Cultura
Un omaggio a Abraham B. Yehoshua nel giorno della sua scomparsa

Viaggio personale nelle parole dello scrittore

Abraham B. Yehoshua si è incamminato verso il suo altrove. La commozione è tanta, incalcolabile. Ora, com’è giusto che sia, sui giornali e sui social pioveranno i messaggi di cordoglio, i ritratti d’autore in memoria. Le parole scorreranno davanti ai nostri occhi esatte, puntuali e noi non potremo che annuire a ogni frase che tenterà – rassegnamoci: non si può fare di più – di definire l’umanità, la grandezza dell’uomo e dello scrittore. Il sentimento che provo ora davanti a questa notizia è inatteso. Quello che desidero adesso, quello che vorrei per colmare in qualche modo questa perdita che è anche mia, nostra, del mondo intero è abbracciare ogni parola che Abraham B. Yehoshua ha scritto. Ripescare tutti i suoi libri dalla mia biblioteca, disporli in una fila ordinata sul tavolo e in essi cercare consolazione. In un mondo sempre più povero di maestri autentici, so che la troverò soltanto in parte.

Abraham B. Yehoshua è morto. È morto l’uomo dal sorriso gentile, una persona normale che, seduto al proprio tavolo, ha intrecciato gli amori silenziosi di Dafi e Naim ne L’amante, che da un kibbutz nel Negev del 1982 ci ha trasportati nella Creta occupata dall’esercito nazista e poi nell’Europa del XIX secolo, sulle tracce dei molti Signor Mani. Se n’è andato lo scrittore che ci ha accompagnati nel viaggio, lontano nel tempo eppure attualissimo, del mercante ebreo marocchino Ben Attar, tra il Mediterraneo e la Francia. Ci ha lasciati l’acuto osservatore della storia, che ci ha costretti a guardare la gelida solitudine di una donna straniera nell’Israele post-Seconda Intifada, che ne Il tunnel ha raccontato con lucido sgomento la fragilità, la vecchiaia dell’ingegnere Zvi Luria. Questi sono – forse, il condizionale è d’obbligo – alcuni dei suoi titoli maggiori.

Tuttavia, ho davanti a me anche Il poeta continua a tacere, una raccolta di racconti uscita presso la casa editrice Giuntina nel 1987, qualche anno prima che la fama italiana e internazionale di Abraham B. Yehoshua prendesse vita nelle forme che conosciamo. È lo Yehoshua degli anni ’60, quello più oscuro e disturbante, capace di spingere i suoi personaggi – e con loro il lettore – sull’orlo della follia, dell’allucinazione. Una peculiarità che egli non perderà mai del tutto, come ci insegna la storia di disamore tra Naomi e Yehuda in Divorzio tardivo. Sfoglio di nuovo, una dopo l’altra, le pagine che accarezzano la malinconia di Noga, la protagonista de La comparsa, un romanzo che ci restituisce un ritratto di donna tra i più intensi degli ultimi anni. Tra le righe de La sposa liberata ritrovo la tenacia dolorosa del professor Rivlin, incapace di accettare il mistero del divorzio del figlio e ricordo quando il libro mi è stato regalato da un amico, a pochi giorni dalla sua pubblicazione in Italia: ero alle prese con una brutta influenza e l’ho divorato in un giorno e mezzo. Non dimentico l’inquietudine di Molcho e le sue Cinque stagionidi vita da ricostruire, né i fantasmi di Yair Moses, il regista de La scena perduta, né il Fuoco amico che immerge nelle tenebre la famiglia di Daniela nel pieno delle luci di Hanukkah. A Rachele Luzzatto, Figlia unica divisa tra i due mondi che l’hanno generata, ho dedicato una lunga e appassionata riflessione insieme agli amici del gruppo di lettura dell’Associazione Italia-Israele di Milano. Ripercorro le opere teatrali, i saggi illuminanti sull’identità ebraica, la vera grande questione dell’opera di Yehoshua.

Abraham B. Yehoshua è morto. Questa mattina penso a lui ma penso anche a Rossella, che ha iniziato a studiare l’ebraico anni fa per poter leggere i suoi romanzi in lingua originale. E ci è riuscita. È grande il potere che la grande letteratura esercita, non solo sul mondo, ma sulla vita di tutti noi. A Rossella e agli altri lettori di Yehoshua, da oggi un po’ più soli, dedico queste righe.

Sara Ferrari
Collaboratrice

Sara Ferrari insegna Lingua e Cultura Ebraica presso l’Università degli Studi di Milano ed ebraico biblico presso il Centro Culturale Protestante della stessa città. Si occupa di letteratura ebraica moderna e contemporanea, principalmente di poesia, con alcune incursioni in ambito cinematografico. Tra le sue pubblicazioni: Forte come la morte è l’amore. Tremila anni di poesia d’amore ebraica (Salomone Belforte Editore, 2007); La notte tace. La Shoah nella poesia ebraica (Salomone Belforte Editore, 2010), Poeti e poesie della Bibbia (Claudiana editrice, 2018). Ha tradotto e curato le edizioni italiane di Yehuda Amichai, Nel giardino pubblico (A Oriente!, 2008) e Uri Orlev, Poesie scritte a tredici anni a Bergen-Belsen (Editrice La Giuntina, 2013).

 


5 Commenti:

  1. Grazie Sara.
    Non so trovare altre parole per esprimere la mia gratitudine per il tuo scritto, più intenso e totalmente privo di quella retorica con cui spesso si cerca di definire i propri pur sinceri sentimenti.

  2. Studio l ‘ebraico da diversi anni e quando qualcuno mi chiede se sono a buon punto , rispondo che non sono ancora in grado di leggere i libri di A.B. Yeoshua e quindi non mi basta ancora!
    Baruch Dayan Haemet!

  3. Grazie Sara,
    mi ritrovo in “ogni parola”.
    Ti abbraccio e leggo e rileggo nell’affetto.
    Miriam Meghnagi


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