Cultura Cibo
L’arte di fare lo strudel

La sua pasta sottilissima si arrotola intorno a ripieni dolci o salati, da consumare nelle festività. Storia di una prelibatezza che arriva dall’Oriente (con due ricette)

Così come la sua pasta si avvolge su se stessa accogliendo i ripieni più vari, così la storia dello strudel ha inglobato nei secoli le tradizioni più lontane e diverse. Prima di diventare una ricetta simbolo del Sud Tirolo e un dolce immancabile presso molte comunità ebraiche, del Centro Europa e non solo, questo dessert ha viaggiato a lungo. Nello spazio e nel tempo.
Secondo lo storico del cibo Gil Marks, gran parte della cucina occidentale moderna affonderebbe le sue radici nell’Asia e lo strudel non farebbe eccezione. Certo, la sua versione attuale è il frutto di aggiunte e stratificazioni, ma il concetto iniziale troverebbe origine nelle abitudini dei popoli nomadi centroasiatici, che oltre mille anni fa cominciarono a stendere il pane non lievitato in sfoglie sottilissime e friabili. Grazie alla bassissima quantità di umidità, questi pani potevano essere conservati molto a lungo, pronti per essere reidratati e ammorbiditi con acqua al momento del consumo, con un procedimento che ricorda quello seguito dai pastori sardi con il pane carasau.
Tornando ai pani asiatici, pare che fossero preparati in gran quantità per accompagnare le famiglie in viaggio anche per anni e che la ricetta fosse rimasta immutata fino alla fine del XV secolo. In tale epoca, i cuochi ottomani avrebbero iniziato ad aggiungere dell’olio all’impasto, che nel frattempo aveva preso il nome di yufka, in modo da renderlo più elastico e quindi adatto a essere steso ancora più sottile. Da qui a farcirlo e a tagliarlo a pezzi sarebbe stato un attimo, tanto che dolci tipici turchi come il baklava o sfogliate salate come il sarebbero frutto di una prima rivisitazione di quei primi umili pani.

Perché si parli di strudel, però, non basta avere una sfoglia sottile e friabile, e neppure un ripieno. Per avere uno strudel la pasta deve essere arrotolata intorno alla farcia, richiamando quel vortice indicato con questo termine in tedesco. Secondo quanto riportato da Marks nell’Encyclopedia of Jewish Food, alle origini della denominazione odierna ci sarebbe un gorgo formato dal Danubio nei pressi Vienna al quale la fantasia locale aveva fatto risalire l’immagine della pasta arrotolata.
Comunque siano andate le cose dal punto di vista etimologico, pare che la ricetta fosse giunta in Austria già bella che perfezionata. E per questo si devono ringraziare gli ungheresi e i rumeni, conquistati dagli Ottomani e dalle loro arti culinarie, ma capaci di aggiungervi un nuovo modo di trattare la pasta yufka. Infatti, mentre in Turchia e in Grecia, con la fillo, si tendeva a lasciare la pasta stesa e a sovrapporla a strati, in Ungheria e Romania si preferiva arrotolare la sfoglia sviluppando un mare di varianti per quanto riguarda i ripieni.
È in questo frangente che si sarebbe creata la prima grande separazione tra le scuole. Agli ungheresi non andrebbe riconosciuta solo la fantasia nello sviluppare le farciture più diverse, ma soprattutto la paternità dello strudel salato. Ben lontano dall’essere una variante sfiziosa creata dagli chef contemporanei, la versione di verdure del tipico dolce austro-ungarico è infatti un piatto con una dignità e un’identità ben precise.
Gli storici sono concordi nel riconoscerne gli albori nella gastronomia ungherese, ma non mancano di ricordare quanto siano stati gli ebrei, prima ungheresi e poi della più ampia area ashkenazita, a definire e a fare propria la sua ricetta più nota e apprezzata, quella cioè a base di cavolo. Di questo ortaggio simbolo della cucina del Nord e Centro Europa si è parlato e si potrebbe parlare ancora a lungo, vista la sua preminenza nella cucina ebraica ashkenazita, così come sulla sacralità delle preparazioni ripiene, simbolo di abbondanza e di generosità della natura e quindi di festa, ma basterà citarlo qui come il protagonista di un piatto davvero delizioso.
Usato fresco quando è stagione e conservato sotto forma di crauti negli altri mesi, il cavolo cappuccio si unisce alle cipolle e spesso a una spolverizzata di zucchero in un roll di sfoglia perfetto per celebrare i momenti importanti così come per accompagnare i classici piatti invernali, dalla zuppa allo cholent di Shabbat. In particolare, si dovrebbe ai cuochi ebrei il merito di avere modificato la ricetta della sfoglia che si era affermata in Ungheria, a base di farina e di strutto, con la sostituzione del grasso di maiale con l’olio o con il burro.

