Cultura
ll caso del cimitero ebraico San Nicolò a Mantova

Salvaguardia di un luogo sacro e riqualificazione di un’area della città: la ricerca di una mediazione tra halakhà e il progetto Mantova Hub

Dopo anni di discussioni, scontri e false partenze, sembra che finalmente il progetto Mantova Hub possa prendere forma. Parliamo di un importante intervento di riqualificazione di una vasta area periferica a est del centro di Mantova, tra Porto Catena e Valletta Valsecchi, nei pressi del Lago Inferiore. Curiosamente, l’operazione ha richiamato l’interesse non solo di cittadinanza e stampa locale, ma anche di rabbini ortodossi statunitensi, canadesi e israeliani, nonché della Jewish Telegraphic Agency, che se ne è recentemente occupata.

Tanto clamore è giustificato dal fatto che nel cuore nei 25mila metri quadri interessati dal progetto aveva sede l’antico cimitero ebraico di San Nicolò. Istituito nel 1442, quando Francesco Gonzaga concesse questo terreno alla piccola ma influente comunità ebraica mantovana, il luogo di sepoltura rimase attivo fino al 1786, quando fu chiuso da Giuseppe II, per poi essere venduto dalla Comunità ebraica al genio militare austriaco nel 1852 (con la clausola, pare, che il terreno restasse libero da costruzioni e comunque a disposizione della Comunità ebraica per nuove sepolture). Trasformato in campo di concentramento dai nazisti e quindi in area militare, sarebbe stato in seguito trascurato per decenni per tornare agli onori delle cronache solo nel settembre 2016, con la presentazione, appunto, del progetto Mantova Hub.

Preceduto da un piano di fattibilità curato dell’architetto Stefano Boeri e firmato dallo studio napoletano Corvino + Multari, il progetto di riqualificazione prevede un vasto intervento sul paesaggio, con la bonifica di aree oggi ricoperte da erbacce e sterpi o occupate da ruderi, la creazione di giardini, piazze e piste ciclabili e l’edificazione di scuole, centri di incontro, di studio e di accoglienza, oltre che di un Museo della Memoria nell’area dell’ex cimitero. Tutto bene, sulla carta, anche considerato il finanziamento pubblico di 18 milioni di euro ottenuto dal Comune di Mantova nell’ambito del cosiddetto Bando Periferie.

Peccato che non tutto sia poi andato come si sperava. Negli ultimi due anni la pandemia ha rinviato la fine dei lavori, ma non solo. Venuti a conoscenza del progetto a fine 2016, un gruppo di rabbini, alcuni dei quali affiliati al Congresso Rabbinico Centrale degli Stati Uniti e del Canada, ha pensato bene di dire la sua sulla questione. E, tra le altre cose, ha scritto all’allora Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni scongiurandolo di bloccare il progetto visto che il piano avrebbe distrutto il cimitero e il suo suolo (al momento, va detto, una distesa di erbacce senza l’ombra di una tomba).

Nel corso di sopralluoghi e incontri, i rabbini americani guidati dall’editore e ricercatore israeliano rav Shmaya Levi hanno fatto sentire le proprie ragioni presso i vertici comunali locali, suscitando non poche perplessità non solo presso progettisti e amministratori, ma anche in Emanuele Colorni, Presidente della Comunità Ebraica di Mantova. Oltre essere priva di basi fondate, secondo Colorni la polemica rischiava di mettere in cattiva luce la stessa Comunità locale agli occhi della cittadinanza. Dal canto loro, i rabbini, in particolare Chizkiya Kalmanowitz, del Comitato europeo per la protezione dei cimiteri ebraici, sostenevano che l’antico cimitero di San Nicolò aveva accolto le spoglie di illustri Maestri e cabalisti del passato come Menachem Azariah da Fano e Mosheh Zacuto e che quindi andasse tutelato diversamente da quanto previsto.

Nel gennaio 2017 c’è stato un incontro tra il sindaco di Mantova, il Presidente della Comunità locale e quello dell’Ucei, Noemi Di Segni, il sovrintendente ai beni paesaggistici e architettonici e i rappresentanti degli ebrei ortodossi. Come dichiarato a Il Fatto Quotidiano dall’assessore all’ambiente Andrea Murari, in quell’incontro sono state gettate le basi «per una collaborazione operativa prevedendo il coinvolgimento dei rappresentanti della Comunità ebraica nel momento in cui si sarebbe arrivati a pensare e progettare una Casa della Memoria nell’area». Contestualmente è stato anche assicurato che «prima di definire nei dettagli le modalità di tutela, si sarebbero attivati interventi di indagine sotterranea utili a stabilire cosa ancora fosse presente nel sottosuolo. Il tutto a carico del Comune».

Nello stesso periodo, il Consiglio dell’Assemblea Rabbinica Italiana precisava in un comunicato del 3 marzo 2017 al Presidente dell’Ucei che «l’area cimiteriale ebraica antica di Mantova deve essere trattata come ogni altro cimitero ebraico, secondo le regole della halakhà, che in primo luogo proibiscono qualsiasi edificazione sopra le sepolture», mettendo così a tacere anche le possibili illazioni su una presunta morbidezza dei rabbini italiani rispetto all’intransigenza di quelli americani. Le regole sono regole, insomma. Ai primi di aprile partivano così le indagini conoscitive a cura dall’architetto David Palterer per conto dell’Ucei per delimitare con certezza l’area cimiteriale e procedere con tutti i sondaggi archeologici necessari.

Perché la situazione si sbloccasse, però, si doveva arrivare alle scorse settimane. Come riporta la Gazzetta di Mantova, solo il 20 dicembre è arrivato l’ok della giunta al nuovo studio di fattibilità tecnica ed economica che porterà alla ripresa dei lavori. Secondo quanto previsto, in marzo sarà redatto il progetto definitivo esecutivo al termine del quale si potranno aprire i cantieri. “Traducendo in tavole progettuali i precetti religiosi ebraici”, il nuovo piano aggiungerà precisi dettagli per ogni costruzione interessata alla riqualificazione (tra cui un ostello ecologico e un centro per disabili), in particolare eliminando i piani rialzati per evitare fondamenta invasive per il suolo. Anche le aree esterne subiranno modifiche, dato che tutte le superfici calpestabili saranno rialzate dal piano cimiteriale, mentre l’area del sedime del cimitero sarà recintata. Per quanto riguarda la Casa della Memoria, museo che metterà in luce la storia degli ebrei nella regione, questa sarà ospitata in una vecchia armeria di epoca asburgica.

Tutti contenti, dunque? Parrebbe di sì, anche se uno dei massimi critici al progetto, il rabbino Kalmanowitz, non si sarebbe ancora pronunciato ufficialmente, mentre il presidente della Comunità di Mantova Colorni, interpellato da JTA, non nasconde ancora una certa irritazione per l’ingerenza dei rabbini ortodossi americani nelle questioni interne della Comunità italiana.

 

 

 

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


1 Commento:

  1. Ho visitato oggi a Mantova il cimitero ebraico di S. Giorgio, mi ha stupito lo stato di trascuratezza e degrado in cui si trova.
    Il mio interesse era legato al fatto che nella antica comunità ebraica di Mantova era consistente la presenza di persone a nome Castelletti, come risulta appunto anche in sepolture al citato cimitero in tombe datate al secolo scorso.
    Cordiali saluti, Sergio Castelletti


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