Hebraica Festività
Tu Bishvat, la storia e il simbolo

Ci vuole un albero… per fare comunità. Ma anche per fare uno Stato, per fare la storia, per curare il pianeta, per vivere meglio…

In una società in cui la tutela dell’ambiente, la sostenibilità e l’ecologia sono argomenti sempre più presenti nel dibattito mediatico e nelle agende politiche, non stupisce la progressiva centralità, negli usi e nella pratica delle comunità ebraiche, della festa di Tu Bishvat, il capodanno degli alberi. A partire dagli anni settanta del Novecento, quando ha cominciato a imporsi all’opinione pubblica la riflessione sui limiti dello sviluppo e sulle zone d’ombra della contemporaneità industriale e postindustriale, anche in ambito ebraico si sono intensificati studi e approfondimenti sul rapporto tra adam e adamà, uomo e terra. Ha mosso i primi passi l’Eco-Judaism, una corrente di ebraismo che in modi differenti vuole declinare e sviluppare la relazione uomo-ambiente.

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 Al contempo non sono state risparmiate critiche nei confronti dell’ebraismo e di altre tradizioni culturali e religiose, tra cui il cristianesimo, ritenuti da alcuni responsabili di aver impostato i rapporti tra uomo e natura nei termini di un dominio del primo sulla seconda sulla scorta di Bereshit/Genesi 1,28: “Fruttificate e crescete, riempite la terra e soggiogatela, e abbiate dominio sui pesci del mare, sugli uccelli dell’aria e su ogni essere vivente che si muove sulla terra”. Legare la vicenda di Adam nel giardino dell’Eden alla trasformazione della natura in oggetto di controllo e sfruttamento nei secoli della modernità tecnologica ha aperto a una condanna della prima, ritenuta alle origini ideologiche dei devastanti fenomeni di inquinamento e distruzione che oggi conosciamo e di fatto continuiamo a provocare. Per provare a capire perché un simile giudizio è frettoloso e ingiusto è opportuno guardare da vicino alle origini di Tu Bishvat.

La festa di Tu Bishvat viene menzionata nella Mishnà (Rosh Hashanà 2b) come uno dei quattro capodanni del calendario ebraico, quello degli alberi, da celebrare il primo giorno del mese di Shvat secondo la scuola di Shammai, il quindicesimo secondo quella di Hillel, la cui opinione ha dettato la norma. Durante Shvat, che corrisponde grosso modo a gennaio-febbraio, nella Terra di Israele comincia la fioritura degli alberi e si assiste al nuovo inizio del ciclo annuale della natura. Come ha chiarito rav Riccardo Di Segni in un intervento di alcuni anni fa, Tu Bishvat segnava la data di riferimento per il pagamento delle tasse agricole, le decime, che in una società come quella ebraica antica in cui le attività di gran lunga prevalenti erano legate alla terra significava l’inizio dell’anno fiscale. La tradizione ebraica ha poi mantenuto questa celebrazione trasformandola in una mezza festa, un giorno cioè in cui è possibile svolgere le attività lavorative da cui ci si astiene durante i giorni di festa piena ma sono vietate manifestazioni di dolore come il digiuno. Ma non si tratta di un generico “giorno degli alberi” e ancor meno di un’occasione di orgoglio green, ma di un momento del calendario ebraico che in generale valorizza la scansione del tempo e, in particolare, è essenziale per il calcolo del ciclo annuale dei frutti e dei primi anni di crescita degli alberi, durante i quali i frutti stessi non vengono consumati.

Già nel medioevo era probabilmente diffuso presso alcune comunità l’uso di mangiare a Tu Bishvat tanti generi diversi di frutta, con particolare attenzione a quelli citati nella Torà come datteri, olive, fichi, uva, melograni.

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La mistica ebraica della prima età moderna, e in particolare quella dei cabalisti riuniti a Safed nel secolo XVI, ha in seguito scelto l’albero e alcuni tipi di frutta come simboli di realtà nascoste. Attraverso l’indagine sui frutti, i colori e il rapporto tra buccia (qelippà) e polpa alcuni mistici ritenevano possibile avviare il percorso di riparazione (tikkun) del mondo in cui viviamo. Un seder, cioè un ordine di benedizioni per celebrare la festa, si è diffuso inizialmente nel mondo sefardita, tra Seicento e Settecento ampiamente influenzato dalla mistica di Safed e dal sabbatianesimo, anche grazie all’opera Chemdat Yamim, che per la prima volta nel 1732 documenta un rito vero e proprio in cui si alterna il consumo di frutta e vino a letture significative. Oggi l’uso di un seder in comunità o in famiglia è diffuso in tutto il mondo. Anche se non esiste un testo e un ordine di riferimento, come nel caso del seder di Pesach, è prassi comune mangiare frutti diversi recitando su ciascuno la specifica benedizione, bere vino accompagnandosi con canti e letture di passi biblici in cui vengono menzionati la Terra d’Israele e i suoi prodotti agricoli, approfondire aspetti legati al rapporto tra uomini e natura, a responsabilità, solidarietà sociale e rispetto della creazione.

A favorire la progressiva centralità di Tu Bishvat tra le celebrazioni del calendario ebraico è intervenuto, dagli ultimi anni del secolo XIX, il movimento sionista. A chi decideva di immigrare in una regione allora inospitale come la Palestina prima ottomana e poi mandataria ,Tu Bishvat consentiva di allacciare alla tradizione ebraica l’attaccamento alla Terra d’Israele, la bonifica e messa a coltura di aree abbandonate e semidesertiche, la vita in comunità agricole come i kibbutzim. Dai primi anni del Novecento la Federazione degli insegnanti e il Keren Kayemeth LeIsrael – Fondo nazionale ebraico – hanno cominciato un’opera di riforestazione su larga scala che ha cambiato il paesaggio geografico del paese e ha contribuito a modificare quello identitario. Piantare alberi è infatti innegabilmente non solo un modo per circondarsi di verde e vivere meglio, ma anche un efficace simbolo di radicamento in una regione contesa. Ancora oggi in Israele ogni anno in occasione di Tu Bishvat vengono messe a dimora migliaia di nuove giovani piante. Piantare un albero è un uso che si è recentemente affermato anche presso molte comunità ebraiche in tutto il mondo, un’azione che consente insieme di riflettere su quello che possiamo fare per migliorare i luoghi in cui viviamo, con benefici effetti sulla vita nostra e di chi verrà dopo di noi, e di instaurare una connessione simbolica con la Terra d’Israele.

 

Giorgio Berruto
collaboratore
Cresciuto in mezzo agli olivi nell’entroterra ligure, dopo gli studi in filosofia e editoria a Pavia vive, lavora e insegna a Torino. Ama libri (ma solo quelli belli), musei, montagne

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