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Magonza, Worms e Spira, viaggio nella Gerusalemme sul Reno

Un acronimo per tre luoghi, SchUM, oggi patrimonio dell’Unesco, racconta una storia che inizia nel X secolo

Un viaggio dall’alto valore simbolico. A rischio di apparire un po’ enfatici, potrebbe essere definito così il percorso che si snoda lungo le tre città di Mainz, Worms e Speyer. Riuniti sotto l’acronimo di SchUM, dalle loro iniziali in ebraico, questi luoghi costituiscono in realtà un’unica destinazione, indicata comunemente come Gerusalemme sul Reno e ben rappresentata dall’immagine di culla dell’ebraismo ashkenazita. Seguendo il criterio geografico, all’origine della storia ashkenazita ci sarebbe infatti la regione renana indicata in ebraico medievale come Ashkenaz. In particolare, gli ebrei che poi avrebbero dato origine alle comunità yiddish dell’Europa Centrale e Orientale troverebbero le proprie basi proprio nello SchUM.

Le testimonianze storiche più antiche risalgono al X secolo, con le prime comunità insediatesi nelle regioni franco-tedesche lungo il Reno. Considerata la comunità madre, pare che quella che in italiano conosciamo come Magonza sia stata la prima, a metà del 900, ad accogliere gruppi ebraici, si pensa commercianti provenienti dall’Italia, tra cui membri della famiglia dei Kalonymos, e dalla Francia. Seguita da Worms nell’anno Mille e da Speyer intorno al 1084, Mainz avrebbe con le altre due città continuato a mantenere stretti contatti economici. Nello stesso periodo la valle del Reno avrebbe accolto anche importanti studiosi dell’ebraismo, tanto che si ritiene che molte delle leggi religiose ancora oggi vincolanti nell’ebraismo siano state formulate proprio dagli studiosi di SchuUM. A conferma del ruolo principe avuto da questa rete in mille anni di storia ebraica, dallo scorso luglio i siti di Mainz, Worms e Speyer sono stati dichiarati Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.
Fortissimamente voluto dai rappresentanti delle comunità ebraiche locali e delle amministrazioni cittadine nonché dallo Stato della Renania, questo riconoscimento è il risultato di un lungo processo di ricerca e di lavoro anche burocratico. Iniziato nel 2005 con una prima campagna dello Stato Renania-Palatinato, il percorso ha portato nel 2012 alla richiesta di inserimento nella lista provvisoria dell’Unesco, accettata nel 2014. La domanda formale è stata finalmente redatta nel 2020, con il tracciamento di tutti i contributi delle città all’eredità e alla cultura ebraiche. L’associazione SchUM-Cities che ha diretto le operazioni ha voluto mostrare al mondo intero un patrimonio che chiunque visiti questi luoghi può ancora in parte vedere e toccare. Ennesimo esempio di resilienza del popolo ebraico, nel corso di mille anni le comunità renane hanno dato l’impronta alla storia ebraica non solo tedesca ma anche europea e mondiale. Secondo la storica Susanne Urban, direttrice di SchUM-Cities, questo sarebbe la prova di quanto gli ebrei siano stati “i soggetti e non gli oggetti della storia”, ritenendo la decisione della commissione Unesco come la “chiusura di un cerchio”.

Dall’architettura alla cultura, dalla religione alla giurisdizione dell’ebraismo dell’Europa centrale e orientale, le tre città sul Reno hanno lasciato un’impronta fondamentale che va ben al di fuori dei loro confini. Centro intellettuale del primo pensiero ashkenazita, da questa regione provengono non a caso alcuni dei più importanti rabbini dell’epoca, da Gershom ben Judah, importante talmudista medievale nato in Francia, a Metz, nel 960 e poi trasferitosi a Mainz a fine secolo, ad altri come Jehuda Chassid o Rokeach, attivi tra Speyer e Mainz o MaHaRam e MaHaRi di Worms. Commenti e codificazioni di questi autori continuano a essere studiati nelle comunità ashkenazite di tutto il mondo.

Il patrimonio delle tre città non è però solo spirituale. Così, accanto alle loro celebri cattedrali romaniche, considerate tra le più belle e importanti di tutta la Germania, Speyer, Worms e Mainz hanno anche altri beni architettonici da esibire e preservare. Nella più meridionale delle tre, nota in Italia come Spira, sono ormai al sicuro da degrado e abusi edilizi i resti del centro comunitario, lo Judenhof. Risalente al 1100, il “cortile ebraico” conserva in Kleine Pfaffengasse 20/22 il più antico e meglio conservato mikveh sopravvissuto in Europa, parte dei muri della sinagoga e della scuola femminile, i resti sotterranei del cortile della sinagoga e una yeshiva. Progettati e costruiti dagli stessi architetti della cattedrale di Spira, mikveh e sinagoga furono consacrati il 21 settembre 1104 undici anni dopo quella serie di progrom che nel 1096 colpirono tutti gli ebrei dello SchUM, accusati di avere causato l’epidemia di peste. Mirabilmente conservato, il bagno rituale è accessibile da una scala con volta a botte che conduce attraverso un vestibolo a un pozzo di balneazione alimentato da acque sotterranee.
Adiacente al bagno rituale sorge il Museo SchPIRA , dedicato alla storia della comunità locale. Vi si possono ammirare le ricche collezioni di Giudaica concesse in prestito permanente dal Museo Storico del Palatinato e dall’Ufficio di Stato per la Conservazione Storica. Tra gli oggetti più interessanti, i reperti archeologici della sinagoga, del bagno rituale e del cimitero.
Passata dai 535 membri del 1890, il più alto numero mai toccato, all’unico sopravvissuto alla follia nazista, la comunità di Spira è stata rifondata negli anni Novanta da dieci ebrei emigrati dall’Europa dell’Est. Ampliando un’antica chiesa medievale, la nuova comunità ha potuto consacrare la propria sinagoga nel 2011 in Am Weidenberg 3. Il tempio Beith-Schalom, che è anche sede dell’Ufficio centrale della Comunità Ebraica della Comunità Palatinata Renana, è l’unico rimasto in città dopo la devastazione delle sinagoghe ottocentesche per mano dei nazisti.

