Cultura
La rassegna stampa di JoiMag #5

Una breve selezione di articoli dalla stampa internazionale

Una selezione di articoli che stimolano la riflessione, invitano al dibattito e parlano di storia, cultura, entertainment ed attualità. Da leggere e magari commentare su queste pagine: ci piace sempre conoscere la vostra opinione.

Catch 22: perché la serie tv non rende giustizia al romanzo-capolavoro 

La serie televisiva Catch 22 (in onda su Sky) non rende giustizia al romanzo capolavoro di Joseph Heller: è questo quel che sostiene PJ Grisar su forward.com. “Tutto si riduce a un grido”, scrive “quando nelle prime scene il capitano John Yossarian (Christopher Abbott), completamente nudo e con alle sue spalle un bombardiere B-25 in fiamme, guarda in camera e lancia un urlo primordiale. Ecco, quella scena e la serie nel suo complesso riducono la critica di Heller alla seconda Guerra Mondiale e alla burocrazia disumanizzante e priva di senso delle istituzioni militari ad una generica angoscia sul costo umano della guerra”.

Ma che cosa racconta esattamente il libro di Heller? Il romanzo, basato su esperienze personali dello stesso Heller, aviatore durante la Seconda Guerra mondiale, è ambientato in Italia. Al centro della vicenda, un reparto di aviatori che esegue pericolose missioni di bombardamento. Maggiore è il numero di missioni eseguite, maggiore la probabilità di essere feriti o uccisi. E maggiore lo stress psicologico cui vengono sottoposti i membri del reparto, come il capitano Yossarian terrorizzato all’idea che il numero delle missioni continui ad aumentare. I timori di Yossarian non sono infondati: il numero di missioni aumenta effettivamente più volte nel corso del romanzo, a causa dell’ambizione e del cinismo del comandante dello stormo, il colonnello Cathcart. Ecco perché Yossarian inizia ad avere comportamenti bizzarri e insensati nella speranza di essere diagnosticato pazzo e quindi inabile al volo. Il tutto raccontato rigorosamente in ordine non cronologico, in modo da costringere il lettore a saltare da una vicenda all’altra in un mondo singolare e folle popolato da personaggi strambi.
“La serie, sceneggiata da Luke Davies e David Michôd, e diretta da George Clooney snellisce le libere associazioni del romanzo comprimendole in un improbabile ordine cronologico, spiega Pj Grisar. “Il libro di Heller è una meditazione sulla follia della guerra, la serie parla solo una parte di quella follia ed è la meno interessante. Chiunque può dirti che la guerra è cattiva e che uccidersi a vicenda è, nella sua essenza, illogico. Ma Heller ci ha detto qualcosa di più avvincente, e cioè che i generali si preoccupano più delle pubbliche relazioni che della perdita degli uomini”.

 

Bye Theresa, amica della comunità ebraica

Un ricordo dei rapporti tra la premier inglese dimissionaria, Theresa May, e la comunità ebraica è il tema del blog di timeofisrael.com curato da Russell Langer. La May, sostiene Langer “dovrebbe anche essere ricordata per i suoi rapporti positivi con la comunità ebraica. Basti dire che mentre stava  affrontando un voto di sfiducia dai suoi parlamentari, si è presentata per tenere un discorso alla Sara Conference sull’antisemitismo e la misoginia”.

Non solo: May ha anche previsto una sovvenzione annuale di 13 milioni di sterline per la sicurezza della comunità ebraica, una cifra portata a 14 milioni nel 2019. “Thresa May”, conclude Langer, ha combattuto l’antisemitismo sia in Inghilterra, sia fuori, ed è stata una buona amica dello Stato di Israele. Gli storici discuteranno della sua eredità sulla Brexit, ma i suoi meriti nel sostenere la comunità ebraica non sono in discussione”.

 

Un giorno, quattro svastiche

Un’ordinaria giornata di folle antisemitismo. Questo racconta Forward.com prendendo in considerazione un mercoledì qualsiasi di una settimana qualsiasi negli Stati Uniti. Quattro luoghi e quattro svastiche, la prima quella trovata sul portone d’ingresso della della JCC Brooklyn Clinton Hill, una struttura che che offre servizi di asilo nido, scuola materna, doposcuola e campi estivi. Niente di nuovo: da tempo a Brooklyn, soprattutto gli ebrei ortodossi, sono nel mirino dei gruppi più intolleranti e antisemiti.
A Newton, nel Massachusetts, dove è presente una forte comunità ebraica,  uno studente della F.A. Day Middle School ha trovato una svastica e varie minacce sul banco di scuola, mentre A San Marcos, in California, la polizia sta svolgendo indagini per una svastica disegnata su un cartello stradale all’esterno della casa di riposo Brookdale Senior Living.  A San Francisco, invece, una svastica e una stella di Davide attraversata dalla scritta ‘Free Palestine’ sono state trovate nel bagno di una scuola. Solo quattro dei tanti atti di provocazione e vandalismo che ogni giorno affliggono la comunità ebraica in America. Ma chi sono gli esecutori materiali? il direttore della Anti-defamation League, Oren Segal, sostiene che dietro questi attacchi, circa 1.900 nel 2018, ci siano, nella stragrande maggioranza dei casi, gli atti individuai di americani medi che non sono affiliati o iscritti a gruppi razzisti o di estrema destra. La banalità del male…

Una storia di odio e fumetti

Molto interessante la storia raccontata da Ari Hoffman, laureato in letteratura inglese a Harvard, su Mosaic Magazine: “Durante la settimana dedicata alla Palestina presso la Stanford University, in California, il fumettista ebreo Eli Valley avrebbe dovuto tenere un discorso. Il suo lavoro, con immagini che ritraggono nel modo più osceno gli ebrei di cui disprezza la politica, e non ebrei come Meghan McCain che sostengono gli ebrei, era stato esposto in tutto il campus. Osservati i fumetti e le caricature, Hoffman ha deciso di prendere posizione scrivendo una lettera pubblica:  “Il lavoro di Valley è rude e disgustoso, e il suo incessante ricorso all’immaginario nazista è caricaturale. Sono così disgustosi i cartoni di Valley che anche i sostenitori delle sue opinioni, Studenti per la giustizia in Palestina (SJP) e Jewish Voice for Peace (JVP), si sono scusati con la comunità ebraica per averli diffusi”. Una posizione, quella di Hoffman, che l’ha messo al centro di una campagna di diffamazione su Twitter, che gli è costata anche l’amicizia di alcuni amici ebrei e che lo ha portato a fare una serie di considerazioni. A cominciare da questa:  “Non si può sfuggire all’odio se si scrive qualcosa di positivo sugli ebrei e su Israele, si sarà soggetti all’odio. Sarà un odio sul piano generale e poi personale. Quindi, occorre esprimere tutto il dissenso verso coloro che meritano di essere confutati, inclusi gli ebrei, che sono spesso la fonte dell’odio più violento. Non lasciatevi sorprendere da questo aspetto e sappiate che proprio per questa ragione la posta in gioco è alta”.

Gianni Poglio

Giornalista, autore, critico musicale. Dopo numerose esperienze radiofoniche e televisive, ha fatto parte della redazione del mensile Tutto Musica e del settimanale Panorama (Mondadori). Conduttore dii talk show per Panorama d’Italia Tour, con interviste “live” ai protagonisti della musica italiana e di dibattiti tra scienza ed intrattenimento nell’ambito di Focus Live, ha pubblicato per Electa Mondadori il libro “Ferdinando Arno Entrainment”


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