Cultura
The Offering: l’horror ambientato nella comunità ebraica di Brooklyn

In Italia dal 23 febbraio la pellicola ambientata nella comunità ortodossa di Borough Park, Brooklyn, sconvolta dalla misteriosa morte di una giovane donna

L’idea che un horror chassidico possa essere realistico è quantomeno bizzarra. Eppure quando Hank Hoffman e Jonathan Yunger, autori di The Offering, sette anni fa iniziarono a ideare il loro progetto, perseguivano anche questo curioso obiettivo. Parliamo qui di un film diretto da un giovane regista non ebreo, l’inglese Oliver Park, ma scritto da un ortodosso moderno, Hoffman, che conosce a fondo la tradizione ebraica e che ha qui voluto mettere in scena non solo il proprio vissuto ma anche qualche messaggio al pubblico non ebraico. Rivolgendosi a spettatori tratti spesso in inganno da rappresentazioni cinematografiche e televisive non esattamente attente alla verosimiglianza. E spesso fonte di una visione negativa della comunità.

Nel lungometraggio, che uscirà nelle sale e nei canali di streaming statunitensi il 13 gennaio ed è previsto in Italia dal 23 febbraio, si vede la comunità ortodossa di Borough Park, Brooklyn, inizialmente sconvolta dalla misteriosa morte di una giovane donna. Tra i personaggi principali, il proprietario dell’impresa di pompe funebri ebraica Saul (Allan Corduner) e il suo rozzo e intollerante assistente Heimish (Paul Kaye), ma soprattutto il figlio di Saul, Arthur (Nick Blood), che si è sposato al di fuori della fede e che ora sta cercando di riconciliarsi con il padre e farsi aiutare a saldare i propri debiti. A rendere horrorifico il tutto c’è un demone ladro di bambini, Abyzou (protagonista dell’omonimo racconto popolare ebraico da cui prende spunto la storia), fino a quel momento trattenuto nel petto di un defunto arrivato in quei giorni nell’obitorio. Risvegliato dai maneggi di Arthur, si scaglierà proprio contro Claire (Emily Wiseman), la moglie incinta dell’uomo.

Accanto all’elemento pauroso, però, ce n’è un altro che rende curioso e se vogliamo inedito questo progetto, ed è l’attenzione per le donne. Secondo quanto riportato da Forward Hoffman e Yunger avrebbero voluto sfidare la percezione, secondo loro comune nei media, che gli uomini chassidici manchino di rispetto alle proprie mogli. Pur essendoci nella messa in scena elementi che stridono agli occhi di uno spettatore ebreo (come quello di un personaggio che indossa i tefillin il primo giorno di uno shiva), ce ne sono molti altri che concorrono alla credibilità del tutto. A cominciare dalla scelta degli attori.

L’interprete del padre di Arthur, Corduner, ha esordito nel 1983 interpretando lo studente della yeshiva Shimmele in Yentl, mentre recentemente è apparso come assistente di Lydia Tár in Tár. Nella sua lunga carriera ha spesso interpretato ebrei osservanti, come quando ha lavorato a fianco allo Shylock di Al Pacino nella trasposizione cinematografica di Michael Radford del Mercante di Venezia. Attratto da quella che ha definito la “kabbalah impazzita nella sceneggiatura” nonché dal tema del matrimonio interreligioso del figlio del suo personaggio, Corduner si fa apprezzare particolarmente quando in una scena clou del film canta Aishet Chayil, un omaggio alla donna ebrea del Libro dei Proverbi, dedicato a sua moglie.

Passando al regista, questi ha ammesso che la sua cultura è quella horror, non quella ebraica, ma che si è messo di impegno nel documentarsi. Lo ha fatto attingendo dalla cultura cinematografica, andando a riguardarsi il film espressionista tedesco Il Golem-Come venne al mondo, ma anche pittorica, prendendo ad esempio ispirazione dal Sacrificio di Isacco del Caravaggio. Vi ha poi aggiunto citazioni più moderne come quelle tratte dalle serie di videogiochi Silent Hill e dai suoi stessi incubi.

Per rendere credibile il misticismo che permea il film, la formula dell’incantesimo all’origine del dramma è stata tratta dal Talmud ma, come ha dichiarato il consulente Michael Andron, “l’abbiamo stravolta e trasformata in modo da non evocare alcun demone sul set”. L’ambientazione nel quartiere di Borough Park, la stessa di un altro horror a tema ebraico come il film The Vigil del 2019, è stata ricreata nel backlot della casa di produzione Millennium, a Sofia, in Bulgaria, durante l’apice della pandemia di Covid, con comparse bulgare vestite come ebrei ortodossi.

Hoffman, che a 18 anni aveva fatto esperienza come shomer in un obitorio ebraico di Toronto, passando intere notti da solo in compagnia dei cadaveri, e che in passato ha insegnato il Likutei Moharan, un testo centrale del movimento chassidico di Breslov a Safed, in Israele, ha fatto tutto il possibile perché il film fosse impostato sulla autenticità. Per lui e i suoi collaboratori era importante catturare un’idea generale della comunità chassidica nel tentativo di “umanizzare i chassidim per il mondo” e al tempo stesso individuare una specificità ebraica nell’horror. Sondando così questioni ben più delicate della pur accuratissima e suggestiva scelta di costumi e scenografia gotica.

Riporta sempre Forward: “La nozione di male nel cristianesimo rispetto alla nozione di male nel giudaismo è straordinariamente diversa, il che ti consente di avere storie dell’orrore straordinariamente diverse“. Nella stessa occasione Hoffman ha evidenziato come nell’esorcismo cristiano le storie diano al male la propria autonomia. Al contrario, il punto di vista ebraico sottolinea la libertà di scelta e il male sorge quando sostituiamo la volontà di Dio alla nostra: “Solo noi determiniamo quanto bene e quanto male entrano nel mondo”, ha detto Hoffman. “Se non rimaniamo all’interno del nostro circolo morale e ne usciamo, allora lo invitiamo a entrare. E il male devi nutrirlo per sostenerlo. Se smettiamo di nutrire il male, esso cessa di esistere. Noi siamo quelli che effettivamente lo nutrono”.

 

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


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