Risalendo lungo il Reno si giunge a Worms, la città che oggi presenta il più alto numero di testimonianze dell’antica federazione. Centro spirituale e culturale dell’ebraismo durante il Medioevo, la città sede del più antico cimitero ebraico conservato d’Europa, già nel 1034 aveva una sua sinagoga. Importante luogo di studi, Worms aveva richiamato personalità del calibro del rabbino di Troyes Salomon ben Isaac, qui stabilitosi intorno al 1060 per studiare e modificare i commentari della Torah con il nome di Rashi.
Distrutto nel corso della prima Crociata, nel 1096, e quindi ricostruito 1175 in stile romanico, il tempio era stato periodicamente danneggiato nel corso dei secoli, in particolare nei pogrom del 1349 e del 1615, per poi essere definitivamente ridotto in macerie dai nazisti nel 1938, nel corso della  Notte dei Cristalli. È stato ricostruito nel 1961 recuperando il maggior numero possibile di pietre originarie. A pochi passi della sinagoga si trova un mikvah, costruito intorno al 1185 sul modello di quello di Spira, mentre poco lontano, in Hintere Judengasse 6, sorge la Raschi-Haus, la Casa Rashi. L’edificio sorge sul sito che si presume fosse la yeshiva in cui studiò il famoso rabbino da cui prende il nome e oggi ospita il Museo Ebraico, allestito tra il piano terra e la cantina. Questi spazi dai soffitti a volta risalgono al periodo tardo medievale, mentre il resto della casa è una costruzione moderna completata nel 1982 in uno stile che riflette quello della struttura originale.

Quartier generale per il gruppo che ha lavorato al riconoscimento Unesco, il Jüdischen Museum Worms ospita mostre permanenti e temporanee sulla storia della comunità locale e delle città renane. Dal 2020 presenta un’esposizione quinquennale che vuole mostrare e spiegare al grande pubblico la memoria ebraica di questi luoghi. Curata dalla stessa Susanne Urban già protagonista della campagna per il Patrimonio, la mostra ShUM sul Reno dal Medioevo alla Modernità raccoglie ed espone oggetti rituali, resti architettonici e opere d’arte, affiancandole alla narrazione di storie individuali e familiari. Tra le tante, anche quella della stessa Rashi House. In una sala buia, gli altoparlanti raccontano così la storia di un luogo simbolo delle fortune dalla comunità ebraica ma anche dei suoi drammi. Nel corso di un millennio la casa è passata dall’essere scuola religiosa a sala da ballo nel XV secolo, da sinagoga nel Settecento a luogo di detenzione degli ebrei prima della deportazione nazista.
Per quanto non dimentichi i momenti bui, però, la mostra vuole soprattutto evidenziare l’eccellenza delle comunità ebraiche delle città renane, mostrate come esempio per l’Europa e per il mondo. Oltre alla prassi religiosa e gli studi religiosi, vi si parla quindi anche di architettura, e di come ad esempio la sinagoga di Worms fosse servita da modello per le sinagoghe di Ratisbona, Cracovia, Vienna e Praga. Accanto a oggetti e reperti antichi, non mancano le istallazioni moderne, come la scultura dall’artista ebreo americano Joshua Abarbanel, cuore dell’esposizione. Composta da lettere ebraiche scolpite, l’opera rappresenta un golem dal collo circondato da una catena che lo ancora a terra e vuole essere una riflessione sulla tradizione di vita ebraica tramandata attraverso i testi scritti.

La terza e più settentrionale città di ShUM è Magonza. Dei circa 1.550 ebrei che oggi compongono la comunità dell’intera regione, la maggioranza si concentra in questo luogo, che accoglie una comunità di oltre mille persone. Considerata la comunità madre dell’antica federazione, non riporta molte testimonianze materiali del suo glorioso passato se non le pietre tombali del cimitero medievale Judensand in Mombacherstrasse. Risalente, si pensa, ad almeno l’XI secolo, è stato utilizzato dalla comunità ebraica della città e dell’area circostante fino a quando gli ebrei furono espulsi da Magonza nel 1438. Di altrettanto richiamo ma decisamente più moderna è invece la sinagoga. Inaugurata nel 2010 e firmata da Manuel Herz, lo stesso architetto della sinagoga pop-up di Babyn Yar in Ucraina, la Nuova Sinagoga di Magonza sorge in Hindenburgstrasse, sullo stesso sito di quella distrutta dai nazisti, incorporandone l’antico portale. Qui però terminano le affinità, perché per il resto si tratta di una costruzione dallo stile decostruttivista formata da cinque blocchi che riproducono le lettere ebraiche della parola qedushah, santità. Ospita anche un mikveh, una scuola, una biblioteca e un centro culturale.

 

 

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


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