Hebraica Festività
Ricominciare da Tu b’Av: l’amore e la rinascita

Una festività leggera e solenne insieme: rassegna stampa tematica su Tu b’Av, la festa ebraica dedicata all’amore

La lettera tet (ט), valore numerico 9 e la lettera vav (ו), valore numerico 6. Nove più sei uguale quindici, tet più vav uguale “Tu”: Tu b’Av, il giorno quindici del mese ebraico di Av. Festa estiva e gioiosa, che risale al periodo del Secondo Tempio e per la quale la letteratura rabbinica individua numerose spiegazioni, accumunate da un’idea di ritrovo dell’unità e della quiete dopo un episodio di turbolenza. Il rituale descritto nella Mishnah delle fanciulle che, al principio della stagione della vendemmia, si davano appuntamento per danzare e cantare in abiti bianchi tra i vigneti fuori dalle mura di Gerusalemme, ammirate da corteggiatori e potenziali promessi sposi, si inserisce con tutta probabilità nelle tradizioni popolari del Vicino Oriente e del Mediterraneo che celebrano il vino, l’amore e la fertilità. Per lungo tempo, questa festività minore è stata trascurata dal calendario ebraico: forse perché percepita come svuotata di significato, data la perdita del legame con la terra causata dalla condizione diasporica, e non riattualizzata nel suo messaggio di libertà e sensualità. Per rivedere Tu B’Av dobbiamo aspettare i nostri tempi, con la nascita dello Stato di Israele.

Tu b’Av in Israele

Una giornata dedicata all’amore e al piacere, in piena estate, con la luna piena (aggiungere lungomare e una buona colonna sonora): la cornice perfetta per una promessa, una proposta, ma anche e soprattutto un matrimonio, dopo le tre settimane di Bein hametzarim. È naturale che gli israeliani l’abbiano adottata, il contrario sarebbe stato strano. Tra le molte iniziative per festeggiare, quest’anno spicca la trovata del comune di Tel Aviv (ne parla Jessica Steinberg su The Times of Israel), che ha organizzato una sorta di “lotteria” per innamorati che amano le dichiarazioni scenografiche: le quindici persone estratte, la sera del 15 agosto, vedranno il palazzo del municipio illuminarsi con le esatte parole della loro proposta di matrimonio all’anima gemella, seguite da un “Sì, lo voglio” in rosso e bianco. E nel dubbio che all’atmosfera possa mancare ancora qualcosa, meglio salvarsi e tenere pronta all’uso la playlist delle dieci canzoni d’amore israeliane più amate, proposta da Rachel Neiman su Israel 21C.

Tuttavia, ridurre Tu b’Av a una festa dell’amore in cui va di moda scambiarsi auguri pieni di cuori rossi e dichiararsi all’anima gemella, a un “S. Valentino ebraico” – che è pure più bello perché cade d’estate – è riduttivo. In Tu b’Av, pur nella sua leggerezza, c’è un’anima di solennità, che si intuisce prima di tutto dal suo posizionamento sul calendario.

Dopo Tisha b’Av e prima di Yom Kippur

Tu b’Av è l’ultima festa del lunario ebraico prima dell’anno nuovo, Rosh ha-Shanà. Cade sei giorni dopo Tisha b’Av, il giorno solenne di commemorazione della distruzione del Tempio e poco prima di Yom Kippur, il giorno più sacro di tutto l’anno ebraico. Una festività “leggera”, dunque, in mezzo a due ricorrenze solenni e profonde. Fuoriposto? Niente affatto. “Un tempo per il pianto e un tempo per il riso, un tempo per il lutto e un tempo per danzare”, leggiamo in Qohelet 3,4.

