Cultura
Puglia ebraica, da Trani a Bari

Seconda tappa del viaggio nella Puglia ebraica

Costa orientale pugliese, Trani. Per molti, la città più bella di Puglia: il suo nucleo medievale è perfettamente conservato, insieme alla splendida cattedrale normanna. Sembra Acco. Già, perché quel lato della costa guarda a Est, a separarla da Israele è solo il mare che diventa una promessa, un sogno, forse, o una distanza di prossimità con quelle terre. “Le città crociate sono identiche a quelle pugliesi” racconta il professor Fabrizio Lelli, guida preziosa per la Puglia ebraica, direttore del museo ebraico di Lecce e docente di lingua e letteratura ebraica all’Università del Salento “E chi è stato in Israele, a vedere Trani avrà la sensazione di un luogo già visitato”.

A passeggiare oggi per le stradine del cuore di Trani si rintraccia la vecchia giudecca. “Ancora intatta, con i suoi edifici antichi, è facile immaginarsi quale fosse la vita durante il Medioevo in quel quartiere vicino al porto”, commenta Lelli. I porti pugliesi infatti nel periodo medievale acquisiscono importanza e i commerci degli ebrei alimentano una certa vitalità della zona. “Tra il due e il trecento, Trani è una delle città più fiorenti e due delle almeno quattro sinagoghe si sono conservate benissimo: vennero trasformate in chiese, mantenendo intatto il loro impianto architettonico”, racconta Lelli, “Santa Maria di Scolanova, dal nome della Sinagoga, è stata data in comodato alla comunità ebraica locale che l’ha ristrutturata e l’ha resa visitabile, oltreché utilizzabile per il culto. Un meraviglioso Aron in pietra, di epoca federiciana, era stato trasformato in altare, decorato con un affresco raffigurante la Madonna, ma si è perfettamente conservato. Mancano invece il matroneo e il mikvè.

La Scola Grande, poi, era la sinagoga principale ed è rimasta come era nel 1200, trasformata in una chiesa dedicata a S. Anna. Anche questo è un elemento interessante perché S. Anna è una di quelle figure che fanno da trait d’union tra Antico e Nuovo testamento. Grazie a un lavoro di restauro e di recupero architettonico, nel 2009 diventa un museo. Racconta la storia degli ebrei locali e conserva alcuni reperti significativi. Come una mezuzà medievale con tanto di rotolo intatto, rinvenuta durante lavori di riqualificazione urbanistica che hanno abbattuto quella che in città veniva chiamata la casa del rabbino: una leggenda, che poi si è rivelata avere qualche fondamento… magari non era proprio la casa del rabbino, ma di sicuro ci abitava una famiglia ebraica”.

Barletta, capitale ebraica e simbolo di una data inquietante: il 1503

“Barletta vantava, nel medioevo, una comunità talmente numerosa che spesso veniva esclusa da votazioni che riguardavano decisioni amministrative perché, dicevano, i barlettani sono tutti ebrei”, prosegue l’appassionato professore, “Nella seconda metà del ‘400 la percentuale di ebrei provenienti dalla Provenza e dalla Spagna è notevole e si arricchisce dal 1492, anno della cacciata spagnola. Ma presto si arriva al 1503, anno della disfida di Barletta. Ma quella data ha una storia molto particolare”. Perché? “Il 1503 era l’anno in cui, per gli ebrei, si sarebbe manifestato il Messia e sarebbe arrivato proprio sulle coste della Puglia. Si pensava che quello sarebbe stato l’anno del conflitto, da un punto di vista escatologico: avrebbe posto fine alla supremazia cristiana cattolica per lasciare spazio agli ebrei, che avrebbero dominato sul mondo. Anche a Venezia c’era grande subbuglio riguardo questa data, tanto che in diverse opere del Giorgione se ne trovano cenni. Naturalmente questo ha portato momenti di follia generale, con gente che si autodichiarava Messia e che puntualmente finiva poi nelle carceri o chi riusciva a scappare dalle prigioni e raggiungere Costantinopoli in qualità, anche in questo caso, di messia… Dal punto di vista storico, è un momento molto difficile, ci sono pestilenze, carestie e la Puglia, nello specifico è contesa tra Francia e Spagna, tanto che Barletta diventa il luogo perfetto per un’imminente Apocalisse. Ma non è tutto. A quell’epoca risale anche la testimonianza di un rabbino chiamato a giudicare dei casi tragici di famiglie sconquassate dalle conversioni”, continua Lelli, “Di mariti che hanno abbracciato la conversione per non abbandonare la Sicilia, e di mogli che invece hanno rifiutato quella strada e si sono portate via parte della famiglia, spesso le donne, e arrivano in Puglia. Sono donne giovani che quindi si vogliono risposare e avrebbero tutte le carte in regola per farlo se la conversione dei mariti fosse certa. Ma non lo era… Intanto si arriva al 1510, anno del primo editto di espulsione degli ebrei dalla regione che poi viene riconfermato (e applicato più duramente) nel 1541. Andarono via praticamente tutti, chi rimase forse divenne un neofita”.

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Infine, si arriva a Bari. Oggi del suo passato ebraico resta ben poco nella città pugliese. “Si sa dove era la sinagoga, attualmente al suo posto si trova Palazzo Efrem, un edificio barocco appartenuto a una famiglia super cattolica (anche se il nome è particolare, rimanda a Efraim…). Non lontano da lì il professore barese Cesare Colafemmina ha trovato una epigrafe ebraica in una casa privata in cui si ricorda il generoso mecenate che aprì una finestra all’interno di un’aula sinagogale e alcune altre epigrafi sono al Castello svevo, ma lavorando sul 400 ci sono molte testimonianze di ebrei che vanno e vengono da Bari. Poco prima delle leggi razziali del 900, invece, a Bari si trasferiscono molte famglie provenienti dal Nord e molti ci arrivano nel 1943, appena la Puglia viene liberata, tanto che dall’anno successivo diventa un luogo importante di accoglienza per i profughi, con un centro molto grande a Carbonara (Bari), da cui si partiva per la Palestina. Consiglio la visione di un film molto bello, girato nel 1949, Il grido della terra, per la regia di Duilio Coletti: una specie di Exodus in versione neorealista italiana, che racconta la vita degli ultimi profughi nel barese, con il problema degli infiltrati… da vedere”.

Per visitare il museo ebraico e la sinagoga di Trani occorre contattare la comunità ebraica locale e il museo. Purtroppo, dopo un fiorente periodo iniziale in cui diversi negozi di oggetti ebraici e punti kasher potevano offrire ristoro ai turisti, oggi non sono più disponibili. Per organizzare un itinerario l’agenzia Infotab può fornire validi suggerimenti.

Micol De Pas

È nata a Milano nel 1973. Giornalista, autrice, spesso ghostwriter, lavora per il web e diverse testate cartacee.


3 Commenti:

  1. Grazie per questo interesantek articolo. Come lo posso ‚print’ o mandare a wualcuno che non USA messenger?

    1. Buongiorno Amelia, grazie per il suo interesse! Se la persona a cui desidera inviarlo non usa Messenger può copiare e inviare il link tramite e-mail oppure whatsapp!


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