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Taipei, la comunità ebraica e un giovane artista londinese

Dall’Asia una storia a lieto fine in tempi di COVID

Immaginate una festa di Purim piena di maschere, ma senza mascherine. Un seder di Pesach con così tanti invitati da dover cercare una sala che possa ospitarli tutti. Circa 200 invitati che condividono cibo ridendo e cantando: non si tratta di una cartolina dal passato ma della realtà della comunità ebraica di Taiwan.

Circa 60 membri visitano la sinagoga di Taipei ogni Shabat. Dall’inizio della pandemia il paese ha infatti registrato circa mille casi di COVID e solo dieci morti. Il successo di Taiwan nella gestione della pandemia ha permesso alla comunità non solo di continuare le attività sociali, ma anche di espandersi in numeri. Leon Fenster è il chazan della comunità di Taipei da marzo 2020 e perno di questo inatteso sviluppo. Architetto e artista londinese di base a Pechino, è stato chiamato per aiutare la comunità a rinvigorirsi:

La comunità a Taipei ha iniziato a formarsi negli anni ‘50, quando i militari americani arrivarono nel paese. Lentamente si unirono anche commercianti da tutto il mondo, soprattutto a Taipei e nei sobborghi circostanti. Il Rav Einhorn, tuttora rabbino della comunità, è stato un leader eccellente a partire dagli anni ‘70. Ora ha 102 anni e comprensibilmente negli ultimi anni non ha avuto le forze necessarie per dare vitalità alla comunità. Così mi hanno chiamato per fornirgli assistenza nella gestione.

Aggiunge, poi: “negli ultimi anni gli eventi comunitari scarseggiavano. La pandemia ha rafforzato il senso di unione. Alcune persone si sono ritrovate per caso a Taipei all’inizio della pandemia per studio o per business, per poi rimanere bloccate nel paese a causa delle restrizioni anti-Covid. Anche chi vive qui da tempo era solito viaggiare molto per affari, mentre da marzo i residenti hanno iniziato ad investire maggiore tempo nella comunità”.

Fenster è quindi alla guida di una comunità variegata, formata da membri di diverse nazionalità e con diverse tradizioni e minhagim. Come chazan è di supporto alle attività religiose, ma si occupa anche di eventi sociali mirati a rafforzare la coesione della comunità. Spiega: “è interessante essere a capo di una comunità che non può prendere nulla per scontato – dal doversi impegnare per trovare cibo kasher, le candele per l’avdalà, o un mohel. C’è uno sforzo attivo che sarebbe meno presente nelle realtà consolidate. La diversità della comunità permette anche ai membri di rafforzare la loro identità in un nuovo contesto tramite il confronto. In un nuovo ambiente, dobbiamo chiederci perché facciamo certe cose, e perché proprio in un certo modo e non dare per scontato nulla”.

Fenster è anche l’autore e illustratore di una Haggadah con didascalie in cinese, ebraico e inglese:

ogni comunità si riflette nella propria letteratura e credo possa essere uno strumento di unione.

 

 

 

Alcune immagini dell’Haggadah

E poi prosegue: “il confronto con il contesto locale è per noi importante e spunto di riflessioni. Per sukkot abbiamo costruito un lulav con delle varianti di piante native dell’isola grazie al prezioso aiuto di amici cattolici.

Micol Sonnino
collaboratrice

Micol-con-la-emme Sonnino, da pronunciare tutto d’un fiato, nasce a Roma nel 1997. Studia tutto ciò che riguarda l’Asia dell’Est all’Università di Bologna e vive tra Italia, Austria e Giappone per una magistrale in sviluppo sostenibile, con focus su sviluppo urbano e rurale. Le piace cucinare con la nonna e mangiare carciofi di stagione.


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