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Le spine nel fianco di Netanyahu: il Covid 19 e l’annessione dei territori

L’aumento sensibile dei casi di Covid-19 e la mancata annessione del Territori sono i punti deboli del Premier. Che questa volta non può giocare la carta delle elezioni anticipate

Il rischio di un nuovo lockdown in Israele esiste ed è basato sui numeri dei contagi in sensibile aumento. nelle ultime 24 ore in Israele si sono infatti registrati Israele 1.681 contagi su un totale id 27 mila test condotti. Secondo quanto reso noto dal ministero della Sanità, il numero complessivo dei casi positivi è salito a 41.235. I decessi finora sono stati  368. Il governo ha ribadito anche ieri che farà tutto il possibile per non dover ricorrere ad una  nuova serrata, ma se la situazione dovesse ulteriormente peggiorare non ci sarebbero altre soluzioni. Come sottolinea The Jerusalem Post per il Premier Netanyahu si sta materializzando il peggior incubo, ovvero la gente che manifesta per le strade chiedendo le sue dimissioni. Un sondaggio realizzato da Channel 13 domenica scorsa ha evidenziato che il 61% degli israeliani non apprezza il modo in cui Netanyahu ha gestito l’emergenza Covid-19. 

A rendere sempre più difficile la posizione di Netanyahu c’ è poi un’altra questione: il primo luglio di quest’anno era stato presentato come la data in cui una parte dei territori della Cisgiordania sarebbero stati acquisiti dallo Stato d’Israele e da esso quindi incorporati. “Per essere più precisi, poiché nel conflitto israelo-palestinese c’è un confronto parallelo a quello dei fatti, ossia la guerra delle parole, si è parlato di annessione” spiega Claudio Vercelli su Joimag. ” Ciò su cui tuttavia Netanyahu non ha fatto del tutto i conti, malgrado la sua comprovata abilità e scaltrezza, sono alcuni elementi che, al momento, contano molto più dei suoi stessi disegni. Il primo di essi è che l’adesione dell’Amministrazione Trump all’«annessione» non è incondizionata. Al di là dell’affinità elettiva tra i due leader, e della spinta che i settori evangelici continuano ad alimentare, ancora una volta come già era accaduto con le presidenze precedenti – la complessa macchina di potere di Washington non è disposta, nel suo insieme, ad assecondare ogni mossa di Gerusalemme. Le mutevoli alleanze con il mondo arabo e con quello islamico condizionano e modulano l’insieme dei rapporti. Di volta in volta, di passo in passo”.

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Insomma, una sostanziale situazione di stallo per Netnayhau che a disposizione, questa volta, non ha la sua arma preferita, come sottolinea The Jerusalem Post: “In passato, Netanyahu aveva superato i momenti di debolezza invocando elezioni anticipate. È una strategia che ha perfezionato quasi fino a diventare una forma d’arte. Ma la natura della pandemia rende un tale passo poco saggio, soprattutto perché questo governo è stato formato proprio per gestire COVID-19. Israele è appena uscito da tre costosi cicli elettorali, che hanno congelato l’attività del governo, e si percepisce che non può gestirne un quarto. Per Netanyahu convocare le elezioni adesso, significherebbe dare l’impressione chiara di mettere i propri interessi politici al di sopra di quelli del Paese, lasciandolo letteralmente più vulnerabile di fronte al Coronavirus…”.

 


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