Cultura
Yom HaShoah, un giorno per ricordare le vittime, i martiri e gli eroi

In occasione della Giornata della Memoria dei Martiri e degli Eroi dell’Olocausto, che quest’anno cade il 17 aprile, Yad Vashem, il Centro Mondiale per la Memoria dell’Olocausto, ha inaugurato il Libro dei Nomi delle Vittime dell’Olocausto

Yom HaZikaron laShoah ve-laG’vurah (יום הזיכרון לשוא ולגבורה; “Giornata della Memoria dell’Olocausto e dell’eroismo”), più frequentemente chiamato Yom HaShoah ( “יום השואה) è  il giorno di commemorazione in Israele per i circa sei milioni di ebrei morti nell’Olocausto. In questo giorno viene commemorata anche la resistenza ebraica di quel periodo, tanto che in Israele questo è sentito come un giorno commemorativo nazionale, ma anche come un giorno festivo. Yom HaShoah è stato celebrato per la prima volta nel nel 1953, con una legge firmata dall’allora primo ministro israeliano David Ben-Gurion e dal presidente israeliano Yitzhak Ben-Zvi. Ricorre ogni anno il 27 di Nisan (aprile/maggio).

In occasione della Giornata della Memoria dei Martiri e degli Eroi dell’Olocausto, che quest’anno cade il 17 aprile, Yad Vashem, il Centro Mondiale per la Memoria dell’Olocausto, ha inaugurato il Libro dei Nomi delle Vittime dell’Olocausto alla presenza del Presidente dello Stato di Israele Isaac Herzog, del Presidente di Yad Vashem Dani Dayan, del Presidente del Consiglio di Yad Vashem e del Rabbino Israel Meir Lau, sopravvissuto all’Olocausto, e molti altri sopravvissuti le cui famiglie sono registrate e commemorate nel Libro dei Nomi. Questa mostra monumentale presenta 4.800.000 milioni di nomi di uomini, donne e bambini ebrei uccisi dai tedeschi nazisti e dai loro complici durante la Shoah. Ad accompagnare l’installazione del Libro c’è un toccante cortometraggio che racconta le storie dei sopravvissuti all’Olocausto e l’importanza di ricordare i nomi delle vittime.

I nomi inclusi nel Database centrale di Yad Vashem sono stati finora accessibili solo online, ora sono esposti sul Monte della Memoria in forma tangibile nel Libro dei nomi, dove i visitatori possono venire finalmente a conoscenza dei nomi delle vittime e comprendere immediatamente l’enormità della perdita personale e collettiva del popolo ebraico e dell’umanità intera. I nomi sono stati meticolosamente raccolti negli ultimi settant’anni e poi attentamente esaminati dagli esperti di Yad Vashem. Solo nello scorso anno, lo Yad Vashem è riuscito a raccogliere e localizzare circa 40.000 nuovi nomi. Questo Libro vuole restituire al visitatore anche altre informazioni, includendo al suo interno i luoghi e le date di nascita e di morte. I nomi delle vittime sono stampati su pagine rigide larghe un metro e mezzo e alte un metro e mezzo, con le informazioni illuminate da un delicato fascio di luce che si riflette nelle pagine. La lunghezza totale del Libro è di circa otto metri. Questo nuovo allestimento, di dimensioni molto estese, intende trasmettere il senso della perdita umana e collettiva, che potremmo definire quasi inimmaginabile ed enorme sia per l’umanità che per il popolo ebraico in particolare. Il Libro vuole essere una risposta reale e a tratti concreta al bisogno emotivo dei parenti delle vittime, che sentivano l’esigenza di avere un luogo, in un certo senso, fisico e tangibile in cui i nomi possano essere visti e toccati, tanto che il Libro una grande, simbolica lapide collettiva.

Il nuovo allestimento museale si colloca all’interno dello Yad Vashem, che significa monumento e nome, rispettivamente in ebraico Yad e Shem, le due parole pronunciate da Dio nella promessa fatta a tutti i suoi discepoli e pronunciata dal profeta Isaia: «Darò loro nella mia casa un nome ed entro le mie mura un monumento […]; darò loro un nome sempiterno, che non sarà mai soppresso» (Isaia 56:5). La scelta di questo nome ha una precisa intenzione: restituire un’identità eterna a tutte quelle vittime che, dopo essere state uccise, sarebbero state cancellate anche dalla storia, così come era previsto dal disegno nazista. Ed è proprio un complesso memoriale realizzato per trasmettere il senso di rinascita e di eternità che ci troviamo di fronte quando ci rechiamo al Mount Herzl, Monte della Memoria o Monte del Ricordo, a Gerusalemme, situato a 804 metri sul livello del mare, con un museo storico che occupa un’area di 4200 mq, principalmente sotterranei.

