Cultura
“Sotto lo stesso cielo”, succot in mostra a Ferrara

Indagine sulla festività, tra storia e attualità in un’esposizione al Meis

Siamo tutti Sotto lo stesso cielo. È partendo dal suo titolo che il direttore del Meis Amedeo Spagnoletto e Sharon Reichel introducono la mostra temporanea da loro curata e in apertura venerdì prossimo 14 ottobre presso il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara. L’argomento principale è la festa di Sukkot, o delle capanne, che questa domenica giunge al settimo e ultimo giorno. Un’ottima base di partenza per parlare non solo di riti, ma anche di argomenti dall’interesse contemporaneo e universale come la precarietà, il rispetto della natura e delle persone. Il tutto senza mai trascurare il discorso religioso. «Affrontare contenuti religiosi non è un compito facile, ma un museo che concentra la sua indagine sull’ebraismo non può esimersi dal farlo», spiegano i curatori. «Desideriamo comunicare questi temi con un linguaggio espositivo che mostri la loro rilevanza a tutti i tipi di pubblico».

Per rompere dunque la “barriera dell’alterità”, la mostra si propone di coinvolgere i visitatori in un percorso complesso che abbracci tutte le declinazioni possibili della festa, toccandone i temi appunto religiosi così come quelli legati alla sostenibilità ambientale e alla centralità dell’acqua. E se le capanne che le famiglie ebraiche costruiscono sul terrazzo di casa o in giardino sono una memoria della permanenza degli ebrei nel deserto dopo la fuga dall’Egitto, non va dimenticato che esse sono anche un richiamo alla precarietà della vita e che la loro stessa composizione denuncia il forte legame con i ritmi della terra.
Rispettosa dell’ambiente a partire dall’allestimento, curato dell’architetto Giulia Gallerani e realizzato per la maggior parte con il cartone a tripla onda, quindi a basso impatto ambientale e riciclabile, la mostra tocca i diversi significati della festa cercando di connettere la simbologia religiosa con temi che nella contemporaneità stanno acquistando sempre maggiore importanza. Primo elemento imprescindibile sarà dunque la natura, ben rappresentata dalle frasche che ricoprono i tetti delle capanne, ma anche dallo lulav alla base della ritualità religiosa. Palma, mirto, salice e cedro, ossia le quattro specie vegetali che formano questa particolare composizione, saranno al centro di un approfondimento sia per quanto riguarda il loro significato simbolico sia la loro provenienza. In particolare, sarà approfondita la storia degli etroghim della Riviera dei Cedri, in Calabria, dove si coltiva la varietà più pregiata di questo agrume, che storicamente sarebbe stato diffuso in zona proprio dagli ebrei.

Non mancheranno poi i riferimenti ecologici, evidenziati nella video installazione che mostra il rito di una comunità italiana durante Hoshanah Rabbah, il settimo giorno di Sukkot. Tra i suoni protagonisti, non solo quelli dei lulavim mossi durante la preghiera, ma anche quello della pioggia, che la festa riconosce come elemento essenziale. Non a caso, la sukkah deve proteggere dal sole ma lasciar passare l’acqua oltre che permettere di intravedere il cielo. A conferma dell’importanza di questo elemento naturale, dal giorno seguente a Hoshanah Rabbah la liturgia recitata in sinagoga aggiunge una formula che auspica l’arrivo della pioggia. Questi temi e riflessioni ecologiche purtroppo quanto mai attuali si intrecciano alla rappresentazione e alla spiegazione video di come deve essere costruita una sukkah. Qui l’aspetto più giocoso si guadagna il suo spazio, facendo appello alla creatività e fantasia di grandi e bambini. Tutti i visitatori saranno infatti coinvolti nella realizzazione di una loro piccola sukkah utilizzando dei mattoncini Lego messi loro a disposizione.

Tavola della Sukkah di Praglia_Credits foto di Bruno Leggieri e Francesco Mancin

Passando invece alle capanne dal punto di vista storico e tradizionale, la loro natura effimera ha impedito ai materiali che le componevano nei secoli passati di arrivare fino a noi. Smontati e riassemblati anno dopo anno, la loro fragilità ha impedito loro di sopravvivere al tempo. Proprio per questo rappresentano un caso più unico che raro i dieci pannelli di sukkot risalenti si pensa alla fine del XVIII secolo o agli inizi del XIX e conservati dagli anni Cinquanta del Novecento nell’Abbazia di Praglia, monastero benedettino immerso nella campagna padovana. Esposte per la prima volta al pubblico, le tavole lignee sono decorate con soggetti biblici e accompagnate da scritte in ebraico. Vi si vedono rappresentate festività come Pesach e la stessa Sukkot, con la costruzione di una capanna, e sono raffigurati personaggi come Abramo, Malkitzedek, Isacco e Rebecca, Giacobbe, Rachele, Giosuè, Re Davide, Mosè ed Elia.
L’esposizione, visitabile fino al 5 febbraio 2023, sarà corredata da MIX, un webtool che può funzionare sui dispositivi personali dei visitatori e che raccoglie i contenuti caricati dai curatori e dal personale del museo. Inoltre, un catalogo riunirà i contributi di esperti dedicati ai diversi temi toccati, dal significato religioso della festa ai concetti filosofici che cela in sé, dall’agronomia all’architettura, all’arte.

 

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


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