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Madrid: storie ebraiche antiche e nuove

Viaggio nella città spagnola, tra il suo passato e il prossimo futuro

La storia ebraica di Madrid è la storia di una ricostruzione. Di sicuro, lo è quella più recente. L’epoca attuale, iniziata nel 1978, è considerata il più lungo periodo di libertà mai vissuto in Spagna di piena libertà religiosa e uguaglianza per tutti i cittadini. Un dato che la dice lunga sul dramma vissuto da un popolo presente in questo Paese almeno dal IX secolo (se non, come ritengono alcuni storici, addirittura dal III) e che i primi documenti attestano al 1053.
Ben prima della famigerata data del 1492 e dell’espulsione imposta dai sovrani Isabella di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona, gli ebrei di Spagna erano stati oggetto di discriminazione quando non di persecuzione. Limitando l’attenzione alla capitale, e basandosi sui pochissimi documenti storici e archeologici disponibili, si può supporre che gli ebrei medievali, pur dispersi un po’ in tutta la città, si concentrassero in quella che convenzionalmente viene indicata come la vecchia juderia, nei pressi della Cattedrale dell’Almudena, in pieno centro cittadino. Si trattava di una sistemazione a modo sua privilegiata, dentro le mura, favorita in origine dal governo musulmano che, pur considerando gli ebrei cittadini di seconda classe, ne apprezzavano comunque i servizi finanziari e le competenze linguistiche.

Dopo lo scoppio della Peste Nera, 300 anni dopo, gli ebrei si sarebbero trasferiti nella cosiddetta nuova juderia, accanto a quella che è oggi la Plaza de la Armeria. Si ritiene che all’epoca il quartiere contasse una ventina di case e una sinagoga e che si estendesse su sei isolati. Prima, tra il XIII e il XIV secolo, la popolazione aveva prosperato, ma con la sua fortuna era cresciuto anche il sentimento antisemita. Il 1391 è tristemente ricordato come l’anno dell’eccidio che costò la vita, si stima, a circa 50mila persone in tutto il paese, costringendo i sopravvissuti di Madrid a fuggire a Toledo, a trasferirsi fuori dalle mura della città o a convertirsi al cristianesimo. Un decennio prima del Decreto dell’Alhambra, nel 1481, la città contava così appena 200 persone di fede ebraica. Da quella data in poi, gli ebrei rimasti avrebbero subito le persecuzioni degli inquisitori, i processi e le conversioni forzate, scomparendo, almeno ufficialmente, per i successivi quattro secoli.

Questo rapido excursus storico può far capire quanto sia difficile oggi individuare tracce del passato ebraico madrileno e come in mancanza di prove materiali nell’architettura urbana si sia costretti ad affidarsi a deduzioni e a supposizioni. Una di queste, piuttosto contestata, vorrebbe che un quartiere ebraico medievale si trovasse in quello noto come Lavapiés, conosciuto come uno dei più multietnici della città, caratterizzato da vie acciottolate e labirintiche e oggi ritenuto tra i più alla moda di Madrid. Qui vi sarebbero stati ritrovati i resti di un antico cimitero e supposta l’esistenza di una sinagoga, ricordata, si dice, nell’antico nome di una via, oggi conosciuta come Calle de la Fe. Plaza de Lavapiés, che dà il nome al quartiere, sarebbe invece così chiamata per una fontana alla quale gli ebrei si lavavano i piedi prima delle funzioni religiose. Chi si oppone a questa teoria ricorda che la pratica della lavanda dei piedi non sia una specificità ebraica e che la collocazione fuori dalle mura arabe non sarebbe stata favorevole a una comunità bisognosa di protezione. Questo, almeno, fino all’espulsione. Una possibile spiegazione alla credenza che a Lavapiés vivessero gli ebrei è che qui in effetti si fossero rifugiati i conversos, quanti cioè avevano subito la conversione forzata per sfuggire all’Inquisizione e alla cacciata del 1492. Rimasti intimamente ebrei, e temendo di essere smascherati dai vicini cristiani, avrebbero preferito riunirsi in una zona periferica, lontani da chi avrebbe potuto denunciarli.

