Diritti umani
Le suffragette dello Yom Kippur

A battersi per i diritti delle donne, a Londra, c’era anche la Jewish League for Woman Suffrage. Cronaca semiseria di un giorno d’ottobre del 1913.

Difficile immaginare qualcosa di più solenne dello Yom Kippur, ancor più difficile immaginare qualcosa di più violentemente iconoclasta dell’interrompere polemicamente e chiassosamente una preghiera per lo Yom Kippur in sinagoga. Roba che manco un black bloc ebreo farebbe a cuor leggero.

Eppure è l’ottobre del 1913, è Kippur, i fedeli pregano nella sinagoga New West End di Londra, una delle più grandi, belle e vecchie della capitale inglese, quando tre voci femminili, quelle di tre militanti della Jewish League for Woman Suffrage, gridano: “Che Dio perdoni Herbert Samuel e sir Rufus Isaacs per aver negato la libertà alle donne; che Dio li perdoni per aver permesso che donne venissero torturate”.

È scandalo, riprovazione. La stampa anglo-ebraica le definisce: “Delinquenti in cuffietta”.
Eppure non c’è proprio di che stupirsi. Le militanti a favore del suffragio universale femminile, ebree o gentili che siano, sono note per appartenere spesso alle classi alte, sono donne eleganti ed istruite, ma sono anche note per la loro feroce determinazione: vogliono votare, votare come gli uomini, e per farlo sono disposte a lottare pagando con il carcere o con la vita.

La Jewish League for Woman Suffrage – fondata nel 1912 con il sostegno quando non addirittura la partecipazione diretta di alcuni uomini, e la simpatia dei rabbini delle sinagoghe di Hampstead e Sunderland – è tutto sommato moderata, ma le attività comunque spaziano dall’organizzazione di tè per la sensibilizzazione delle signore nei confronti della causa, allo sciopero della fame, fino ad arrivare agli incendi sui treni e ad altre azioni violente. Del resto, come aveva detto nel 1907 lo scrittore Israel Zangwill, fermissimo sostenitore dei diritti femminili: “I modi da signora vanno benissimo se hai a che fare con gentiluomini, ma qui si tratta di politici.”

Ma chi sono questi due che Dio dovrebbe perdonare, a loro insaputa? Herbert Samuel, destinato a una carriera lunga e notevole – sarà il primo ebreo britannico a capo di un grande partito – è all’epoca un deputato liberale. Nel 1913 è ancora contrario al voto femminile (cambierà idea qualche anno dopo). Sir Rufus Isaacs è un altro politico ebreo liberale, avvocato notissimo, marchese di Reading: proprio nell’ottobre 1913 è stato nominato lord Chief Justice, il che significa che è il secondo magistrato nella gerarchia dell’Inghilterra e del Galles, appena sotto il ministro della Giustizia.

Il riferimento alle torture non è un’esagerazione delle tre militanti della JLWS: le donne che fanno lo sciopero della fame – strategia molto praticata dalle suffragette arrestate, per suscitare l’attenzione dell’opinione pubblica – vengono alimentate con la forza, pratica molto violenta che di solito è riservata ai poveracci rinchiusi nei manicomi. Per evitare le morti in carcere, che porterebbero un grande discredito al governo, nel 1913 è stata approvata una legge comunemente nota con il nome “Del Gatto e del Topo”: quando una suffragetta è così indebolita dallo sciopero da essere incapace di compiere atti di ribellione, viene liberata. Non appena il topo si riprende e riprende l’attività politica, viene arrestato di nuovo dal governo gatto.

Le tre black bloc ebree del Kippur vedranno trionfare in pieno le proprie idee nel 1928, quando a tutte le donne della Gran Bretagna verrà concesso di votare come agli uomini (nel 1918 c’era già stata una vittoria parziale, con la concessione del voto alle ultratrentenni). In fondo comunque erano state abbastanza moderate, la sinagoga non l’avevano toccata: ad alcune chiese le suffragette avevano addirittura dato fuoco.

Marina Morpurgo
Redazione JOI Mag

È nata a Milano nel 1958 e da allora ha deluso quasi tutte le aspettative, specie quelle relative a peso e altezza. Manca di senso del tragico, in compenso riesce a far ridere – purtroppo anche quando non è nelle sue intenzioni. Ex giornalista (“l’Unità”, “Diario”), ora traduttrice, ha scritto sette libri per ragazzi e alcuni manuali scolastici. E quattro libri per adulti, di cui l’ultimo è “È solo un cane (dicono)”, pubblicato da Astoria, e in cui racconta come la sua famiglia si salvò dal nazifascismo.


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