Cultura
Sulla mancata traduzione ebraica del romanzo di Sally Rooney

A proposito di boicottaggio culturale e del potere della parola

Che la traduzione letteraria sia anche un atto politico già ce lo aveva insegnato il ginepraio di polemiche scatenatosi nella primavera scorsa sulla versione olandese delle poesie di Amanda Gorman. Alcuni giorni fa, però, si è aggiunto un ulteriore tassello alla questione, sebbene gli attori e le loro motivazioni siano del tutto differenti rispetto al caso precedente.
La scrittrice Sally Rooney, nota a livello internazionale soprattutto per il romanzo Persone normali, ha, infatti, dichiarato con un tweet di aver deciso per il momento di non vendere i diritti della traduzione della sua ultima fatica (Beautiful World, Where Are You) a una casa editrice situata in Israele ‒ nella fattispecie, la Modan, la quale si era già occupata dell’edizione ebraica degli altri due libri dell’autrice irlandese ‒ “che non prenda pubblicamente le distanze dall’apartheid sostenendo i diritti del popolo palestinese sanciti dall’ONU”. Una posizione che, di fatto, colloca la Rooney nel gruppo degli intellettuali che hanno aderito, almeno in spirito, al movimento anglosassone BDS, come indica la parte finale del comunicato: “I diritti di traduzione in lingua ebraica per il mio nuovo romanzo sono ancora disponibili e se riuscirò a trovare un modo per venderli in modo conforme alle linee guida del BDS, sarò molto lieta e orgogliosa di farlo”.

Com’era facilmente immaginabile, la notizia ha diviso l’opinione pubblica. C’è chi ha applaudito all’iniziativa della Rooney, chi l’ha giustificata rievocando lo storico sostegno degli irlandesi alla causa palestinese (Madeleine Spence sul Times); chi l’ha tacciata del più impudente degli antisemitismi, quello che usa i soliti due pesi e due misure e rinuncia per definizione ad adottare sanzioni altrettanto severe contro altre nazioni (o altre lingue?) considerate “dispotiche e autoritarie” (ad esempio, la ben nota “triade”: Russia, Cina, Arabia Saudita). E c’è chi, infine, ha giudicato la mossa della scrittrice come un gesto confuso e sciocco, il cui solo esito sarà una svalutazione dell’opera da parte dell’autrice stessa, la quale, evidentemente, ritiene che non ci sia nulla nel suo terzo romanzo capace di “allargare le simpatie, cambiare le menti, espandere la sensibilità” (Sam Leith su UnHerd), cosa che di norma la buona letteratura fa, in ogni latitudine. Ammetto di propendere per quest’ultima interpretazione della vicenda.

Quale può essere, infatti, il senso di un boicottaggio del genere? Che non riguarda ‒ attenzione ‒ la vendita di un prodotto commerciale o la partecipazione a un grande evento pubblico, bensì la letteratura. In particolar modo se non si tratta di letteratura così apertamente impegnata sul piano politico come quella di Sally Rooney.
Per come la Rooney ha presentato la questione, nessuno. Non produrrà un reale danno economico allo Stato ebraico (tutt’al più alla casa editrice Modan, ma allora si tratterebbe di un’azione di tutt’altro respiro e intento), né priverà i lettori israeliani che conoscono l’inglese (un buon numero, come tutti sappiamo) della possibilità di accedere all’opera della scrittrice irlandese in lingua originale. Il nocciolo fondamentale della questione è la lingua ebraica. Mi perdoni la Rooney, che ho letto e apprezzato talvolta nei due romanzi precedenti, ma la storia dei diritti per l’ebraico disponibili a chiunque sappia utilizzarli senza ledere il codice d’onore del BDS è assai poco credibile e sembra piuttosto una chiosa che l’autrice ha appiccicato sul finale nel vano tentativo di uscire immacolata da eventuali accuse di antisemitismo. Chiunque abbia una vaga conoscenza del mercato editoriale non può, infatti, che dubitare che fuori da Israele esistano frotte di case editrici in attesa di lanciare sul mercato la traduzione ebraica di un romanzo inglese. Evidentemente per Sally Rooney la lingua ebraica è espressione di una visione del mondo tirannica e oppressiva, pertanto non ha voluto che il suo terzo romanzo prendesse vita in ebraico. Ha rifiutato che i suoi giovani personaggi dalla vita familiare e sentimentale sgangherata non parlassero (più) in ebraico. Ha rinunciato a come potrebbe essere descritto in ebraico l’impercettibile canto della neve sul terreno ‒ che nella traduzione italiana di Persone normali firmata da Maurizia Balmelli “continua a cadere, come il ripetersi incessante dello stesso microscopico errore”, il momento migliore dell’intero libro. Ha respinto la lingua che è stata di Amos Oz ‒ forse la voce del nostro recente passato che con maggior energia si sia espressa contro il fanatismo di ogni matrice ‒ ed è ancora di Etgar Keret, A.B. Yehoshua, Eshkol, Nevo, Ayelet Gundar Goshen, David Grossman, vale a dire di scrittori i quali sono ben consci delle problematicità e dei conflitti all’interno della nazione nella quale vivono, ma al tempo stesso assolvono il compito di intellettuali e scrittori ospitando, accogliendo, abbracciando chiunque si affacci sul loro cammino. Con la certezza che la parola, come gli ultimi due anni ci hanno dimostrato, viaggia più veloce e più lontano di noi e possiede ancora il potere di influenzare le persone, di cambiarle, se necessario. O, almeno, noi vogliamo continuare a crederlo. Sally Rooney che cosa ne pensa?

Sara Ferrari
Collaboratrice

Sara Ferrari insegna Lingua e Cultura Ebraica presso l’Università degli Studi di Milano ed ebraico biblico presso il Centro Culturale Protestante della stessa città. Si occupa di letteratura ebraica moderna e contemporanea, principalmente di poesia, con alcune incursioni in ambito cinematografico. Tra le sue pubblicazioni: Forte come la morte è l’amore. Tremila anni di poesia d’amore ebraica (Salomone Belforte Editore, 2007); La notte tace. La Shoah nella poesia ebraica (Salomone Belforte Editore, 2010), Poeti e poesie della Bibbia (Claudiana editrice, 2018). Ha tradotto e curato le edizioni italiane di Yehuda Amichai, Nel giardino pubblico (A Oriente!, 2008) e Uri Orlev, Poesie scritte a tredici anni a Bergen-Belsen (Editrice La Giuntina, 2013).

 


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.