Quanto riportato è comunque ancora oggetto di dibattito. Per trovare informazioni certe è necessario fare un salto di quasi quattrocento anni. Giungendo a una storia moderna che per diversi decenni non è stata però ancora di piena libertà. È intorno alla metà dell’Ottocento, infatti, che i primi ebrei tornarono a risiedere a Madrid. Provenivano perlopiù dall’Europa occidentale e costituivano una presenza frammentata e occasionale. Si trattava principalmente di negozianti e di banchieri che, tra le altre attività, furono coinvolti nella creazione delle ferrovie. Tra i notabili emerge il nome dei Bauer, imparentati con i Rothschild e rappresentanti della loro banca. Prova della presenza di questa famiglia a partire dalla seconda metà del secolo la si trova nel Cimitero degli Inglesi, nel distretto di Carabanchel, in calle Comandante Fontanes, 7. In assenza di un cimitero ebraico, era qui che nei primi del Novecento gli ebrei di Madrid potevano seppellire i propri cari. Ed è qui che oggi si può riconoscere in un mausoleo arricchito da iscrizione ebraiche e costruito senza l’impiego di malta la tomba di famiglia dei Bauer. Opera di opera di Fernando Arbós y Tremanti, il monumento è un chiaro segno dell’importanza di questi ebrei di origini ungheresi, ricordati anche per essere stati proprietari di un palazzo in calle de San Bernardo, noto appunto come Palacio Bauer e oggi sede della Scuola Superiore di Canto, e del Parque del Capricho nella tenuta Alameda de Osuna. Sempre nello stesso cimitero, dove venivano sepolte le persone di religione non cattolica, si trova un’altra trentina di tombe ebraiche, testimonianza della neonata comunità novecentesca.

Fondata nel 1917, l’attuale Comunità Ebraica di Madrid ebbe come suo primo presidente proprio Ignatio Bauer e vide tra i suoi membri molti profughi rifugiatisi nella capitale allo scoppio della prima guerra mondiale. Tra questi si ricordano il leader sionista Max Nordau e Abraham Shalom Yahuda, allora professore di ebraico all’Università Centrale di Madrid (oggi Complutense), entrambi tra i promotori della nuova Comunità. I primi statuti ufficiali di questa sarebbero stati redatti nel 1920, ma già nel 1917 era stata inaugurata una sinagoga, la Midrás Abarbanel, la prima dall’epoca dell’espulsione. Il tempio, ricordata oggi da una targa apposta in via Príncipe nel 2012, sarebbe stato chiuso nel 1938 a causa della guerra civile e i suoi oggetti cerimoniali furono trasferiti al Museo Provinciale di Murcia. Da quel momento e per quasi un decennio gli ebrei di Madrid non avrebbero più avuto una comunità e non ci sarebbe più stata alcuna forma di vita pubblica ebraica.
La rifondazione della Comunità è datata 1947, seguita due anni dopo dall’inaugurazione della sinagoga, l’Oratorio Lawenda in Calle Cardenal Cisneros e, dieci anni dopo, dal trasferimento in una nuova sinagoga, la Betzión in calle Pizarro. Con l’arrivo degli ebrei provenienti dall’ex protettorato spagnolo di Marocco e Tangeri la comunità tra gli anni Cinquanta e Sessanta avrebbe raggiunto numeri sempre più alti, incrementati dagli ebrei fuggiti in Spagna dall’Argentina a partire dal 1976, in seguito al colpo di stato militare. La promulgazione della democrazia nel 1978, accanto al consolidamento delle istituzioni delle comunità ebraiche a Madrid e in altre città della Spagna, ha reso possibile l’accordo della Federazione delle Comunità Israelitiche di Spagna con lo Stato spagnolo così come gli accordi della Comunità Ebraica di Madrid con la Comunità Autonoma di Madrid, al cui interno rappresenta oggi la principale istituzione ebraica.

