Israele
Noa Klagsbald, l’artista che narra i conflitti sociali e politici attraverso il calcio

Attraverso la squadra emblematica della città di Lod l’artista racconta le mille contraddizioni della società israeliana contemporanea

La Via del Capitano è una sorta di Via Dolorosa che rappresenta il percorso, sia atletico che spirituale, dell’ex capitano della squadra di Lod: “Con questa video-art performativa ho voluto concludere, almeno per ora, la mia investigazione sul conflitto interno alla società israeliana, esploso nel 2021”.
Con queste parole Noa Klagsbald, classe 1992, fa riferimento alla guerriglia interna che nel 2021, parallelamente al conflitto in corso tra Israele e Gaza, aveva devastato le principali città miste israeliane, note, finoa quel momento, per la loro grande capacità di convivenza. Tra queste, in particolare, si erano registrati drammatici casi di violenza nella città di Lod, conosciuta anche per la sua squadra di calcio, l’Hapoel Bnei Lod, composta da giocatori sia ebrei sia musulmani, abituati a giocare assieme e a vivere fianco a fianco, nel corso della vita quotidiana.

Autoritratto, Goal, 2022

Da qui l’idea di Noa di seguirli, a partire dagli spogliatoi, per cercare di capire il loro punto di vista: analizzare un micro-cosmo della società israeliana per meglio comprendere il macro-cosmo di un intero Paese.
Il calcio è sempre stato parte integrante della vita della Klagsbald. Guardare il calcio era una tradizione di famiglia e si ricorda ancora oggi di essere andata alla sua prima partita dell’Hapoel Tel Aviv al Bloomfield Stadium quando aveva solo sei anni, e di aver scoperto lì, per la prima volta, “quell’ondata di adrenalina unica che avverti quando entri in uno stadio”.
Non sorprende che il progetto artistico avviato con i giocatori dell’Hapoel Bnei Lod faccia parte di un progetto più ampio chiamato Goal. Infatti, non è la prima volta che la Klagsbald utilizza immagini del mondo del pallone per affrontare questioni più ampie, non solo di etnia ma anche di genere.
“I principi sostenuti nello sport si fondono in modo simmetrico con quelli dell’arte” ci spiega Noa.

I suoi progetti precedenti, per esempio, hanno esplorato i temi del genere e delle dinamiche di potere attraverso lo sport: “Il progetto Goal ruota attorno al concetto di unità, dell’essere parte di qualcosa di più grande e della possibilità di convivenza”.
Con la sua macchina fotografica, la Klagsbald ha dunque cercato di far luce sulle intricate strutture sociali delle città miste di Israele, proprio attraverso l’angolo dello sport. Fino al maggio 2021, quando ha assistito ai peggiori episodi di raid registrati in Israele degli ultimi decenni. Tutto era cominciato durante gli scontri tra polizia e palestinesi al Monte del Tempio di Gerusalemme e nel quartiere di Sheikh Jarrah, che avevano scatenato ulteriori violenze che si sono esacerbate a Lod e in altre città miste, parallelamente al conflitto, durato undici giorni, tra Israele e Gaza.
“Una guerra civile è scoppiata a Lod”, aveva dichiarato la BBC citando il sindaco Yair Revivo durante l’escalation di violenza. Le immagini catturate da queste città avevano scioccato Noa, che all’epoca studiava al Royal College of Art di Londra: “Ricordo di essere stata seduta a casa e di aver pensato: ‘Dio mio, cosa sta succedendo? Da dove viene tutto questo odio?’”
La città di Lod allo stato attuale ospita circa 82.000 abitanti, di cui circa il 30% arabi israeliani: 24.641 residenti, secondo il Central Bureau of Statistics.
L’Hapoel Bnei Lod è stato fondato nel 1997 dalla fusione di due squadre. L’ex capitano della squadra, Bantyho Damene, che ha partecipato attivamente al progetto di Noa, ritiene che la diversità del team rifletta perfettamente il rapporto tra le comunità ebraiche e arabe di Lod, come aveva spiegato a Noa la prima volta che si sono conosciuti, quando Noa ha deciso di prendere un volo per tornare in Israele, e cercare di indagare cosa stesse succedendo.
Nonostante tutti i disordini del maggio 2021, infatti, il delicato tessuto della squadra era rimasto intatto: “Non è mai venuto fuori nulla; tutto è rimasto normale. Ne eravamo rimasti sorpresi anche noi”, aveva spiegato Damene a Noa. “Nel momento in cui siamo entrati in campo con le nostre uniformi, tutti i nostri problemi si sono dissipati”. In un certo senso, per i giocatori di Bnei Lod, la loro convivenza è stata una sorta di rifugio da ciò che accadeva nel mondo esterno.
Da qui l’idea della Klagsbald di raccontare questo mondo poco conosciuto, che include i ritratti dei giocatori: foto e video che catturano momenti di gioia nello spogliatoio.
Alcune immagini alludono ad alcuni dei dipinti più famosi della storia dell’arte, avendo deliberatamente sostituito celebri personaggi ottocenteschi con i giocatori del Lod: in “My Olympia”, per esempio, la Klagsbald utilizza il famoso ritratto di Eduard Manet di una donna nuda  sdraiata, sostituendola con il capitano della squadra, per esaminare le nozioni di sessualità e genere.

