Cultura
Siracusa ebraica, un itinerario

Breve storia della Giudecca siciliana

Se vedete una palma e un albero di agrumi, probabilmente vi trovate nella giudecca. Sembra infatti che alcune di queste piante siano sopravvissute fino ad oggi, da quando gli ebrei le piantarono nei loro quartieri della Sicilia, in particolare a Siracusa, la seconda comunità più popolosa dopo quella di Palermo. La presenza ebraica nella città siciliana è documentata sin dall’epoca romana, sembra siano giunti a Siracusa subito dopo il 59 d.C. Si rivolse proprio a Siracusa l’attenzione di Roma, del Papato e di Bisanzio nel 663, quando divenne capitale dell’impero, perché videro nella città l’ultimo baluardo della resistenza antimusulmana. Mercanti greci, siriani ed ebrei sono protagonisti della prosperità della città scelta da Costante come capitale  in un’epoca di rilancio dell’economia che avrebbe fornito alla corte notevoli mezzi finanziari.

La storia della Giudecca dunque racconta una lunga storia di convivenza, stando ai documenti mai troppo pacifica, con i siracusani. Prima che le ordinanze dei regnanti imponessere agli ebrei di vivere in un ghetto, si riunirono spontaneamente in un quartiere, la Giudecca appunto, completamente autosufficiente che comprendeva le botteghe e il mercato, l’ospedale, il macello, la casa dei limosinieri, la sinagoga, i bagni. Si sviluppava entro un quadrilatero delimitato dalla via Maestranza a nord, dalla via Roma a Ovest, dalla via Larga a sud e dalla via Alagona a est, lungo il vecchio tracciato della città greca, in difformità dalla Graziella che mantiene l’impronta araba e dal Duomo e Castello che rivelano l’origine medievale e barocca. A visitarlo oggi, si può percorrere l’attuale via della Giudecca e perdersi tra i vicoli, dove gli ebrei, riutilizzando le vecchie strutture inserirono i loro edifici religiosi e civili.

La chiesa di S. Filippo Apostolo

Il quartiere era ricco di una dozzina di sinagoghe, fatte con pietre da taglio e pilastri di marmo, segno che nonostante i divieti fatti nei vari momenti storici di poter restaurare gli edifici o abbellirli, gli ebrei siracusani godevano perlomeno di “distrazioni” delle autorità in cambio dei vantaggi economici che assicuravano alla città. La sinagoga principale sorgeva sul perimetro dell’attuale S. Filippo Apostolo dove molto probabilmente si trovava anche una miqweh, un bagno purificatore, ma pare che in città ce ne fossero altri due.
Di fronte alla sinagoga principale c’era uno dei mercati più popolosi della città. Nei tempi di maggiore tolleranza questo mercato era frequentato dai siracusani che vi andavano ad acquistare soprattutto pelli e stoffe colorate. Le beccherie e i trappeti dell’olio creavano un gran movimento di affari; anche il vino era molto apprezzato e gli ebrei coltivavano la vite nel quartiere di S.Lucia, ma sulle bancarelle si trovava di tutto dalle candele alle botti, qualsiasi tipo i corda e qualunque tipo di tessuto, dagli oggetti di uso quotidiano ai generi alimentari.

Gli Aragonesi sottoposero gli ebrei a dure leggi e limitarono la libertà di culto, imposero tasse e tributi straordinari , oltre la “Gesia” che già versavano agli arabi per essere tollerati. Nel 1312 Federico II d’Aragona impose agli ebrei di risiedere in quartieri separati da quelli cristiani e posti in zone marginali, ma a Siracusa, per la sua particolare condizione di città fortezza, il borgo ebraico si trovava dentro le mura ed aveva case modeste, al massimo con due piani, che resistettero molto bene al terremoto del 1693. Ordinò anche che dovessero avere un macello proprio nella zona orientale, che al tramonto non uscissero dal ghetto e portassero un contrassegno sui loro abiti e nelle insegne delle botteghe, la “rotella Rossa”.
Gli ordinamenti del re Federico II d’Aragona furono rinnovati dai re Martino e Ferdinando I, mentre il re Alfonso mitigò i divieti e nel 1450 stabilì con il rabbino messinese, Mosè Bonavoglia, rappresentante di tutti gli ebrei siciliani, che potevano liberamente vivere dentro e fuori dal ghetto e non erano obbligati ad assistere alle feste cristiane, in cambio di una donazione di 10.000 fiorini

Poi, come si sa, la storia precipitò nel 1492, con Ferdinando il Cattolico e il suo editto di espulsione di tutti gli ebrei.
Il decreto reale fu applicato con estrema durezza, con il conseguente quanto inevitabile danno economico che questo comportava. Non mancarono le conversioni. O meglio, i Marranos, che entrarono di diritto a far parte della cittadinanza siracusana in quanto cristiani, ma segretamente di fede ebraica, continuando a professare la loro religione nel chiuso delle case.

Nel 2008 il rabbino Stefano Di Mauro tornato a Siracusa dopo una lunga permanenza negli Stati Uniti, aveva ridato vita a una piccola comunità con una sinagoga nel quartiere di Tiche, ma allo stato attuale non più funzionante. La visita alla Giudecca merita comunque attenzione, racconta secoli di storia. Racconta di epoche fiorenti, di discriminazini, di convivenza e di fughe. Racconta degli ebrei in Italia.

 


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