Cultura
La luce danza irrequieta

Amsterdam: negli stessi giorni in cui Anna Frank scrive il suo diario, la scrittrice Carla Simons racconta della tragica quotidianità del dramma che si consuma sotto i suoi occhi

Da gennaio 1942 a maggio 1943 Carla Simons, scrittrice e traduttrice olandese di origine ebraica, tiene un diario in cui annota, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese la cronaca di uno dei periodi più bui della storia contemporanea. Un periodo che inizia e che coincide, quasi profeticamente rispetto alla vita della sua autrice, con la Conferenza di Wannsee, tenutasi il 20 gennaio 1942, in cui le SS e i rappresentanti dei ministeri dei Reich misero a punto ed organizzarono quella che è passata alla storia con il nome di “Soluzione Finale”.

Fino a quel momento l’Olanda aveva difeso le conquiste di una piccola ma significativa democrazia, dichiarandosi contraria a stipulare con il Führer qualsiasi contratto che avrebbe potuto pregiudicare l’indipendenza nazionale. Il clima però cambiò bruscamente dopo un devastante bombardamento da parte dell’aviazione tedesca, che distrusse e rase al suolo la città di Rotterdam, con la conseguente sottomissione dell’Olanda e del resto dei Paesi Bassi ai tedeschi.

Da questo punto in poi, Carla Simons scrive di “valori vacillanti” riferendosi soprattutto al fenomeno del collaborazionismo e alla triste compravendita della salvezza degli ebrei, descrivendo nel suo diario quella che potremmo definire la reale percezione della Shoah nella sua città, Amsterdam e nel resto dell’Olanda. Proprio la scarsa consapevolezza di quanto stava accadendo portò ad una sottovalutazione del pericolo, con un impatto conclusivo che avrebbe collocato le comunità ebraiche dei Paesi Basse tra quelle più flagellate della Shoah.

Carla Simons descrive così, attraverso una scrittura intensa e colta, l’Amsterdam dei primi anni Quaranta, narra con cruda delicatezza la sorte toccata agli ebrei, riesce a raccontare senza violenza e senza odio tutti i passaggi che hanno fatto sì nessun ebreo potesse entrare in un edificio pubblico o riposarsi su una panchina nel parco.

Così, negli stessi giorni in cui, nella capitale olandese, Anna Frank ed Etty Hillesum scrivono i loro diari, anche la scrittrice Carla Simons svela quanto si svolge sotto i suoi occhi: un dramma straziante che va intensificandosi in modo tragico, giorno dopo giorno. Il suo diario, però, è rimasto per anni custodito in un archivio di Bologna, e solo oggi questo testo sorprendentemente delicato e drammatico vede la luce per la prima volta in Italia.

Il diario di Carla, come già accennato, si conclude nel maggio 1943, seguito dal suo arresto avvenuto il 3 agosto dello stesso anno, quando Carla fu prelevata dalla sua casa di Noorder Amstellan 181, nel Rivierenbuurt, il quartiere dei fiumi, e rinchiusa all’interno dell’Hollandsche Schouwburg, il teatro olandese ribattezzato teatro ebraico nel novembre 1941, quando divenne punto di raccolta per la deportazione degli ebrei di Amsterdam. Grazie ai rapporti che Romano Guarnieri, suo compagno di vita, ha intessuto con i diplomatici italiani, venne liberata il giorno successivo. Il piano prevedeva che lei potesse trasferirsi in Italia. Un mese dopo, però, la Gestapo la preleva di nuovo. L’ordine di cattura reca la firma personale di Adolf Eichmann, il principale stratega dello sterminio, condannato poi a morte in Israele. Simons muore ad Auschwitz il 19 novembre 1943.

«Non credo che scrivere questo Diario 1942 sia inutile. Forse la formulazione dei pensieri può cristallizzarsi in qualcosa di più definito, di più organico. Forse no. Forse non andrò mai oltre. Ma è sbagliato sentirsi stretti nei propri confini, ed è sbagliato cercare di andare oltre i limiti che ci vengono posti», scriveva Carla quando ancora si opponeva al pensiero di una fine ingiusta, vicina e spaventosa, consentendo ai lettori di tutti i tempi di entrare nel suo mondo interiore, costellato di contraddizioni e paure, ma in cui la speranza e di desiderio di vita pulsano ardentemente, tanto che in più riprese Carla afferma di  vivere le cose con maggiore intensità, «il corpo e la mente non sono mai stati di una sensibilità più esasperata e quasi contemporaneamente sento un’apatia, un torpore, una stanchezza ineluttabile. Lo scorso aprile scrivevo in questo diario: come se una lastra di vetro fosse stata fatta scivolare tra me e il mondo. Come eravamo innocenti, come eravamo ciechi. Quanto poco pensavamo al terrore che pochi mesi dopo si sarebbe riversato su di noi».

Il suo diario riesce quasi naturalmente a raccontare l’inesorabile discesa verso la tragedia di una donna che, finché le è possibile, cerca in ogni angolo della sua giornata e di quel mondo che va in pezzi qualcosa che la tenga viva, come la musica o la lettura, i boccioli di lillà che annunciano la primavera, a cui Carla fa continuamente riferimento cercando di mantenere intatta, fino alla fine, la propria umanità, la propria vitalità mentre fuori dalla sua casa, nelle strade della sua città e del resto d’Europa, avanza inesorabile la persecuzione nei confronti degli ebrei.

Quello che si ritrova tra le mani il lettore oggi è un’opera di inestimabile valore, in cui la forma diaristica si fonde con una cronaca fedele e veritiera del mondo in cui Carla scrive: i divieti sempre più pesanti nei confronti degli ebrei, gli arresti, la discriminazione, la deportazione, la libertà negata, fino alla sua percezione della morte e della devastazione.

Il diario di Simons, poco più di un centinaio di pagine, è stato ora pubblicato dalle Edizioni di Storia e Letteratura con il titolo La luce danza irrequieta, a cura di Francesca Barresi, che insieme a Lisa Visani Bianchini l’ha anche tradotto dall’olandese, ma ha attraversato una lunga fase di oblio, se non una vera e propria rimozione.

La prima pubblicazione risale infatti solo al 2014, circa settant’anni dopo la sua stesura, per mano dello storico Erik Schaap a cui gli eredi di Carla affidarono il dattiloscritto, mentre una copia dell’originale è stata ritrovata nell’archivio personale della storica Romana Guarnieri, figlia di Romano Guarnieri, entrata in possesso del diario solo nel 1955. L’ultima edizione del 2023 si basa quindi sulla copia conservata dalla figlia, ora custodita nel fondo Romana Guarnieri dell’Istituto Veritatis Splendor della Fondazione Lercaro di Bologna.

Eirene Campagna
collaboratrice

Classe 1991, è PhD Candidate dello IULM di Milano in Visual and Media Studies, cultrice della materia in Sistema e Cultura dei Musei. Studiosa della Shoah e delle sue forme di rappresentazione, in particolare legate alla museologia, è socia dell’Associazione Italiana Studi Giudaici.


2 Commenti:

  1. Grazie per avermi fatto scoprire, dopo Anna ed Etty, una nuova testimone. Spero di poter acquistare e leggere il suo diario. Tanti saluti. Andrea.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.