Cultura
1946-1949: la prigionia degli ebrei a Cipro

Così migliaia di ebrei sopravvissuti all’Olocausto vennero bloccati dai militari inglesi mentre cercavano di raggiungere il mandato britannico della Palestina

C’è stato un periodo in cui Cipro ha ospitato decine di migliaia di ebrei. Si tratta degli anni compresi tra l’agosto 1946 e il febbraio 1949, ma quegli ebrei si trovavano lì contro la propria volontà. Parliamo di un vergognoso capitolo della storia dell’isola che ha visto complessivamente circa 56mila persone internate nelle baracche di 12 campi, costrette a vivere in condizioni miserevoli, recluse entro un confine segnato dal filo spinato. Erano tutti sopravvissuti all’Olocausto che nel loro tentativo di raggiungere il mandato britannico della Palestina erano stati bloccati dalle forze britanniche, che ai tempi dominava anche l’isola di Cipro. Gli stessi inglesi che li avevano salvati dai campi, insomma, ora li stavano costringendo a una nuova reclusione, trattandoli da clandestini.

Si stima che nei tre anni in cui è durato questo obbrobrio siano nati in prigionia circa 2.200 bambini e che circa 400 persone vi abbiano perso la vita per le malattie contratte nei centri di reclusione. A differenza di quanto accadeva sotto i nazisti, qui gli ebrei venivano nutriti e non erano mandati alla morte, ma dopo oltre settant’anni il paradosso atroce di questa nuova imposizione rappresenta ancora un pugno dello stomaco. In quegli anni, però, la popolazione cipriota non era rimasta a guardare indifferente. Molte famiglie avevano offerto aiuto materiale e morale agli ebrei, privandosi spesso di parte dei propri beni per soccorrere le famiglie recluse sia con generi alimentari sia con vestiti e medicinali.

È anche a loro che sarà dedicato il museo che sorgerà a Larnaca, un’opera futuristica in acciaio e vetro fortemente voluta da Arie Zeev Raskin, il rabbino capo della Comunità Ebraica di Cipro. Raskin è arrivato sull’isola da Israele nel 2002, divenendo ufficialmente la guida della rifondata comunità nel 2005. Ai tempi, erano ancora pochi gli ebrei che vivevano a Cipro, ma l’isola intratteneva già quel rapporto privilegiato con Israele che tuttora conserva e che in massima parte le consente oggi di avere una popolazione ebraica di circa 3.500 persone. Queste provengono perlopiù da Israele, Regno Unito, Russia ed Europa Orientale, con una buona percentuale di uomini d’affari israeliani che soggiornano sull’isola durante la settimana e tornano a casa nel weekend trovando qui su una comunità attiva e accogliente. Dalla prima sinagoga fondata nel 2005 sono sorti negli anni altri luoghi di preghiera, e ora Cipro può contare su cinque case Chabad (chabadcyprus.com) attive nella capitale Nicosia, a Larnaca, a Limassol, a Agia Napa e a Pafo, oltre che su una scuola, un centro culturale, ristoranti e hotel kasher e, appunto, un museo (www.jmcyprus.org), per quanto ancora in fase di costruzione.

Progettato nel 2017, questo edificio monumentale avrebbe dovuto essere inaugurato già nel 2020, ma al momento non si hanno troppe notizie sul suo sviluppo. Si sa però che si tratta di un’opera molto ambiziosa. Sorgerà nel centro di Larnaca, accanto al Centro della Comunità Ebraica, e combinerà una struttura moderna con evidenti richiami alla tradizione religiosa. Una sua facciata riprodurrà idealmente la schiena di un uomo che indossa un tallit katan e, proprio come l’indumento sfrangiato di preghiera, così le decorazioni daranno movimento a un lato di questo monumentale palazzo a cinque piani. Grazie a un raffinato gioco di luci e trasparenze, il palazzo sembrerà completamente bianco durante il giorno, a simboleggiare la purezza spirituale nella tradizione ebraica, e con caldi colori controluce che si illuminano in linee verticali sulla superficie di notte, imitando appunto il motivo di un tallit a strisce.

