Cultura
Ebrei a Bordeaux: una storia da riscoprire

Come ricorda la storica Frances Malino la comunità sefardita locale si è differenziata dal resto degli ebrei francesi fornendo un modello per lo sviluppo dell’ebreo moderno. Tra assimilazione ed emancipazione

Ci sono ottimi motivi per visitare Bordeaux che vanno al di là della bontà dei suoi celebri vini vellutati. E ci sono primati di questa città francese che sarebbe meglio verificare di persona. Tra i tanti, il capoluogo della Nuova Aquitania, Patrimonio Unesco dal 2007 per il suo meraviglioso centro storico, ha ad esempio quella del più lungo corso commerciale d’Europa. Detta così, sembrerebbe piccola cosa (anche considerato che Copenaghen ne insidia l’eccellenza con la sua Strøget), ma chi arriva a Bordeaux presto capisce l’importanza di tale strada. Che non si limita certo alle sue mille, luccicanti vetrine e neppure all’elegante continuità tra facciate e selciato di pietra che ne fanno un vero gioiello urbanistico.

Tutto intorno a rue Sainte-Catherine si sviluppa infatti uno spettacolare borgo settecentesco in cui è bello immergersi con gli occhi bene aperti e tutti gli altri sensi all’erta, scoprendo piazze e viuzze traboccanti tesori. Una di queste accoglie il secondo dei primati cittadini, quello certamente più ghiotto per il viaggiatore interessato alla storia ebraica. In rue du Grand Rabbin Joseph Cohen 8 si trova una delle più grandi e importanti sinagoghe di Francia, probabilmente la più imponente tra quelle di rito sefardita. E con questo ci si collega al terzo primato di Bordeaux, quello cioè di avere accolto la prima comunità ebraica in Europa che soddisfacesse i requisiti di uno Stato-Nazione emergente e che fosse riconosciuta dallo Stato francese con cittadini a pieno titolo ed eguali (questo, per la verità, non senza tensioni con le altre congregazioni). Come ricorda la storica Frances Malino in un saggio del 2003 intitolato appunto The Sephardic Jewish of Bordeaux, la comunità sefardita locale si era differenziata nettamente dal resto degli ebrei francesi così come da quelli delle altre comunità dell’Europa occidentale, fornendo un modello, almeno secondo la studiosa del Wellesley College, per lo sviluppo dell’ebreo moderno, tra assimilazione ed emancipazione.

Per capire appieno la specificità degli ebrei di Bordeaux andrebbe comunque ricordato qualche dato storico. Se oggi l’attivissima e accogliente comunità ebraica è composta in buona parte anche da immigrati dal Nord Africa, almeno fino a tutto l’Ottocento era invece rappresentata perlopiù dalla cosiddetta Nazione Portoghese. Formata da immigrati provenienti dalla Spagna e, appunto, dal Portogallo, l’antica comunità sefardita di Bordeaux ha rappresentato nei secoli scorsi un punto di riferimento per gli altri ebrei francesi, facendone pure da portavoce durante e dopo la Rivoluzione Francese.

In precedenza, la sua esistenza aveva seguito le dure leggi della clandestinità. Giunti in Francia come Nuovi Cristiani, gli ebrei Spagnoli e Portoghesi erano arrivati a Bordeaux fin dalla fine del XV secolo, affermando poi la propria presenza lungo tutto il XVI secolo, anche grazie alle autorizzazioni concesse nel 1550 da Enrico II ai convertiti. Secondo le condizioni poste dal governo, i cripto ebrei potevano risiedere in città a loro scelta, purché ufficialmente non praticassero la loro vera religione, ma aderissero invece a quella ufficiale. Fedeli al proprio credo solo in segreto, i cosiddetti Nuovi Cristiani erano da una parte tollerati dalle autorità, che facevano finta di non sapere, e dall’altra direttamente criticati da rappresentanti della loro stessa fede. Tra questi, il rabbino di Amsterdam Saul Levi Mortera, che in una lettera a un prete spagnolo di Rouen del 1631 elogiava i conversos che, fuggiti da Spagna e Portogallo, si erano uniti alle comunità ebraiche locali mentre biasimava quanti invece continuavano a vivere la propria religione di nascosto, anche se ormai relativamente al sicuro dall’Inquisizione.

Va ricordato, poi, che la città di Bordeaux aveva ospitato rappresentanti dell’ebraismo fin dai tempi antichi. Se le prime testimonianze scritte ne parlano già nel VI secolo, la stessa topografica cittadina conferma la presenza di una comunità almeno dall’anno Mille. Tanto per fare un esempio, l’attuale, centralissima, Porte Dijeaux significa letteralmente “degli ebrei” ed era indicata come Porta Judaea già nel 1075, denunciando un importante insediamento in questa zona della città fin dall’epoca medievale. Testimonianza più evidente del passato ebraico di Bordeaux è poi fornita da una delle sue arterie principale, chiamata proprio rue Judaique. Un tempo questa via correva ai piedi di una collina (oggi spianata) chiamata a sua volta Mont Judaique perché prossima al quartiere ebraico, compreso nel territorio del priorato di Saint-Martin. Sembra che i primi ebrei vi si fossero insediati nel XIII secolo perché gli era stato concesso di utilizzarne il cimitero.

