Cultura
Superman è circonciso?

Analisi del supereroe in un saggio dello studoso Roy Shwartz

Che la vera identità nascosta di Superman fosse quella ebraica lo si sospettava da tempo. E non solo perché creato a Cleveland nel 1933 da due ragazzi ebrei figli di immigrati, Jerome “Jerry” Siegel e Joseph “Joe” Shuster. Sarebbero le caratteristiche del primo supereroe della storia dei comics a determinarne il giudaismo.
Innanzi tutto, la doppia identità cui corrisponde un doppio nome, come del resto accadeva con i suoi stessi ideatori. Da una parte il timido Clark Kent, discreto e mansueto come un bravo ebreo americano si voleva che fosse. Più che assimilato, mimetizzato nel Paese che lo accoglieva. Dall’altra, il supereroe dal nome dichiaratamente ebraico Kal-El, dal significato di Voce o Vascello di Dio, figlio di Jor-El, signore del lontano pianeta di Krypton. Spedito sulla Terra dentro una navicella tanto simile alla cesta dentro cui Mosè aveva navigato lungo il Nilo, giunto a destinazione sarà poi cresciuto da una coppia di genitori adottivi. Persino la kryptonite, pietra radioattiva proveniente dal suo pianeta e suo unico punto debole, è stata letta in chiave giudaica. C’è chi l’ha vista come il simbolo della pena riservata agli ebrei assimilati che guardano alle origini, e chi come l’elemento capace di smascherare l’eroe. Un po’ come chi, convertito con la forza, veniva poi riconosciuto come cripto ebreo.

Ma non basta. Perché una volta accolta questa chiave di lettura, le avventure del Nostro acquistano secondo i critici una coerenza stupefacente. L’ultimo studioso che si è misurato con Superman si chiama Roy Shwartz, è originario di Tel Aviv, risiede a Long Island e ha dedicato sei anni e mezzo di studi e ricerche alla scrittura di un libro uscito da qualche mese negli States. Is Superman Circumcised?, questo il titolo del tomo, raccoglie in circa quattrocento pagine il risultato di una indagine quasi maniacale fatta dalla lettura non solo di ogni striscia dedicata al nostro, ma anche di quella di ogni saggio che gli è stato dedicato e dall’ascolto e visione di tutto ciò che è stato detto e filmato sull’argomento.
Come racconta lo studioso in una intervista rilasciata a Times of Israel , le sue ricerche sono partite da lontano, dai tempi dei suoi studi alla New School University di New York sul folklore ebraico e quello cristiano. Capace ormai di citare a memoria numero e annata di tutti gli episodi di Superman quasi si trattasse delle Scritture, Shwartz dice di avere passato in rassegna non solo tutti i fumetti pubblicati, ma oltre 200 fonti alternative, tra cui interviste agli stessi autori. Come quella in cui Siegel ammette di essere stato ispirato dall’ascesa del nazismo nella creazione delle sue storie, influenzate sull’altro fronte da figure della tradizione come Sansone o il Golem.

Ritenendo inevitabile l’influenza della cultura ebraica nella creazione dell’eroe, Shwartz individua un elemento giudaico anche in quello che potrebbe sembrare un semplice espediente narrativo come la trasformazione di Clark Kent in Superman. Il timido redattore non veste i panni del supereroe, ma si limita a scoprirli, visto che già li indossa sotto quelli borghesi. Un po’ come se si trattasse di un tallit, nascosto sotto gli abiti agli occhi degli estranei. Secondo l’autore, non serve scervellarsi troppo per trovare il perché di questi dettagli. È semplicemente parte della cultura dei due autori: «Siegel e Shuster hanno frequentato la scuola ebraica. A casa parlavano yiddish. È più che sufficiente per interpretarne l’arte».
Oltre a queste considerazioni, nell’intervista lo scrittore si spinge ad affermare che «il fumetto è un’invenzione ebraica. Così come l’industria che lo circonda. Il genere dei supereroi è un genere ebraico». E in un mondo come quello della Depressione prima e della Seconda Guerra Mondiale poi, in cui le altre porte erano loro chiuse, «gli ebrei con un’inclinazione artistica e intellettuale hanno portato le proprie idee in questa nuova industria». Certo, si trattava del gradino più basso e meno quotato dell’editoria dell’epoca, ma era anche un campo in cui due ventenni potevano permettersi di disegnare il proprio eroe, prendere a schiaffi Hitler in copertina o fare a pezzi i carrarmati nazisti due anni prima che gli Stati Uniti entrassero in guerra. Non a caso, tra i primi ad avere colto l’identità cripto ebraica di Clark Kent troviamo Joseph Goebbels e con lui i nazisti in genere, più veloci in questo dell’americano medio, al quale bastavano l’apparenza e i nomi yankee dei due autori e del loro eroe.
Questo, almeno, fino alla repressione dei cartoon avvenuta negli anni Cinquanta con il Codice dei Fumetti del Comitato Kefauver, che attribuiva a queste pubblicazioni la causa dell’ondata di delinquenza giovanile dell’epoca. Secondo l’autore di Is Superman Circumcised?, «proprio come la caccia alle streghe a Hollywood, la gente sapeva che si trattava di un’industria ebraica. Il risultato era che quando trovavi persone di sinistra o socialisti o comunisti o sovversivi, se erano in quel campo, erano destinati a essere ebrei. Quindi era antisemita nella pratica, anche se non nella motivazione».

Passando al presente, e alle diverse trasposizioni cinematografiche di Superman, l’esperto di comics affronta nell’intervista la possibilità che il prossimo uomo di acciaio sia interpretato da un attore nero. Pur sospendendo il giudizio in attesa di vedere il film, Shwartz si concede una riflessione su come «in un’epoca di maggiore rappresentazione e introspezione, sempre più personaggi vengono “capovolti” sia in termini di genere sia di colore della pelle. Questo è un problema solo quando è artificioso». La critica arriva quando lo scrittore nota che in questa tendenza possibilista gli unici a essere riportati agli stereotipi sono i personaggi ebrei. «Tutto il resto va avanti, tranne questa categoria che va indietro». Secondo lo studioso, al di là dei suoi poteri, «Superman “passa per bianco”, il che dimostra quanto sia artificiale tutta la struttura. Gli ebrei sono non bianchi che passano per bianchi, giusto? Per la gente che si preoccupa davvero di queste cose, noi non siamo bianchi. Hitler non controllava se pregavi con i tefillin la mattina. Quindi Superman può essere qualsiasi cosa. Dean Cain, che lo interpretava in Tv, non era completamente caucasico. Il personaggio funzionava, ma perché poteva nascondersi all’interno della cultura dominante».

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


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