, del bene collettivo l’altro, che diventa presto epitome dell’assolutismo in cui la monarchia accentra tutto il potere. Il Leviatano si affaccia poi nella poesia di Milton, Shakespeare, Blake e Heine. Quasi ogni pagina di Moby Dick, un romanzo pieno di riferimenti biblici espliciti e impliciti, ammicca alla figura del mostro marino. Melville mette in scena l’odio ossessivo del capitano Achab e l’irriducibile irrazionalità della natura che non si piega al volere dell’uomo, rappresentando un duello in cui è lecito chiedersi chi sia davvero il Leviatano. Per Carl Schmitt, ormai in pieno Novecento, la lotta tra Leviatano e Behemot è la guerra naturale tra il mare e la terra che segna, come un filo rosso, la storia delle civiltà antiche e moderne.

Oggi i riferimenti al Leviatano si contano a decine nelle manifestazioni della cultura popolare, dal cinema alle serie tv, dalla musica ai videogiochi. Spesso il nome Leviatano è semplicemente evocativo, di solito per indicare esseri mostruosi e giganteschi: nei videogiochi, per esempio, il Leviatano è un Pokémon o un elicottero anfibio, il boss di una banda criminale o il dio degli inferi. Ci sono almeno tre film e due romanzi intitolati Leviathan: tra i primi il più recente è stato diretto dal regista russo Andrej Zvjagincev nel 2014, e rappresenta un mondo permeato dalla presenza visibile e invisibile, ma non meno decisiva, di più leviatani: le balene che entrano nella baia sul mare di Barents per morire ma anche i rappresentanti di un potere che unisce mostruosamente politica e religione.

Nel linguaggio giornalistico, infine, la parola “leviatano” è impiegata spesso per indicare una persona o una realtà che detiene potere assoluto o comunque eccessivo, in specie in riferimento alla questione politica recente dei dati e delle strategie di controllo. Alcuni titoli sparsi da testate italiane: “Il Leviatano di Silicon Valley”, “Il Leviatano capitalista e le ossessioni europee”, “Il Leviatano dell’Unione europea e l’attacco alla democrazia”. Nel 2019 il teorico rossobruno Diego Fusaro, sostenitore di Putin e Assad, sul suo blog sul “Fatto Quotidiano” ha parlato del “Leviatano a stelle e strisce” per indicare gli Stati Uniti, che svolgerebbero il ruolo di arbitro di un supposto “nuovo ordine fondato sul neocolonialismo liberista”.

Il Leviatano è, oggi più che mai, figura biblica, letteraria, politica. Eppure in ebraico moderno esiste la parola liviatan, che naturalmente deriva direttamente dal mostro antico di cui parlavano Isaia e Giobbe. Il significato? Semplicemente balena. Un pronipote relativamente minuto per il sovrano degli abissi.

Giorgio Berruto
collaboratore
Cresciuto in mezzo agli olivi nell’entroterra ligure, dopo gli studi in filosofia e editoria a Pavia vive, lavora e insegna a Torino. Ama libri (ma solo quelli belli), musei, montagne

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