Parlando finalmente al presente, la Comunidad Judía de Madrid ha oggi sede in calle Balmes 3, nel quartiere di Chamberí, in una costruzione che ospita anche la sinagoga Beth Yaakov. Inaugurata il 16 dicembre nel 1968, questa offre una sala di preghiera di oltre 500 posti decorata con copie delle iscrizioni della sinagoga Transito di Toledo. Nello stesso edificio si accede anche al Centro visitatori. Prenotandosi all’indirizzo info@cjmadrid.org vi si può visitare una mostra permanente che attraverso fotografie, immagini,elementi grafici e oggetti rituali racconta la storia della vita ebraica a Madrid, dai suoi inizi ai giorni nostri. Oltre a ripercorrere il passato, si potrà così conoscere il presente degli ebrei madrileni, il cui numero è stimato intorno ai 15mila, un terzo dei quali ufficiali. In larga parte di origine nordafricana, possono affidarsi insieme ai correligionari giunti da ogni parte del mondo a una rete di accoglienza che comprende tra gli altri un buon numero di ristoranti e di rivenditori kosher, tutti puntualmente segnati sul sito della Comunità.

Gli ebrei residenti possono inoltre contare su un’ampia gamma di attività religiose, educative, sociali e culturali rivolte a tutte le generazioni, dalla prima infanzia alla terza età. Accanto ai corsi del Centro Ibn Gabirol – Scuola Estrella Toledano, la scuola ebraica per bambini e giovani dai 3 ai 18 anni, la Comunità propone anche un fitto programma di iniziative per i giovani coordinate da un apposito dipartimento teso a rinforzarne l’identità ebraica e a formare, grazie al corso Madrijim, i futuri educatori. Tra gli altri, il gruppo 18PLUS si occupa dell’organizzazione di attività integrative e culturali per i giovani dai 18 ai 35 anni organizzando serate, spettacoli e viaggi. 
Restando in ambito culturale, locali e turisti possono rivolgersi anche al Centro Sefarad-Israel in Calle Mayor 69. Ospitato nel monumentale Palacio de Cañete, il centro è stato fondato il 18 dicembre 2006 grazie a un accordo tra il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione e l’Agenzia Spagnola per la Cooperazione Internazionale (AECI), la Comunità di Madrid e il Municipio di Madrid. Spazio comune e luogo di incontro per le comunità e le organizzazioni ebraiche in Spagna e in tutto il mondo, è sede di interessanti eventi come mostre, cicli di conferenze e spettacoli teatrali.

Passando al futuro, la città potrebbe presto ospitare il primo grande museo ebraico della Spagna e della Penisola Iberica. Fortissimamente voluto da David Hatchwell Altaras, già presidente della Comunità Ebraica di Madrid dal 2011 al 2017 e ora alla guida della Fundacion HispanoJudia, organizzazione no profit che promuove il patrimonio e la cultura ebraica, il progetto è nell’aria almeno dal 2016. Risale però solo alla scorsa estate la notizia, riportata da Times of Israel, della firma del contratto di locazione per i prossimi vent’anni dei locali che lo ospiteranno. Il Museo Ispano-Ebraico di Madrid occuperà gli spazi della ex sede della metropolitana in calle Castello 21, nel quartiere di Salamanca, circa 2mila metri quadri completamente da ristrutturare. Teso a mettere in luce il contributo che il patrimonio sefardita ha dato alla cultura spagnola e, per estensione, all’intero mondo di lingua spagnola, il progetto si propone di eguagliare per importanza analoghe istituzioni già presenti in città come Parigi, Amsterdam e Berlino. E che la Spagna, prima per mancanza di libertà e in seguito per carenza di mezzi economici, non si era ancora permessa di avere.

 

 

 

 

 

 

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


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