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Rabbi Joel Mosbacher su ReformJudaism.org osserva che questa giustapposizione di ricorrenza luttuosa e ricorrenza festosa non è unica nel calendario ebraico. Abbiamo anche quella di Yom Kippur e Sukkot: la prima precede la seconda di appena cinque giorni. Come lo spensierato Tu b’Av sta in mezzo a due giorni “pensosi”, Yom Kippur sta in mezzo a due feste gioiose. E questa alternanza insegna a godere della vita, quella che succede mentre si è impegnati a fare altri piani, nella sua fugacità e continua trasformazione: “Se potessimo scegliere, senza dubbio preferiremmo separare l’esperienza della gioia da quella della tristezza (sempre che per quest’ultima non fosse possibile farne proprio a meno). È specialmente complicato ed emozionalmente impegnativo quando un episodio di malattia o di morte si verifica in stretta prossimità di un matrimonio o di una nascita. Ma non possiamo pianificare né controllare ciò che ci succede intorno. Attraverso la giustapposizione del calendario, l’ebraismo ci insegna una lezione: gam ze ya’avor, anche questo passerà. Non sarà sempre buio, anche se ora non riesci neanche a immaginare di poter rivedere la luce. E allo stesso tempo, quando ti senti al settimo cielo, gam ze ya’avor”.

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Il collegamento tra Tu b’Av e Yom Kippur, del resto, è palese nel Talmud: “Mai in Israele vi furono giorni più gioiosi di Tu b’Av e Yom Kippur”. Rabbi Sari Laufer su My Jewish Learning spiega che le due ricorrenze sono legate anche perché entrambe parlano d’amore. A partire da Tu b’Av, si inizia il conto verso gli Yamim Noraim, i Giorni Terribili; lo Shabbat dopo Tu b’Av è Shabbat Nachamu, il primo dei sette Shabbatot cosiddetti di consolazione che precedono Rosh haShanà. Il percorso parte allora dalla rinascita di Tu b’Av (passato il lutto di Tisha b’Av) alla gioia e alla vita, e conduce verso “l’amore incondizionato, che comincia da una posizione di profonda onestà e vulnerabilità. L’amore di Yom Kippur dice: ti do accesso alle mie paure, alle mie speranze, a me. Ti lascerò vedere il meglio e il peggio di me. Ti lascerò guardare nella la mia anima, e voglio guardare nella tua. Mostrami le tue cicatrici, prometto di non scappare via. (…) Tu b’Av, secondo un midrash, è il giorno in cui affermiamo che siamo pronti ad andare avanti, pronti a iniziare a guarire e a crescere. Forse che siamo anche pronti per l’amore”. Se la tradizione, d’altronde, vuole che a causare le disgrazie che si commemorano a Tisha b’Av sia stata la sinat chinam, l’odio incondizionato, si capisce ancora meglio l’importanza di Tu b’Av come punto di partenza per un percorso di abbandono dell’odio e di costruzione di relazioni positive.

Amore, ovvero guardare oltre le apparenze

Ben lungi dall’essere una festa superficiale, perciò, Tu b’Av insegna a guardare sotto la superficie. Sempre su My Jewish Learning, Susan Silverman scrive: “Tu b’Av, come Yom Kippur, riguarda l’introspezione e il rinnovamento delle relazioni e dei valori personali. Il modo in cui aveva luogo il corteggiamento è indicativo. Le ragazze prendevano in prestito gli abiti bianchi, così che i ragazzi non potessero basare la loro scelta su considerazioni materialistiche. Il Talmud insegna che erano le donne a stabilire le regole; che ammonivano i loro corteggiatori di non scegliere secondo la bellezza, ma secondo il buon nome della famiglia della giovane e la sua devozione a Dio. Oggi viviamo in un mondo dove contano lo status e la moda, dove persino alcune sinagoghe sono descritte come “piazze di mercato” dove andare a osservare la mercanzia non sposata. Tu b’Av ci dice di guardare sotto la superficie nella ricerca di un compagno di vita, proprio come Yom Kippur ci forza a guardare nel profondo di noi stessi affinché Dio ci conceda il perdono. Come Yom Kippur, Tu b’Av è un tempo di riflessione e introspezione. Ma invece di essere un processo individuale, è un’esperienza condivisa e reciproca tra due persone”.

Silvia Gambino
Responsabile Comunicazione

Laureata a Milano in Lingue e Culture per la Comunicazione e la Cooperazione Internazionale, ha studiato Peace & Conflict Studies presso l’International School dell’Università di Haifa, dove ha vissuto per un paio d’anni ed è stata attiva in diverse realtà locali di volontariato sui temi della mediazione, dell’educazione e dello sviluppo. Appassionata di natura, libri, musica, cucina.


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