Cultura
Aggressione a Lia Tagliacozzo: il cuore nero dello squadrismo digitale

Domenica scorsa, durante la presentazione del libro di Lia Tagliacozzo «La generazione del deserto», che racconta storie di ebrei e di persecuzioni, un gruppo di individui si è esibito in un esercizio di vero e proprio squadrismo virtuale

Che il web sia divenuto il terreno anche di un vecchio conflitto con nuovi strumenti, l’antisemitismo digitale, è oramai un riscontro chiaramente assodato per i social network, spesso arena di contrapposizione e palestra d’odio. Il profluvio di invettive che dalla loro nascita e diffusione si è allargato come un’inarrestabile macchia d’olio ha fatto che sì che si parli pressoché costantemente di essi come anche di un luogo virtuale dove l’emergenza democratica, quanto meno nella comunicazione, è parte dell’agenda quotidiana. Si è detto, non  a caso, che siamo dinanzi ad un fenomeno di demenza digitale. Benché il ricorso agli stessi appellativi di «demenza» e «demente» non costituisca in alcun modo un’attenuante: sono infatti non delle manifestazioni di stravagante follia ma il consapevole prosieguo di condotte il cui obiettivo è di disgregare il tessuto democratico. Il fatto che non abbiano raggiunto il proprio obiettivo dipende solo dalla risposta corale che fino ad oggi è stata data ad esse, attraverso il rinsaldamento dei vincoli democratici e la diffusione, nei limiti delle nostre capacità, di una cultura solidale e antirazzista.

Tuttavia, un orizzonte ulteriore in questa diffusa pratica dell’aggressione e della prevaricazione sono divenute adesso le piattaforme di comunicazione online, comunemente utilizzate come alternativa per gli incontri a distanza, quindi in formato remoto. Domenica scorsa, durante la presentazione del libro di Lia Tagliacozzo «La generazione del deserto», che racconta storie di ebrei e di persecuzioni, un gruppo di individui si è esibito in un esercizio di vero e proprio squadrismo virtuale. Tacitando l’autrice, nel mentre stava raccontando del suo volume e dei suoi contenuti, hanno iniziato ad urlare una serie di frasi antisemite, da «ebrei ai forni» a «vi bruceremo tutti». A tali delizie, hanno accompagnato immagini di Hitler e raffigurazioni di svastiche. L’episodio, quasi immediatamente circoscritto, controbattuto e quindi rintuzzato dagli organizzatori dell’incontro online, non ha impedito la prosecuzione dell’evento culturale ma gli ha fatto assumere una piega decisamente amara. Nei mesi trascorsi, peraltro, erano già stati denunciati altri casi similari.

Al netto delle condanne, che si impongono a prescindere da qualsiasi altra considerazione, rimane il riscontro di come si stia da tempo sviluppando uno squadrismo neofascista di impronta digitale. In tutta probabilità, ci dovremo confrontare con esso per i tempi a venire. L’esecrazione, per l’appunto, non è quindi sufficiente. In quanto, come nel caso dei conflitti fisici, quelli che contrappongono sulle piazze e nelle strade delle nostre città gli apologeti del fascismo e del nazismo al resto della collettività, il fatto che sia avvenuta una loro trasmigrazione, di contenuti così come di agitatori, è il suggello della continuità della triste tradizione antisemita. Che rinnova, se mai ce ne fosse ancora bisogno, un dato noto a chiunque la studi e si contrapponga ad essa, ovvero la sua capacità, quasi plastica, di adattarsi a culture, strumenti di comunicazione ed ambienti tra di loro anche molto diversi. Così, pertanto, nel caso dell’habitat digitale, quello della cyber-sfera.

Quindi, non basta condannare la devianza. Semmai bisogna capirne forme e contenuti, ambiti e promotori, premesse e nuovi orizzonti. Poiché l’antisemitismo non è mai fenomeno di ignoranza, non costituendo un semplice vuoto di conoscenze. Il suo manifestarsi attraverso lo squadrismo elettronico disegna piuttosto un nuovo e rilevante capitolo di un libro nero la cui scrittura si ripete ininterrottamente da un tempo oramai lontano. Giustamente, c’è chi ha fatto rilevare come le organizzazioni neofasciste e filonaziste, ben lungi dall’essere manifestazioni residuali del passato, possano invece contare su un solido radicamento nel web, sapendone usare con indiscutibile capacità sia contenuti che criteri di comunicazione. Esercitandosi inoltre nel reclutamento così come nell’affiliazione di nuovi aderenti, al pari della diffusione dei tradizionali motivi antidemocratici e fascisti. Esistono piattaforme virtuali e competenze operative che si legano e si coniugano all’azione in presenza, quella altrimenti tradizionalmente ascritta alle organizzazioni che si muovono nello spazio fisico delle città. Il fenomeno non segnala esclusivamente un adattamento alle condizioni prevalenti della comunicazione smaterializzata bensì un mutamento di registro, di stili e di forme della politica dell’odio.

I soloni minimizzatori del “non c’è più”, da tempo si affaticavano nel celebrare la presunta irrilevanza dell’antisemitismo classico e, con esso, del neofascismo. In realtà, l’uno e l’altro hanno cambiato pelle, così come fanno alcuni animali con il ripetersi delle stagioni, per meglio interagire con l’ambiente circostante. Rimangono gli estremi radicalizzati di un solido corpaccione, intimamente sconcio, che alligna e abita nelle nostre società, laddove i sentimenti si trasformano da subito in risentimenti, i timori prendono la forma di paure che richiamano la presunta liceità dell’aggressione, la diffidenza si fa avversione, la prevaricazione si trasforma in moneta sonante dei rapporti sociali. L’antisemitismo è sempre stato il vettore del disfacimento delle comunità democratiche. Quanto meno nell’età contemporanea. Cosa possa esserci, in tutto ciò, di residuale, soprattutto dal momento che le nostre società stanno vivendo le tensioni di un mutamento dai tratti non ancora chiari, con la crisi di una parte dei vecchi ordinamenti politici ed istituzionali, è questione che dovrebbe essere del tutto accantonata.

Evitando, per l’appunto, le condanne rituali e ponendosi, invece, l’urgenza di un intervento sia culturale che politico, posto che l’arginamento e il contrasto delle intenzioni eversive che sono il vero cuore nero di ogni fascismo, e con esso dei razzismi e dell’antisemitismo, è un orizzonte che ci chiama in causa tutti. Posto che dietro i distinguo e le incertezze non si celino, invece, inconfessabili compiacenze. Come parrebbe stia succedendo tra una parte degli italiani. Non solo quelli che usano il web per scatenare le loro tempeste pulsionali. Spesso l’indecenza veste infatti gli abiti del conformismo e dell’acquiescenza, laddove gli squadristi si incaricano da sempre, quindi tanto nel passato così come nel presente, di fare solo una parte del lavoro, quella più sporca, nel mentre una folla di astanti li osserva oscenamente gratificata nel suo intimo.

 

 

 

 

Claudio Vercelli
collaboratore

Torinese del 1964, è uno storico contemporaneista di relazioni internazionali, saggista e giornalista. Specializzato nello studio della Shoah e del negazionismo (suo il libro Il negazionismo. Storia di una menzogna), è esperto di storia dello stato di Israele e del conflitto arabo-israeliano.


2 Commenti:

  1. Ogni popolo deve sopravvivere in modo giusto ed equilibrato e confrontarsi con altri. ( esempio : i premi Nobel …) All’onu ci vuole piu democrazia e la maggioranza e la minoranza devono rispettarsi di piu. D.S.


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