Seguendo invece l’altra direzione presa dallo strudel, una volta passati nel Seicento nell’orbita austriaca dopo il dominio ottomano, sempre gli ungheresi avrebbero portato il loro ricco rotolo presso la corte asburgica. Conosciuto a Vienna almeno dal 1696, data della più antica ricetta giunta a noi, lo strudel nel giro di cinquant’anni sarebbe arrivato perfino alla corte dell’imperatrice Maria Teresa, diventando un piatto nazionale dell’impero austro-ungarico. Da quel punto in poi la sua diffusione nei testi di cucina avrebbe subito una notevole accelerata, entrando con l’Ottocento nei più comuni ricettari tedeschi, in particolare della Baviera, e da qui in tutta l’area sotto il dominio austriaco, Italia del Nord compresa. A questo riguardo è curioso vedere come alla fine del XIX secolo Pellegrino Artusi citasse questo dolce nella sua Scienza in cucina senza rimarcarne direttamente l’ascendenza asburgica, ma in compenso definendolo all’aspetto come “un’enorme sanguisuga, o un informe serpentaccio”. Detto questo, rassicurava i lettori che al gusto questo “intruglio” sarebbe comunque piaciuto. Non si dovrebbe comunque alla corte asburgica ma ai talentuosi fornai ebrei che primeggiavano in Austria la diffusione dello strudel nell’Europa centrale attraverso il mondo ashkenazita.

Se da una parte le ricette abbondavano e a volte differivano notevolmente per quanto riguarda il ripieno, che limitandosi al dolce andava dalle classiche mele dell’apfelstrudel tradizionale alle ciliegie, dalla crema alla ricotta, sulla pasta in Europa tutti erano (e sono) abbastanza concordi nel rimarcare l’esigenza di stenderla a uno spessore tanto sottile da poterci leggere attraverso il giornale (o una lettera d’amore, per i più romantici). Come accadeva con le sfogline emiliane, forti nella capacità di tirare la pasta all’uovo il più finemente possibile, così le massaie del Centro e Nord Europa svilupparono il talento e l’orgoglio di stendere al meglio l’impasto dello strudel, spesso tirato da più mani contemporaneamente intorno a un ampio tavolo di lavoro.
Momento di aggregazione nelle grandi occasioni in cui ci si poteva permettere il non semplicissimo impegno, la preparazione dello strudel era di competenza delle casalinghe quanto dei fornai professionisti. Dolce democratico per eccellenza, non conosceva barriere di classe ed era diffuso tra i signori così come tra le classi popolari. Concentrando l’attenzione sulla sua diffusione nel mondo ebraico, i cui ricettari non mancano mai di citarlo come piatto tipico, lo strudel fatto in casa era in genere riservato alle occasioni speciali, in particolare per Rosh Hashanah e per Sukkot, in un periodo dell’anno peraltro ideale per la disponibilità di mele. Lasciando ai cuochi professionisti o a quelli più abili e ambiziosi la preparazione settimanale per Shabbat, nella maggior parte delle famiglie lo strudel seguiva le festività, acquisendo tra gli altri il ripieno al formaggio per Shavuot o quello ai semi di papavero per Purim.
È con questa varietà di farciture, dolci ma anche salate come il già citato cavolo, che a metà Ottocento gli immigrati ashkenaziti dell’Europa centrale portarono lo strudel in America. Entrando nei libri di cucina ebraici come Aunt Babette’s del 1889 così come nelle case, nelle panetterie e nei ristoranti, quello che era nato come un rotolo dalla sfoglia friabile e dal gusto neutro avrebbe preso nuove strade, a volte difficili da ricondurre a quella originaria.
Mentre la ricetta classica puntava ancora, come per la pasta fillo originaria, sulla sola farina impastata con acqua, olio o burro, senza l’aggiunta di zucchero, uova o lievito, quella sviluppata dai discendenti dei primi immigrati europei avrebbe assunto un aspetto molto più simile ad altre preparazioni tipiche della pasticceria ebraica. Quello che salta all’occhio scorrendo le tante ricette riportate come jewish è soprattutto la presenza della panna acida o del formaggio spalmabile. L’impasto a questo punto è morbidissimo e certo ottimo, ma assomiglia molto di più a quello dei rugelach, i dolcetti arrotolati ripieni di cioccolato e frutta secca nati a loro volta nell’Europa Centrale e oggi diffusi soprattutto in Israele e negli Stati Uniti.

