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Il sogno di Manduzio: una storia pugliese

Nel 1930, Donato Manduzio, convinto di essere l’ultimo ebreo sulla Terra, fonda una comunità ebraica a San Nicandro Garganico. Le vicende che la accompagnano fino a oggi

1920, Puglia, San Nicandro Garganico. Donato Manduzio, classe 1885, torna a casa dopo aver combattuto nella Prima Guerra Mondiale e aver passato mesi e mesi in ospedale, a riprendersi dalle ferite di guerra. È proprio nel momento in cui si vede costretto a letto che Donato, nato in una famiglia di braccianti, impara a leggere, grazie all’aiuto di infermieri e preti, e inizia a leggere, leggere, leggere.

L’ultimo ebreo.

Fra i volumi che gli capitano sottomano c’è un libro regalatogli da un pentecostale, una traduzione in italiano della Torà. Immersosi nella lettura, si ritrova nei racconti che scopre in quel volume, e nei precetti che vi sono scritti: la Puglia d’altra parte è terra di marranesimo, avendo fatto parte del Regno di Napoli ai tempi della cacciata degli ebrei (1541), ed è quindi facile pensare che alcune delle tradizioni ebraiche fossero familiari per Donato, sopravvissute in qualche forma fino ai suoi contemporanei. Non solo: vedendo attorno a sé un mondo alla deriva, non crede alla redenzione umana avvenuta attraverso il sacrificio di Gesù, e si convince quindi della verità della fede ebraica, ancora in attesa di un Messia.

È il 10 agosto del 1930 quando, in seguito a un sogno, una visione notturna, fa propria la fede ebraica, con un grande “ma”: non conosce nessun ebreo, e ciò che sa dell’Ebraismo è ciò che legge nella traduzione della Torà che ha in mano, crede dunque di essere l’unico ebreo al mondo, e di aver ricevuto una sorta di incarico divino, riportare la vera fede. Riunisce attorno a sé amici e vicini, avvicinandoli man mano a questa “nuova” religione.

I contatti con Roma e la scoperta di Israele.

Nel 1931 viene rinnovata la linea ferroviaria e un rappresentante commerciale romano arriva a San Nicandro, e racconta alla comunità, circa 70 persone, che ebbene sì, gli ebrei sono sopravvissuti dai tempi biblici, e che ve ne erano numerosi rappresentanti in Italia. Donato, rallegrato dalla notizia, cerca subito di mettersi in contatto con la comunità di Roma, a cui scrive prima una cartolina e poi una lunga lettera. Per anni i rapporti sono esigui, se non addirittura conflittuali: dapprima queste lettere, un po’ strambe a onor del vero, vengono ignorate, e successivamente guardate con un po’ di sospetto: siamo in pieno regime fascista, e le autorità comunitarie temono che non siano veritiere. Le prime risposte sono caute. Viene comunicato a Donato che così stante le cose gli appartenenti alla sua comunità non possono essere ritenuti ebrei, che l’ebraismo, l’halachà (legge ebraica) non si basa sulla Torah, ma anche su testi e commenti successivi, e che quindi ciò che praticavano era parziale o scorretto secondo i crismi dell’ebraismo ortodosso. Questo rifiuto, seppur doloroso, li aiuterà quando verranno approvate le leggi razziali.

 

Brigata Ebraica a San Nicandro
Enzo Sereni a San Nicandro

A San Nicandro però continuano a praticare con convinzione la fede ebraica, anche dopo il 1938. Nel 1944 giunge in puglia Enzo Sereni, giovane sionista romano emigrato nel 1927 nell’allora Palestina, tornato in Italia insieme alla Brigata Ebraica. L’incontro fra Sereni e la comunità di San Nicandro segna un momento di svolta: è di fatto il momento di incontro fra San Nicandro e il Sionismo. Anni dopo moltissimi appartenenti alla comunità emigreranno in Israele, spinti dalla convinzione di poter realizzare solo là la visione che il loro fondatore aveva avuto quasi quindici anni prima. Donato è scettico nei confronti di questa possibilità, cerca di convincerli a non andare, ma loro partiranno comunque. Fino ad allora la comunità aveva avuto un assetto che molti storici e studiosi hanno definito simile a quello di una setta, con un culto del capo particolarmente accentuato. Questa lettura viene rigettata dagli appartenenti alla stessa, come si può leggere in questa intervista alla ricercatrice Grazia Gualano comparsa su Hakeillah.

La seconda vita di San Nicandro.

Nel 1946, finita la guerra, la comunità di Roma accetta di convertire il gruppo pugliese, invitandoli poi a far parte della comunità di Napoli. Si tratta del riconoscimento che aspettavano da tempo. Solo Donato, ormai vecchio e malato, rifiuterà la circoncisione. Muore nel 1948, all’inizio dell’esodo di gran parte però dei suoi “seguaci” verso Israele (1948 – 1950)

Con la sua morte, e la comunità decimata dall’emigrazione di massa, a prendere le redini sono quattro donne, tra cui la vedova Manduzio, Emanuela Vocino. Queste donne ricostituiranno una comunità, caratterizzata ora da un forte matriarcato, faranno in modo che le tradizioni, i canti, le storie ebraiche si trasmettano alle generazioni successive. Oggi la comunità di San Nicandro conta circa cinquanta persone, vi è una Sinagoga, in cui queste puntualmente si riuniscono.

Il sogno che nella notte del 10 agosto del 1930 aveva dato vita a una lunga valanga di eventi, è ancora vivo.

Talia Bidussa
Collaboratrice

Classe 1991, attiva per anni in ambito comunitario, tra Hashomer Hatzair, UGEI e European Union of Jewish Students. “Political junky”, qualsiasi cosa nerd è bene accetta, libri e concerti ancora meglio. Lavora come responsabile eventi e mostre al Memoriale della Shoah di Milano.


2 Commenti:

  1. Secondo un autorevole articolo del Tablet di qualche tempo fa, gli ebrei di S.Nicandro furono aiutati a lungo dal Rabbino Israele Zolli… ma pare che in molti e vari ambienti si convenga più nel cancellare certi nomi che nel fare ricerche accurate…che forse devono ancora attendere l’apertura di archivi…


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