Lo stesso criterio museografico, ossia la capacità di raccontare una storia così complessa e dolorosa attraverso delle avanguardistiche soluzioni museali, è stato applicato al Centro di Documentazione: si tratta della Hall of Names (il Mausoleo dei Nomi), cuore del museo storico e una delle sale di maggiore impatto dell’intero complesso. L’archivio dei dati è, infatti, costruito in una vasta zona espositiva e di documentazione storica, concepita con la volontà di ridare un volto e un nome a tutte le vittime della Shoah. Entrando si arriva in un ambiente circolare, sormontato da un enorme tronco di cono, sulle cui pareti interne vi sono migliaia di fotografie, il percorso è affiancato da pareti su cui sono scritti i nomi degli scomparsi. Ma, cosa ancora più importante, una volta attraversata la sala, si possono utilizzare dei computer e fare una ricerca per ritrovare i familiari scomparsi. Se non compaiono nel grande database di Yad Vashem, è possibile dare loro una tomba, ideale, e inserirne il nome, così da renderne eterno il ricordo.

Eirene Campagna
collaboratrice

Classe 1991, è PhD Candidate dello IULM di Milano in Visual and Media Studies, cultrice della materia in Sistema e Cultura dei Musei. Studiosa della Shoah e delle sue forme di rappresentazione, in particolare legate alla museologia, è socia dell’Associazione Italiana Studi Giudaici.


1 Commento:

  1. Tutto ciò che è successo con la Shoah è stato un fatto che spacca in due i Tempi dell’Umanità, il “prima” ed il “dopo”. È chiaro che la Shoah ha dato la misura del pericolo di vita in cui siamo costantemente in sospeso ed il concretizzarlo con la documentazione è assolutamente doveroso, ma…………. rimane sempre un senso amaro in bocca nella constatazione della mancanza della presenza intima di quei sei milioni di Eroi. Una mancanza concreta, non certo del “dopo” della loro morte, ma al contrario del “prima” con le loro ammirevoli vite (ogni Eroe ha sicuramente avuto una onorevole vita, se non altro l’ha certamente pagata con la propria morte). È a questo “prima” con la “Vita”, anzi le “Vite” di ogni singolo shoahtico che dobbiamo ritornare con la nostra consapevolezza direttamente, sarà come quando leggiamo la lista dei loro nomi che con tanta attenzione abbiamo recuperati quasi tutti, che sono onorevolmente esposti nello Yad Vashem. Altrettanto dobbiamo fare con la conoscenza diretta di tutti loro quando “prima” erano in vita. Nella vita di tutti i sereni giorni precedenti, come poteva essere nel 1930 in cui non c’era la minima avvisaglia del terribile pericolo. Solo entrando in questa particolare “occasione temporale” possiamo veramente percepire l’immane “Presenza” di ogni singola persona, non solo con il nome, ma con la nostra visita a casa loro, in mezzo al loro tran-tran di vita quotidiana ed addirittura nei luoghi preposti come la sinagoga, la yeshiva, i posti di lavoro, le case in cui abitavano, nelle ricorrenze religiose così puntuali che segnavano la loro garbata vita. Questo concetto del “prima” è l’intento concreto, sia come idea e sia come sostanza che la “Fondazione M.R. Rossetto” ha realizzato nella città Tarnow, simbolo con il suo 45% di cittadini massacrati, in cui la Fondazione ha già realizzato la sede del Memoriale risultante da otto distinte case israelite, a partire dal 1565, totalmente ristrutturate in un unico grande “open space” distribuito nei cinque piani dei 4.000 m2. Questo trentennale impegno è completamente realizzato nelle due prime delle tre parti da ciò che gli addolorati cristiani potevano fare, manca ancora la terza parte dell’intervento che spetta di diritto e dovere alle Comunità Israelite nel realizzare gli interni che solo la sensibilità e la capacità degli ebrei può e deve essere all’altezza di realizzare.


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