Hebraica
Che significa essere ebrei #4

Il confronto tra due rabbini

A porre le nostre domande sul concetto di identità ebraica abbiamo raccolto interessanti punti di vista e stimoli alla riflessione. Per questa puntata conclusiva dell’indagine dal punto di vista rabbinico, vi proponiamo un confronto a due: dal punto di vista ortodosso le risposte sono già state ampiamente formulate. Almeno, così ci hanno risposto i nostri interlocutori: non avrebbero aggiunto altro a quanto già pubblicato. Dunque, riportiamo qui le riflessioni di David A. Whiman, rabbino della sinagoga Beth Shalom e di Igal Hazan, rabbino della sinagoga Habad di via Asti, entrambi a Milano.

Cosa significa essere ebrei: una definizione “scientifica”

Rav David A. Whiman: Sono stato ordinato rabbino dal movimento riformato negli Stati Uniti. Una risposta halakhica alla domanda “Chi è ebreo” richiede che si consulti un’autorità halakhica: ritengo che i rabbini intervistati nel vostro precedente articolo abbiano esposto piuttosto bene l’approccio tradizionale alla questione. La maggioranza degli ebrei, tuttavia, non vive secondo i dettami della Halakhah; inoltre, siccome non c’è nessuno che ufficialmente parla a nome di tutto l’Ebraismo, non c’è nemmeno una risposta ufficiale a questa domanda. L’Ebraismo liberale che pratico è accogliente, egualitario e sì, tradizionale. Consapevole della Halakhah, ma non coincidente con questa. A Beth Shalom, accordiamo lo status di ebreo sia ai figli di madre ebrea che di padre ebreo – a patto che il bambino venga cresciuto esclusivamente come ebreo e confermi questo suo status attraverso l’educazione religiosa, la partecipazione e i rituali – e accogliamo chi non è nato ebreo ma vuole abbracciare formalmente l’ebraismo come propria fede.

Rav Igal Hazan: Chi è ebreo lo dice la Torah in un verso sviluppato poi nel Talmud e nella Halakhà: è ebreo chi nasce da madre ebrea. L’ebreo appartiene a un popolo per scelta di Dio, che ha stabilito anche le modalità attraverso cui l’ebraicità viene trasmessa.

Cosa significa essere ebreo per voi: una definizione personale

David A. Whiman: Una vecchia barzelletta dice che l’ebreo è colui che risponde a una domanda con un’altra domanda. Perciò al vostro “Chi è ebreo?”, io risponderei “Chi vuole essere ebreo?”. Chi vuole essere parte del popolo d’Israele? Chi vuole trovare significato e scopo nella pratica dell’ebraismo? Chi vuole trovare supporto e comunità nel popolo d’Israele? Chi vuole condurre una vita improntata sull’etica e sulle aspirazioni dell’ebraismo? Per me, questo è ciò che significa essere ebreo, perciò incoraggio e aiuto coloro che a queste mie domande rispondono “Io sì” – che sia per nascita o per scelta – a partecipare nella sinagoga, a creare una famiglia ebraica nell’amore e a crescere figli ebrei impegnati e orgogliosi.

Rav Igal Hazan: Non c’è niente di soggettivo nell’essere ebrei: è un’appartenenza fisica a uno stato di fatto determinato da Dio. Come dire: qual è la differenza soggettiva tra una persona che ha la pelle nera e una che ce l’ha bianca? Nessuna, la differenza è un dato di fatto. Dunque, io sono ebreo perché mia mamma è ebrea.

Esistono i “mezzi ebrei” e perché?

David A. Whiman: “Mezzo ebreo” è un termine infelice e fuorviante. Da un punto di vista religioso non si può essere mezzi ebrei. Tendenzialmente, diverse religioni vogliono dire diverse convinzioni, che spesso si contraddicono a vicenda. È possibile naturalmente nascere da genitori che appartengono a due religioni diverse: ma la biologia è una cosa, l’identità un’altra. Non penso sia utile e nemmeno corretto dire di una persona che si trova in qualche punto a metà tra ebreo e non ebreo. Le comunità ebraiche in Europa e Nord America sono minacciate dal calo demografico. Se ammettiamo una sola e unica via di praticare l’ebraismo, le nostre comunità continueranno a restringersi. Secondo il mio pensiero, è possibile facilitare e sostenere una molteplicità di modi per connettere l’ebraismo e la comunità ebraica. Questi canali di connessione devono essere aperti, accessibili e accoglienti. Un ebreo rafforza la sua identità ebraica quando trova realizzazione spirituale e sostegno emotivo nella pratica di un ebraismo consapevole e intimamente significativo.

Rav Igal Hazan: Come ho già detto, essere ebrei è uno stato di fatto e non può essere a metà.

Un ebraismo o tanti ebraismi?

David A. Whiman: Ebraismo o ebraismi? La domanda è capziosa. Certamente l’ebraismo è uno, ma la verità è che ogni persona pratica un suo proprio ebraismo. Ci sono e ci sono sempre stati molti modi diversi di essere ebreo, chiamiamoli pure “ebraismi” se ci va. Tutti gli ebraismi condividono alcune convinzioni: credono che esista un Creatore, che Egli sia in continua relazione con il creato e che la vita abbia un senso e un modo per vivere l’ebraismo stesso. Tutti gli ebraismi condividono un corpus di letteratura e una collezione di testi ritenuti sacri. Tutti gli ebraismi condividono un legame con la terra d’Israele, storica e contemporanea. Alcune ortodossie, per come io le vedo, considerano l’ebraismo come la rivelazione divina di un insieme di credenze e pratiche che nella storia non è mai cambiato e che così deve rimanere. Un approccio liberale riconosce l’ebraismo come un insieme sacro di credenze e pratiche in continua evoluzione e che ha sempre risposto alle circostanze mutevoli della storia ebraica. Il modo di vivere ortodosso è plasmato e delimitato dai precetti della Halakhah, intesa come un’articolazione della volontà del Creatore e interpretata da un’autorità riconosciuta. Il modo di vivere dell’ebraismo liberale è plasmato dalle esigenze etiche e dalle pratiche rituali della tradizione ebraica, unite alle esigenze contestuali della vita e all’esercizio della ragione umana. C’è un solo ebraismo. Ma se la Halakhah in senso stretto determina i confini della tua vita ebraica, l’affermazione dell’identità avviene attraverso la partecipazione in comunità di obbligo. Se non lo fa, è la tradizione ebraica a determinare i confini della tua vita ebraica e l’affermazione dell’identità avviene attraverso la partecipazione in comunità di significato.

Rav Igal Hazan: Possono esserci e ci sono tantissimi modi di praticare l’ebraismo, ma tutti devono essere rispettosi dell’Halakha. Negli ultimi cinque secoli l’ebraismo si è diviso in due grandi filoni, sefardita e ashkenazita, due filosofie profondamente diverse, oltreché due diverse pratiche e tradizioni molto distanti tra loro, ma sono due modi di applicare le regole dell’Halakhà. Non mi piacciono le etichette, per me l’ebraismo è uno solo. Non giudico l’ebraismo reform, ma non lo approvo come movimento perché è contrario alla Halakhà. Dunque se un ebreo sceglie di abbracciare il mondo reform resta ebreo al cento per cento, un convertito reform per me non è ebreo.


2 Commenti:

  1. Entrare nel merito cosa difficilissima a tradurre! Chiedo : se il convertito è un ortodosso,sig.Rabbino,per Lei è un non ebreo.Grazie

    1. Certamente se una persona si converte secondo la Halachà è ebreo . I nostri più grandi leader e maestri sono stati convertiti o figli di convertiti


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