Strudel di mele

Ingredienti

Per la pasta:
500 g di farina più quella per la lavorazione
succo di limone o aceto bianco
olio di semi
sale
Per il ripieno:
200 g di pangrattato finissimo
6 mele renette di media grandezza
100 g di uvetta
2 cucchiai di rum
1 limone non trattato
120 g di zucchero
120 g di noci tostate e tritate
cannella in polvere
noce moscata
olio di semi
sale

Setacciare la farina in una larga ciotola, formare la fontana e versare al centro mezzo cucchiaino di sale, 3 cucchiai di olio, 1 cucchiaino di succo di limone o di aceto e 180 ml di acqua tiepida. Iniziare a mescolare unendo se necessario altra acqua calda per avere un composto appiccicoso.
Trasferire l’impasto su un piano infarinato e lavorarlo a lungo con le mani fino a ottenere un composto liscio ed elastico. Formare una palla, ungerla leggermente con poco olio, poi lasciarla riposare per 30 minuti a temperatura ambiente.
Ricoprire completamente il piano di lavoro con un ampio telo pulito, poi adagiarvi sopra l’impasto e stenderlo con le mani da tutti i lati, sollevandolo e tirandolo con i dorsi, fino a ottenere una sfoglia dallo spessore finissimo e trasparente. Lasciarla riposare per 15 minuti.
Ammollare l’uvetta in acqua tiepida mescolata con il rum per 30 minuti, poi scolarla e asciugarla. Sbucciare le mele, privarle del torsolo e affettarle finemente, poi spruzzarle subito con 1 cucchiaio di succo del limone e mescolarle in una larga ciotola con l’uvetta, lo zucchero, le noci, una spolverizzata di cannella e di noce moscata grattugiata, la scorza grattugiata del limone e un pizzico di sale.
Tostare il pangrattato in una larga padella antiaderente, poi distribuirlo sulla pasta stesa. Completare con il ripieno di mele, disponendolo in una larga striscia lungo un lato della sfoglia, lasciando un margine di qualche centimetro, da ripiegare poi sul ripieno con l’aiuto del telo su cui è stata stesa la pasta. Arrotolare quindi il resto della sfoglia insieme al ripieno. Ripiegare le estremità sotto il rotolo ottenuto.
Trasferire lo strudel su una teglia foderata con carta da forno, spennellarlo di olio, inciderne leggermente la superficie per fare fuoriuscire il vapore, poi cuocerlo nel forno già caldo a 180° per circa 45 minuti o comunque fino a quando appare dorato e croccante. Sfornare, lasciare intiepidire e servire cospargendo a piacere con zucchero a velo e accompagnando con panna montata.

Strudel di cavolo

Ingredienti

1 dose di impasto preparato come per lo strudel di mele
Per il ripieno:
1 cavolo cappuccio di media grandezza
1 cipolla grande
2 cucchiai di zucchero di canna
semi di cumino
120 g di pangrattato
olio extravergine d’oliva
sale
pepe in grani

Preparare l’impasto come indicato nella ricetta dello strudel di mele, farlo riposare e poi stenderlo come descritto. Spennellarlo di olio e lasciarlo riposare.
Sbucciare la cipolla e tritarla. Pulire il cavolo, tagliarlo a striscioline e sbollentarlo per 3 minuti in acqua salata, poi scolarlo e strizzarlo del liquido in eccesso.
Rosolare la cipolla in una larga padella con qualche cucchiaio di olio caldo per 6-7 minuti, poi aggiungere il cavolo e cuocerlo a fiamma bassa per circa 15 minuti, mescolando di tanto in tanto. Aggiungere lo zucchero, farlo sciogliere mescolando, quindi togliere dal fuoco e regolare di sale e di pepe. Spolverizzare con i semi di cumino e lasciare raffreddare.
Tostare il pangrattato in una larga padella antiaderente, poi distribuirlo sulla sfoglia stesa sul piano di lavoro foderato con un largo telo. Distribuire il ripieno di cavolo lungo un lato della sfoglia, lasciando qualche centimetro di margine, poi ripiegare la sfoglia sul ripieno e arrotolare il resto della pasta con la farcia. Ripiegare le estremità sotto il rotolo ottenuto.
Trasferire lo strudel su una teglia foderata con carta da forno, spennellarlo di olio, inciderne leggermente la superficie per fare fuoriuscire il vapore, poi cuocerlo nel forno già caldo a 180° per circa 45 minuti o comunque fino a quando appare dorato e croccante.

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


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