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L’ebraismo di Reykjavík ufficialmente riconosciuto tra le religioni di stato

La comunità islandese si racconta, tra shabat estivi senza stelle e l’utilizzo dell’energia geotermica

Dell’Islanda, la ‘terra del fuoco e del ghiaccio’, si conoscono per l’appunto soprattutto i ghiacciai e i vulcani, i paesaggi naturali, i geyser, magari la cantante Björk. La comunità ebraica non verrebbe in mente spontaneamente: Reykjavik è infatti una delle poche capitali del mondo occidentale che non può vantare un antico passato ebraico.
Fino al 19 marzo 2021, l’ebraismo non compariva neppure nelle religioni ufficiali del paese. E ora. grazie agli sforzi degli ebrei locali (200 membri) e del centro Chabad, la comunità potrà ricevere i contributi della ‘church tax’, un diritto riservato solo alle religioni ufficiali del paese. Altri benefici includono la possibilità di registrare un immobile a nome della comunità e altri vantaggi burocratici come il riconoscimento ufficiale del bar e batmizva.

“Sono arrivato qui con mia moglie e i miei due figli nel 2018 sperando di poter fare la differenza e contribuire allo sviluppo della comunità”, spiega Rav Avi Feldman, a capo del centro Chabad di Reykjavik. “Abbiamo iniziato il processo per l’ufficializzazione dell’ebraismo nel 2019 e dopo aver consegnato tutti i documenti nel 2020, ora è finalmente ufficiale. È il risultato di uno sforzo collettivo di cui siamo tutti molto fieri”.
“Nonostante la comunità sia una piccola minoranza in una città di 120’000 abitanti, siamo stati accolti benissimo. Per Hanukka c’è una gigantesca hannukia nella strada principale. Tre anni fa abbiamo inaugurato il primo rotolo di Torah dell’Islanda. In pochi anni ci sono stati molte soddisfazioni”.

In Islanda il solstizio d’inverno è la giornata più corta dell’anno con solo 4 ore di sole; viceversa al solstizio d’estate la giornata dura ben 17 ore. Vale lo stesso per Shabat? Rav Feldman spiega come si regolano gli ebrei islandesi in un contesto così particolare:
“Fare il kiddush a mezzanotte mentre fuori c’è il sole è sicuramente un’esperienza bizzarra! Per la fine di Shabat nei giorni prossimi al solstizio, capire quando finisce un giorno e inizi il prossimo non è così complicato: anche se fuori tutto sembra immutato, l’alba è ufficialmente all’1.30 del mattino e non è necessario aspettare la tradizionale uscita delle 3 stelle. Di solito facciamo l’avdalà al mattino, seguita da un’ottima tazza di caffè”.

Un’altra curiosità legata all’ebraismo islandese è la possibilità di usare l’energia geotermica durante Shabat senza infrangere le regole legate all’elettricità.
I primi ebrei arrivarono in Islanda dalla Danimarca nel 1625. L’unica religione permessa era il cristianesimo. Dal 1855 l’ebraismo fu ufficialmente permesso nel paese. Nel 1938 il paese rifiutò i profughi ebrei austriaci e fu solo dal 1940 che il paese vide una presenza di una comunità vera e propria grazie all’arrivo di soldati ebrei britannici e statunitensi. Nonostante la relativa assenza di una comunità ebraica, l’Islanda vanta dei rotoli medievali che raccontano la storia di Hanukkà, la Gyoinga Saga .
“È una comunità molto piccola e senza istituzioni per ciò è difficile dire quanti ebrei abiano vissuto veramente nel paese” spiega rav Feldman. “Stiamo molto bene qui. Sono originario di Brooklyn, New York, e mi sento di dire che in una comunità più ridotta il contatto con ogni singolo membro è diverso e speciale. La connessione con la natura è più forte, è interessante vivere questo contrasto rispetto alla vita che conducevo a New York”, conclude.

Se è vero che gli ebrei sono conosciuti per la diaspora e la migrazione, anche il cibo ebraico è caratterizzato dal viaggio: un piatto tradizionale della comunità islandese emigrata in Canada sono i biscotti originari della comunità ebraica olandese emigrata in Danimarca, i yðingakökur.

Micol Sonnino
collaboratrice

Micol-con-la-emme Sonnino, da pronunciare tutto d’un fiato, nasce a Roma nel 1997. Studia tutto ciò che riguarda l’Asia dell’Est all’Università di Bologna e vive tra Italia, Austria e Giappone per una magistrale in sviluppo sostenibile, con focus su sviluppo urbano e rurale. Le piace cucinare con la nonna e mangiare carciofi di stagione.


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