Cultura
Tenebre e ossa: la serie Netflix ispirata alla Grisha Trilogy

Basata sui libri dell’autrice ebrea Leigh Bardugo, la serie è ispirata ad un tempo e un luogo connessi con la storia ebraica ashkenazita

Sembra esserci più di qualche elemento ebraico in Tenebre e ossa – Shadow and Bone, la nuova serie fantasy di Netflix in streaming dal 23 aprile. E non solo perché è tratto dai libri (Grisha Trilogy) per giovani adulti di Leigh Bardugo, scrittrice americana nata a Gerusalemme da padre sefardita e madre ashkenazita. O perché uno dei suoi protagonisti è interpretato da Ben Barnes, fascinoso attore britannico di origini ebraiche già visto ne Le cronache di Narnia. Secondo un articolo pubblicato da Alma, sarebbe l’intero intreccio tra estetica e metafora storica a collegare questa nuova serie di successo agli ebrei. Oltretutto, puntualizza l’autrice del pezzo, in un genere che abitualmente pescherebbe nell’immaginario cristiano, quando non addirittura antisemita.

Qui le cose stanno diversamente, a cominciare dall’ambientazione, che abbandona la classica Europa medievale tanto amata dai narratori fantasy per trasportare lo spettatore in un mondo ispirato alla Russia del XIX secolo. E poco importa se gran parte delle scene sono girate in un ambiente sontuoso, fatto di palazzi e di bei vestiti più vicini al mondo della nobiltà tragica della Russia zarista che a quello della vita degli ebrei ashkenaziti negli shtetl, anzi. Pare che anche questo sfasamento estetico sia stato voluto dalla creatrice della saga di Grishaverse, che in una intervista del 2012 su Atlantic sosteneva di trovare «una sorta di alienazione fondamentale nel leggere la storia russa da ebreo».

È abbracciando la visione favolistica di questo mondo che la Bardugo trova una chiave per raccontare un’altra realtà, quella dei suoi eroi protagonisti, i Grisha. Apparentemente bene inseriti nell’alta società di Ravka, il mondo immaginario immerso nelle tenebre in cui si svolgono le vicende narrate, queste persone dotate di poteri speciali sembrano appartenere a una sorta di nobiltà magica. La realtà però non è così semplice né rosea.

Nella stessa intervista citata la scrittrice mette in chiaro chi siano per lei i Grisha: «Rappresentano la fiducia nel cervello ebraico che si è sviluppata prima e dopo la Seconda guerra mondiale negli Stati Uniti. Sono queste persone di grande talento che sono state tratte da tutto il mondo e cacciate dai luoghi, perseguitate, messe a morte, messe nei campi». In Shadow and Bone i Grisha sono da una parte perseguitati all’interno e oltre i confini del regno, e dall’altra sono sfruttati come la massima risorsa del paese come soldati della Seconda Armata, l’esercito di Ravka. Qui, imparano a conoscere, sviluppare e sfruttare i loro poteri sotto la guida dal generale Kirigan (interpretato da Barnes).

Lo stesso servizio di leva di questo paese, inventato ma non troppo, ricalca quello della Russia ottocentesca. Così come i magici Grisha sono costretti ad arruolarsi in giovanissima età, così sotto lo zar Nicola I gli ebrei dovevano prestare servizio per lunghissimo tempo nell’esercito a partire dai 12 anni, contro i 18 dei loro compagni non ebrei. L’obiettivo era di spingere le giovani generazioni ad assimilarsi e a convertirsi al cristianesimo. Allo stesso modo, mentre i comuni abitanti di Ravka sono arruolati nella Prima Armata quando ormai sono alle soglie della maturità, i superdotati Grisha sono costretti a prestare servizio poco più che bambini. Da qui, i continui flashback della protagonista Alina Starkov (Jessie Mei Li), orfana dotata dell’incredibile potere di generare e dominare la luce del sole, terrorizzata dagli ufficiali dell’esercito che periodicamente venivano a prelevare i bambini dotati di capacità magiche.

La Seconda Armata esisterebbe quindi per modellare questi individui, che il resto della popolazione detesta e considera con sospetto, in leali risorse per il regno. Un sistema con terribili implicazioni man mano che la storia procede.

 

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


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