My Olympia, Goal, 2022

Mentre il dipinto di Manet mostra una figura femminile sessualizzata, Klagsbald ricontestualizza l’immagine, rimettendola in scena nello spogliatoio della squadra di calcio e presentando Damene come la sua versione di “Olympia”.
Posizionato su un lettino da massaggio, con indosso la divisa dell’Hapoel Bnei Lod e con in mano un mazzo di fiori, il capitano della squadra guarda direttamente nella telecamera.
In quest’opera la Klagsbald sovverte efficacemente le dinamiche di potere insite offrendo, per una volta, la figura maschile come oggetto del desiderio.


La visione artistica di Klagsbald non soltanto coinvolge uomini che rievocano scene tradizionalmente femminili, ma introduce anche una prospettiva distintamente femminile nello spazio intimo dello spogliatoio.
Riflettendo sulla scelta di questa location non convenzionale, Noa ci spiega: “Quando entro nello spogliatoio lo trasformo in un set. Convivo con la squadra all’interno di questo spazio, e una volta entrata, tutto cambia improvvisamente”.
Klagsbald sostiene che con lo spogliatoio come sfondo abbia potuto creare un ambiente in cui i giocatori si sentissero a proprio agio, permettendo loro di plasmare e scolpire la loro presenza secondo la sua visione.

Klagsbald si è unita alla squadra a metà della stagione.
Alla fine del suo progetto, l’Hapoel Bnei Lod è stato retrocesso in un campionato inferiore e la maggior parte dei suoi giocatori sono andati avanti nella loro carriera, ciascuno per conto suo e in una squadra diversa.
Ma, da allora, tutte le mostre che lei ha continuato a fare sono diventate un punto d’incontro per i compagni di squadra che un tempo condividevano lo stesso spogliatoio.
Anche se inizialmente la presenza della Klagsbald era stata accolta con scetticismo, con il tempo ha avuto un effetto ancora più unificante, come ha raccontato Damene al quotidiano Haaretz: “Prima del progetto, dopo gli allenamenti ognuno di noi andava per la propria strada. Ma all’improvviso abbiamo iniziato a passare più tempo insieme, anche una volta terminato l’allenamento. La presenza di Noa ci ha avvicinati anche come esseri umani, non solo come giocatori”.

L’ultima mostra della Klagsbald, “Jaffa-Lod”, a cura di Shirley Wagner, si è svolta nel 2023 presso la Galleria Mazal Dagim 5, nel cuore di Jaffa, la città vecchia di Tel Aviv, un tempo residenza della comunità araba, dove ora, a causa della gentrificazione, al posto delle abitazioni dove un tempo vivevano le famiglie arabe, sono state aperte una serie di gallerie tra i vicoli di pietra consumati dal tempo.


Una sede del genere ha fatto ulteriormente riflettere Noa su un altro dei paradossi di questo Paese, tanto da aver coinvolto nuovamente gli ex giocatori del Bnei Lod a prendere nuovamente parte del progetto, e aver convinto Damene a ripercorrere i vicoli della città vecchia di Jaffa, portandosi sulle spalle la foto che lo ritrae, come Gesù Nazareno portò sulle spalle la sua croce durante la Via Dolorosa. Il risultato di questa performance è un’opera di video art con cui si conclude la sua ultima mostra.

Aspettiamo la prossima esposizione, questa volta una collettiva a cui parteciperà in Italia ,in occasione di un nuovo progetto My (Alt) Neuland, che inaugurerà a fine settembre presso il Museo Ebraico di Lecce: un’altra delle numerose collaborazioni all’estero, specie in Ingilterra, dove Klagsbald ha vissuto e lavorato per numerosi anni, facendosi ambasciatrice di Israele e di tutta la sua complessità: “la Via Dolorosa è quella che percorriamo noi israeliani tutti i giorni, scegliendo di vivere in questo Paese. Per questo ho voluto concludere la mostra con un messaggio positivo: ‘La via del Capitano’ rappresenta tutti noi e la nostra forza”.

Fiammetta Martegani
collaboratrice

Curatrice presso il Museo Eretz Israel, nasce a Milano nel 1981 e dal 2009 si trasferisce a Tel Aviv per un Dottorato in Antropologia a cui segue un Postdottorato e nel 2016 la nascita di Enrico: 50% italiano, 50% israeliano, come il suo compagno Udi. Collaboratrice dal 2019 per l’Avvenire, ha pubblicato nel 2015 il suo primo romanzo “Life on Mars” (Tiqqun) e nel 2017 “The Israeli Defence Forces’ Representation in Israeli Cinema” (Cambridge Scholars Publishing). Il suo ultimo libro è Tel Aviv – Mondo in tasca, una guida per i cinque sensi alla scoperta della città bianca, Laurana editore.


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