Ciascun piano ospiterà uno spazio espositivo di trecento metri quadri e grazie alla tecnologia della realtà virtuale consentirà ai visitatori di immergersi nei luoghi descritti. Confermando il legame fortissimo che l’isola intrattiene con Israele, che dista appena 45 minuti di aereo e rappresenta non solo un interlocutore diplomatico ma anche una amata sede di vacanze, il museo ebraico consentirà ai visitatori di passeggiare nei principali siti della Terra Santa. Ma sarà anche il modo per conoscere la storia dei famigerati campi di internamento, con una importante terza sezione dedicata alla memoria e ai campi di concentramento nazisti, con una decina di mostre complessive. Inoltre, come promesso dal rabbino in occasione dell’apertura dei lavori, il museo offrirà ai visitatori uno scorcio di diversi rari rotoli della Torah del XIX secolo confiscati dai nazisti. Conservate per decenni in una installazione militare sovietica a est di Mosca, ora le preziose pergamene saranno date in prestito al museo.

In attesa che i lavori si concludano, Cipro non resta però senza un suo museo ebraico. Chi visita Larnaca può visitare la prima delle sue istallazioni, un capanno Nissen simile a quelli in cui gli ebrei erano stati internati prima di poter finalmente raggiungere il neonato Stato di Israele. Ritrovata presso un contadino locale, questa struttura prefabbricata in lamiera ondulata dalla forma semicilindrica è stata ricostruita nei pressi del cantiere e offre ai visitatori una coinvolgente testimonianza sia di quelle che dovevano essere le dure condizioni di vita degli internati, di cui si vedono foto e oggetti, sia della solidarietà offerta agli ebrei dalla popolazione locale.

Tra gli intenti del museo non può mancare poi anche un percorso attraverso la millenaria presenza ebraica a Cipro. Secondo i documenti storici, i primi ebrei si sarebbero insediati sull’isola sin dal III secolo a.C., epoca in cui già vi si produceva il vino usato nelle celebrazioni rituali.  Due secoli dopo, l’imperatore romano Augusto avrebbe concesso a Erode, re di Giudea, parte della gestione e delle entrate delle miniere di rame dell’isola e sembra che gli ebrei fossero tra i minatori e i lavoratori del rame. La comunità ai tempi era piuttosto prospera, con sinagoghe in almeno tre località, Golgoi, Lapethos e Constantia-Salamine; nel Talmud si parla di importazioni a Gerusalemme di cumino, vino e fichi secchi. In generale, gli ebrei di Cipro avrebbero goduto della protezione dell’Impero Romano fino al 177 d.C., quando la loro partecipazione a una rivolta contro l’imperatore Traiano costò loro il divieto di vivere sull’isola. Nonostante questo, la comunità avrebbe mantenuto suoi rappresentati anche nei secoli successivi, al punto che tra il XII e il XV secolo vi sarebbero stati qui più ebrei che in qualsiasi altra isola greca. In seguito, quando Cipro fu conquistata dagli Ottomani nel 1571, accolse numerosi sefarditi provenienti dalle terre dell’Impero, dove si erano inizialmente insediati dopo l’espulsione dalla Spagna. Con il passaggio al dominio britannico, avvenuto nel 1878 e durato fino al 1959, arrivarono diversi rifugiati ebrei russi e rumeni, con una manciata di famiglie rumene che a fine secolo fondarono una colonia con diverse fattorie presso il villaggio Margo, nel distretto di Nicosia.

Oggi quel villaggio è completamente disabitato a causa di un altro degli sconvolgimenti che hanno segnato la storia di Cipro. Posto nelle vicinanze del confine che separa la Repubblica di Cipro dall’autoproclamatasi Repubblica Turca di Cipro del Nord, questo vecchio insediamento è sotto il controllo militare dei turchi che hanno occupato il territorio nel 1974. Al viaggiatore non è proibito accedervi, ma vi restano ben poche testimonianze del recente passato ebraico, tra cui figurava l’antica Salamina, nella città di Famagosta, ora nella zona illegalmente colonizzata. Tra le poche eccezioni, va ricordato il cimitero di Margo, ma il visitatore che dovesse superare il controllo del militare armato che lo presidia potrebbe essere preso dallo sconforto. Le lapidi delle 35 tombe, tutte di ebrei della diaspora del 1885 e di profughi giunti a Cipro dopo la seconda guerra mondiale, versano infatti in un deprimente stato di abbandono, nel totale disinteresse delle autorità turche, che hanno lasciato profanare e distruggere questo luogo di sepoltura al pari di tutti cimiteri non islamici dell’area. Organizzazioni ebraiche e altri gruppi hanno più volte chiesto di accedervi per svolgervi cerimonie religiose, ma queste richieste non sarebbero state accolte dagli occupanti. Lo stesso rabbino Raskin è riuscito ad andarvi una sola volta per recitare il kaddish, ma da allora non ha più potuto mettervi piede.

 

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


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