Cultura
Naomi Alderman e le sue “Ragazze elettriche”

Analisi di una serie dal cast stellare (e di altre opere dell’autrice)

«È molto simpatica». Questa è la frase che ricorre più spesso in chi l’ha incontrata. Naomi Alderman non se la tira. È gioviale, ironica, ride spesso, si racconta con generosità. Confessa di passare metà della giornata a scrivere e l’altra a giocare ai videogames  Eppure potrebbe benissimo darsi delle arie.

Ha scritto due bestseller che hanno dato vita a due riuscite trasposizioni sullo schermo. Prima Disobedience, la storia d’amore tra due donne ambientata a Londra a casa di un rabbino ortodosso, una prospettiva che gettava uno sguardo originale e intenso su un mondo nascosto – da cui venne tratto un film con Rachel Weisz. E poi il romanzo The Power, arrivato da noi nel 2017 per le edizioni Nottetempo e adesso acclamata serie con un cast stellare in cui spicca Toni Collette, in italiano Ragazze elettriche. Dopo una mutazione genetica le donne hanno acquisito il potere di inviare scariche di elettricità agli uomini. Quella che inizia come una fantasia diventa un interrogarsi sul senso del potere e che cosa produce nelle persone che ce l’hanno. Se le donne avessero davvero il potere di fare male fisico rimarrebbero così gentili, carine, e amorevoli?

Quattro personaggi femminili  ci guidano in scenari diversi socialmente, culturalmente e ci mostrano come la scintilla  presto degeneri in desiderio di sopraffazione. C’è Allie che nasconde dietro il mutismo selettivo la rabbia per un abuso subito, Tatiana sposata a un uomo politico e insofferente al ruolo di “moglie di”, Roxy figlia illegittima di un gangster londinese e Margot sindaca di Seattle alle prese con una figlia ribelle. Sembrerebbe una serie fantasy e forse qualche difetto ce l’ha. Eppure va a toccare dei temi importanti e non è un caso che Margaret Atwood sia stata scelta da Alderman come mentore e consigliera per il romanzo.

Ci si potrebbe chiedere che cosa hanno in comune opere in apparenza così distanti. Se le guardiamo da vicino sono molto ebraiche! La prima, Disobedience, non solo per l’argomento ma anche perché ha segnato un passo importante nella vita dell’autrice: il suo coming out come donna gay e la fine della sua ortodossia (viene infatti da un contesto di questo tipo e il libro è stato accolto con molte critiche negli ambienti ultra osservanti), il suo interrogarsi sul ruolo della donna in ambito religioso, rispetto a un maschile che schiaccia e comprime. La seconda opera sembra un approfondimento in chiave sociale. Quanto il potere cambia gli esseri umani? Cosa ti trattiene dal diventare un nazista o comunque dallo “sporcarti” con compromessi, come avviene al personaggio interpretato dalla Collette che parte come grande idealista e finisce per oltrepassare passo dopo passo i confini della sua morale? Il rabbino Hillel – cita Alderman – sosteneva: «Dove non ci sono uomini, sforzati di essere un uomo. Non seguire mai una moltitudine che fa del male». Per l’autrice ci sono dei valori che vengono dal suo retaggio  che considera interessante condividere con il mondo: la lotta per la giustizia, il non dare importanza all’apparenza ma all’essenza, la capacità di convivere pacificamente in una comunità. Ma ci sono anche un sacco di cose inutili che dovrebbero essere reinterpretate alla luce della modernità e del femminismo: «Allo stesso modo in cui le persone inventano un eruv per portare le loro chiavi, sicuramente possono aggiornare delle regole quando si tratta delle donne».  E anche altre opere forse minori  come ad esempio The Liar’s Gospel,  dove immagina una vita alternativa di Cristo che potrebbe come non potrebbe fare miracoli autentici, ci fanno capire che il suo percorso è improntato al bisogno continuo di farsi delle domande non prendendo la verità cone unica, alla continua rielaborazione della propria memoria e delle proprie radici culturali e religiose. In questo caso ha fatto pace con il cristianesimo che per anni ha avvertito come opprimente nei confronti del suo essere ebrea. «Ora sento Gesù come un amico. Non gli ho permesso l’accesso al mio cuore: solo al mio salotto».

Laura Forti
collaboratrice
Laura Forti, scrittrice e drammaturga, è una delle autrici italiane più rappresentate all’estero. Insegna scrittura teatrale e auto­biografica e collabora come giornalista con radio e riviste nazionali e internazionali. In ambito editoriale, ha tradotto per Einaudi I cannibali e Mein Kampf di George Tabori. Con La Giuntina ha pubblicato L’acrobata e Forse mio padre, romanzo vincitore del Premio Mondello Opera Italiana, Super Mondello e Mondello Giovani 2021. Con Guanda nel 2022 pubblica Una casa in fiamme.

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