Cultura
Firenze ricorda Amelia Pincherle Rosselli

Una zona pedonale del capoluogo toscano ricorda l’intellettuale antifascista

In questi giorni a Firenze è stata intitolata un’area pedonale a Porta al Prato in onore di Amelia Pincherle Rosselli. Un atto doveroso – forse tardivo – di riconoscimento del suo straordinario contributo alla storia e alla cultura italiana, un gesto che vuole sottolineare a livello generale l’importanza di mettere in evidenza il ruolo delle donne nella lotta per la libertà e la democrazia. Ma l’eredità specifica lasciata da Amelia andrebbe studiata e conosciuta a parte. Vive attraverso le sue opere, la sua passione e il suo esempio di determinazione e coraggio.

Amelia Pincherle Rosselli è stata una figura straordinaria nella vita intellettuale del XX secolo nel nostro paese, con un impegno eccezionale sia come scrittrice che come antifascista. Nata a Venezia da una famiglia ebraica con profonde radici risorgimentali, crebbe immersa in un contesto familiare intriso di ideali patriottici e di libertà. Il suo matrimonio con Giuseppe Emanuele Rosselli, appartenente a una famiglia legata a Mazzini e coinvolta nelle lotte per l’unità e l’indipendenza, amplificò la sua attività politica e sociale. Come drammaturga (la prima in Italia!), traduttrice e militante nel movimento emergente delle donne, contribuì in modo significativo alla cultura italiana, sottolineando sempre, sia attraverso la scrittura, sia con l’agire, tematiche legate ai valori di giustizia e uguaglianza.

Dal 1909 fu vicepresidente della sezione letteratura del Lyceum, un’importante istituzione femminile a Firenze. In qualità di direttrice, si impegnò attivamente a promuovere l’istruzione offrendo alle donne l’opportunità di accedere a una formazione di qualità e di sviluppare le proprie capacità intellettuali in un contesto tradizionalmente dominato dagli uomini. Propose ad esempio la creazione di una Biblioteca circolante per le maestre rurali, un progetto che si realizzò nel 1913 quando divenne presidentessa. In quegli anni strinse legami forti con altre figure importanti come Laura Orvieto, Giovanni Papini, Benedetto Croce e con riviste e varie case editrici, ad esempio Le Monnier, presso la quale pubblicò racconti per ragazzi.

Come scrittrice, Amelia affrontò una vasta gamma di generi letterari, dalla poesia alla prosa. La raccolta “Salmi e inni” del 1903 contiene una serie di poesie religiose e spirituali, “Poesie” del 1915 tratta temi vari come la natura, l’amore ma anche questioni sociali, mentre la successiva “Liriche” del 1929 mostra lo sviluppo di uno stile ormai maturo e introspettivo. Le sue opere teatrali (come “Anima”, che metteva in discussione l’importanza dell’integrità fisica rispetto a quella morale  e “Illusione” che ha per protagonista un personaggio femminile stretto nei pregiudizi maschilisti del suo tempo) inquadrano questioni cruciali della società contemporanea, dinamiche e relazioni familiari, portando allo scoperto le ingiustizie e le discriminazioni presenti nel quotidiano, invitando il pubblico a interrogarsi sulle proprie convinzioni. La summa della sua opera è forse il dramma storico “Emma Liona”. Protagonista è Amy Lyon, moglie dell’ambasciatore inglese a Napoli e amante dell’Ammiraglio Nelson. Il testo racconta il suo percorso da donna musa di artisti e pensatori fino all’autodistruzione nei massacri e nella repressione della rivoluzione napoletana. Fu anche l’ultima opera che Amelia potè scrivere e pubblicare prima dell’avvento del fascismo.

In sintesi, la Rosselli emerge come una figura poliedrica e multiforme nel panorama italiano del XX secolo. Pur essendo stata a lungo oscurata dalla storia, la sua opera sta ricominciando ad essere rivalutata e conosciuta. Ed è ingiusto considerarla soltanto la sorella del padre di Alberto Moravia, la nonna dell’omonima poetessa o la madre di tre eroici figli uccisi, che pure appresero da lei l’importanza di parole come integrità e senso del dovere, modelli per i quali diedero la vita.
Impegnati fin da giovani nella lotta contro il regime, Carlo e Nello (“Carlo è più passionale e dinamico, Nello più riflessivo e interiore” scrisse con fine acutezza psicologica in un carteggio con Gaetano Salvemini, pubblicato in Italia con il titolo “Non ci è lecito mollare” casa editrice Effigi) infatti furono assassinati in Francia nel 1937 da un’organizzazione terroristica di estrema destra, mentre Aldo cadde combattendo contro gli austriaci durante la prima guerra mondiale (in un primo tempo Amelia stessa era un’interventista). Mantenne sempre saldo il suo impegno antifascista e la sua fede. Aprì la casa a Carlo Levi e Pietro Calamandrei, tenne testa agli interrogatori, andò a trovare i figli al confino e dopo la tragedia, guidò le vedove e i nipoti attraverso un lungo esilio che li portò dalla Svizzera agli Stati Uniti, continuando a essere un faro di coraggio per coloro che si battevano per la democrazia. Entrò con la nuora Marion nella Women’s Division della Mazzini Society e divenne presidentessa del Committee for relief to victism of Nazi-Fascism in Italy. La raggiunsero negli anni molti fuoriusciti, tra i quali lo stesso Salvemini, che Amelia aiutò per i loro scritti sulle figure dei fratelli Rosselli. Tornata in Italia nel 1946 morì a Firenze il 26 dicembre 1954.
Se vi capita di passare a Firenze nella piazza a lei intitolata o se vi capita di leggere il suo nome, non ricordatela solo come “la madre dei Rosselli” ma come una pensatrice acuta, un’ intellettuale lucida. Come una delle prime femministe italiane.

 

 

Laura Forti
collaboratrice
Laura Forti, scrittrice e drammaturga, è una delle autrici italiane più rappresentate all’estero. Insegna scrittura teatrale e auto­biografica e collabora come giornalista con radio e riviste nazionali e internazionali. In ambito editoriale, ha tradotto per Einaudi I cannibali e Mein Kampf di George Tabori. Con La Giuntina ha pubblicato L’acrobata e Forse mio padre, romanzo vincitore del Premio Mondello Opera Italiana, Super Mondello e Mondello Giovani 2021. Con Guanda nel 2022 pubblica Una casa in fiamme.

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