Nei secoli successivi, specie dopo l’arrivo dei conversos, gli ebrei continueranno a fare riferimento ai luoghi di sepoltura cristiani, andando a vivere presso le parrocchie che si mostravano disponibili ad accoglierli, chiudendo un occhio sulla loro effettiva non appartenenza alla religione cattolica. Tutto questo, nozze celebrate con rito cristiano comprese, andrà avanti fino ai primi anni del XVIII secolo. Intorno al 1710 i cripto ebrei inizieranno a professare più apertamente la propria religione, e mentre nei cimiteri cattolici si comincia a riservare loro una sezione, dall’altra gli stessi sacerdoti registrano matrimoni celebrati “secondo i riti consueti della Nazione Portoghese”.

Per tutto il secolo si assisterà alla progressiva affermazione della comunità locale, in un primo tempo chiamata Sedaca e impegnata su diversi fronti, da quello squisitamente religioso a quello caritatevole fino a ricoprire veri e propri ruoli di polizia. Indicati come Nazione, gli ebrei portoghesi di Bordeaux acquisteranno ufficialmente il loro primo terreno per un cimitero nel 1725, presso l’attuale cours de la Marne. Attivo fino alla Rivoluzione Francese, sarà chiuso nel 1911. Un altro cimitero sarà aperto, questa volta dagli ebrei di Avignone, nel 1728, nell’attuale rue Sauteyron, restando attivo fino al 1805. Il terzo luogo di sepoltura sarà acquistato dai Portoghesi nel 1765 per accogliere poi le salme di tutti gli ebrei della città. Ancora operativo e visitabile in cours de l’Yser 176, il Cimetière Israëlite ospita oggi antiche tombe settecentesche dalle semplici lapidi rettangolari accanto alle più elaborate sepolture dei secoli successivi, comprendenti cippi, sarcofagi, cenotafi e stele in forma di tavole della legge. Complessivamente, le tombe sono circa 5.400 e comprendono quelle dei più importanti rabbini della storia della città, delle più antiche famiglie provenienti dal Portogallo così come quelle degli ebrei ashkenaziti e delle comunità del Nord Africa giunte a Bordeaux a partire dagli anni Sessanta del Novecento. Fino al 2006 qui si trovavano anche le salme di Hans e Pauline Herzl, figli di Theodore Benyamin Zeev, oggi riesumate e trasferite accanto al padre in Israele.

Tornando in centro, è il momento di visitare lo splendido monumento citato a inizio articolo. La Grande Sinagoga è l’unica attiva in città e varrebbe da sola un testo a sé. Costruita nel 1882 in una laterale della centralissima rue Sainte-Catherine, aveva preso il posto di quella di rue Causserouge, nel vecchio quartiere ebraico, costruita nel 1809 e distrutta da un incendio nel 1873. Progettato in stile orientale dall’architetto Armand Corcelles, quel primo tempio aveva finalmente sostituito i luoghi di preghiera privati e clandestini, sancendo l’emancipazione di tutti gli ebrei di Francia, raggiunta ufficialmente il 27 settembre 1791. Tale fondamentale conquista era stata raggiunta anche grazie al prezioso intervento dei rappresentanti della comunità di Bordeaux, che oltre a perorare la causa dei pari diritti a Parigi, avevano anche partecipato alla preparazione degli Stati Generali.

Per la costruzione del nuovo tempio furono venduti i terreni occupati dalla sinagoga ormai distrutta, posta in una via troppo angusta per questo più ambizioso progetto. Al denaro raccolto si unirono le donazioni dei membri della comunità sefardita di Bordeaux oltre che dallo stesso Comune e dallo Stato Francese, che contribuirono a dare vita a quella che all’epoca era la più grande sinagoga di Francia. Inizialmente affidato all’architetto Andre Burguet, il cui stile eclettico caratterizza ancora oggi il monumento, il progetto per la Grande Sinagoga aveva poi coinvolto i colleghi Charles Durand e Paul Abadie, che mantennero le due torri ai lati della facciata del progetto originale nonostante l’opposizione dei membri della comunità, che ritenevano che così fosse troppo simile a una chiesa cristiana. I tre portali al centro della facciata sono sormontati da archi i cui timpani sono decorati con motivi ripresi dall’edificio precedente, dalle palme sopra le porte laterali alla menorah sopra quella centrale. La parte centrale della facciata occidentale è dominata da un cornicione con le Tavole della Legge nel suo punto più alto e dalla Stella di David appena sotto.

A proposito della presenza del Magen David, sembra che la Grande Sinagoga di Bordeaux sia stata la prima di Francia (altro primato…) a utilizzarlo come motivo decorativo, ripetendolo, oltre che sulla facciata, anche sulle vetrate, su alcuni archi e sui pavimenti. Con una lunghezza di 30 metri e una capienza complessiva di 1.500 posti a sedere, l’interno del tempio comprende una sala di preghiera divisa in sette campate preceduta da un piccolo atrio dal quale è possibile accedere alla sezione femminile situata al primo piano. Le gallerie del matroneo sono sostenute da due file di colonne metalliche prodotte dagli atelier Eiffel di Bordeaux.

Profanata durante la seconda guerra mondiale dai nazisti, che la utilizzarono per raccogliere quanti sarebbero poi stati deportarli nei campi di concentramento, la Sinagoga è stata devastata nel 1944 dagli stessi militari tedeschi, che la saccheggiarono e ne distrussero i mobili. Un attento restauro e una ristrutturazione basata sui progetti originali l’hanno riportata allo splendore iniziale nel 1956, mentre i nomi degli ebrei assassinati si possono oggi trovare incisi sulla lastra commemorativa posta su un muro del suo cortile.

 

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


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