Cultura
Quel sapore tutto speciale del pop rock israeliano dei primi anni ’70

Breve storia della musica che ha cambiato il volto del sionismo e ha fatto del multiculturalismo lo spirito nazionale

Israele, 1970: l’ascesa della musica popolare e rock. Ovvero, la costruzione di una nuova visione del mondo e di nazione. Una singolarità storica rilevante si generò nel primo periodo successivo alla Guerra dei Sei giorni del giugno 1967. La vittoria apparentemente miracolosa di Israele aveva prodotto un fervore emotivo, quasi estatico, tra gli ebrei in Israele e nel mondo. A molti, lo Stato ebraico improvvisamente sembrò non solo una rivoluzione culturale o un rifugio per gli oppressi, ma un segno del favore divino. Gli ebrei della diaspora che in precedenza vedevano Israele con occhi distanti e vagamente scettici potevano ora abbracciarlo come un’estensione della loro stessa fede religiosa, senza contare gli ebrei ortodossi che vedevano nella conquista delle colline della Cisgiordania un segnale di redenzione messianica. Insieme i coloni e i fedeli della diaspora, quasi involontariamente, stavano modificando il modello sionista: i nuovi costruttori della casa nazionale immaginavano vividamente un luogo in cui i singoli ebrei avrebbero posto domande scientifiche, teologiche e artistiche in ebraico, assorbendo al contempo il meglio delle altre culture, conservando elementi dell’ebraismo classico.

Ed è in questo contesto, inglobato anche in una visione teologica di redenzione, che si apre negli anni 70 una nuova scena musicale, specchio del cambiamento, contaminata da influenze esterne ma consolidata su una forte appartenenza spirituale alla nazione. Un esempio evidente di questa trasformazione si ha nella canzone Goliath (testo di Alon Olearchik e Danny Sanderson, musica di Danny Sanderson), in cui si rompono i vecchi miti, utilizzando immagini bibliche del re David, Efraim e Golia in contesti diversi, inventando un nuovo eroe. Nel brano Danny Sanderson utilizza uno stile occidentale comune agli schemi melodici e ritmici della musica popolare degli anni ’70, esprimendo chiaramente l’influenza dei Beatles e del folk inglese/statunitense, ma recuperando motivi ben noti dell’esperienza musicale israeliana degli anni 30, 40 e 50 combinando ritmi del passato e del presente.

Nella canzone Medina Ketanah (testi di Sanderson, musica di Sanderson e Yoni Rechter) si introduce un altro tema importante per l’israeliano degli anni 70: l’essere “sradicati”, l’alienazione prodotta da una società che sta subendo grandi cambiamenti. Il testo descrive il giovane israeliano diviso tra responsabilità richieste dall’identità nazionale e l’inclinazione del proprio spirito libero. Lo stesso Matti Caspi, figura di riferimento nella musica popolare israeliana, nasce nel panorama musicale di allora con sonorità innovative in bilico tra il folk anglosassone, influenze brasiliane e straniere.

Furono i Kaveret (1973-1975) con i loro tre album iconici, dirompenti e scanzonati, insieme ai Tamouz (1976) però ad inaugurare compiutamente il genere rock israeliano, così vicino ma anche così lontano dai corrispondenti inglesi e statunitensi, pervaso dell’atmosfera pulsante della vita comunitaria dei kibbutz. Accanto a loro si possono menzionare: Shlomo Artzi& Mrs Apple Group con l’album “To All the Friends from the Trip from Sea to Sea” (Lekhol ha-haverim me-ha-masa miyam el yam, 1974), Zvika (poi Henryk) Pik con il singolo “What Now?” (Ma akhshav?)

Questa assimilazione-rielaborazione fu lo stessa che caratterizzò i processi di copiatura, riproduzione e adattamento dei musical rock statunitensi originali messi in scena tra il 1970 e il 1973, che offrirono al vasto pubblico israeliano un incontro ravvicinato con la musica rock e la sua cultura. Ne sono un esempio le risposte israeliane al musical Hair, Bald-Head e Jump, messo in scena per la prima volta il 28 novembre 1970 all’Alhambra a Jaffa, che aprirono la dimensione flower-power israeliana. Sul solco di Jump sempre Sanderson concepì l’opera rock dei Kaveret, Poogy’s Opera, notevole per la sua complessità musicale e il suo senso dell’umorismo. Devoto alla teatralità e al sarcasmo di Frank Zappa (nonché di Kafka e Pinter ) Poogy’s Opera, raccontava la storia assurda e divertente di un gruppo di amici che infrangono la promessa di aspettare il loro compagno Poogy all’interno di un buio armadio.

Tra i musical non è possibile non citare la pietra miliare Kazablan, originariamente opera teatrale (Yigal Mossinson, 1954), poi musical teatrale (Larry Frisch, 1966) ed infine in versione cinematografica (Menahem Golan, 1973) che riscosse un successo strepitoso. Si tratta di un’opera particolarmente emblematica per la rappresentazione dell’essenza spirituale del giovane israeliano, che oscilla tra eroismo e pacifismo, tra solidarietà e ribellione, tra individualismo e senso collettivo. Con i suoi brani indimenticabili, come Kol haKavod, Democratia, Qullanu Ivrim, e il supporto della forte presenza scenica ed emotiva dell’icona israeliana della musica popolare Yehoram Gaon, di origine ladina, il musical resta un segno nel tempo di cosa cha significato, e significa ancora, aver ottenuto una propria terra, una terra in cui poter essere se stessi come entità nazionale, nella sua ampia multicultaralità e articolata struttura sociale, uniformata però nella ricerca di un nuovo equilibrio tra tradizione e modernità, tra sacro e secolare. Non a caso il protagonista, eroe tragico Kazablan, al contempo reietto ed eroe, sentimentale ma violento, ma con la costanza dell’onestà intellettuale, è essenzialmente alla ricerca di uno spazio fisico-sentimentale. Emblematica, seppur nella sua ingenua ironia, la scena dello Shabbat a casa della giovane Rachel in cui il protagonista di origini marocchine, imbarazzato dall’atmosfera rigorosa Ashkenazita, cerca di costruire comunque acrobatici equilibri relazionali, arrivando a tutelare i loro stessi interessi nonostante la diffidenza iniziale.

Nel musical Kazablan, nella musica popolare e rock, nel loro pervasivo mood si può rivivere la trasformazione che Israele aveva avviato negli anni 70, momento creativo e di grande fermento culturale.

Bibliografia
Alon Schab, Eran Shalev. The rock musical and the beginnings of rock music in Israel in the early 70s, Journal of Israeli History, 2022, 40:2, 257-281
Bernard Avishai, Sidra DeKoven Ezrahi. The 1970s: The Transformation of Zionism, The Forward, 2008.
Nitza Druyan. A Cultural Frontier: Israeli Society and its Popular Music Author(s): Source: Israel Studies Bulletin , F1994, Vol. 10, No. 1, 2-6.


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