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Merano, una storia ebraica

Viaggio nella città montana

Se Merano si è imposta come apprezzato centro turistico, capace di richiamare visitatori dall’Italia e dall’estero sia per l’efficienza delle sue strutture ricettive sia per l’importanza come luogo di cura, una parte del merito va senz’altro alla sua antica comunità ebraica. Presenti nel Sud Tirolo fin dal Medioevo, come denunciato da lettere di privilegio e altri documenti ufficiali risalenti tra il XIII e XV secolo, gli ebrei di Merano istaurarono una prima struttura organizzata solo nel 1836. Si trattava della sezione staccata della comunità di Hohenems, città dell’Austria occidentale al confine con la Svizzera che per lungo tempo sarebbe rimasta punto di riferimento per la cittadina altoatesina. Perfettamente integrati nella società dell’epoca e convinti sostenitori del valore della solidarietà e della beneficienza, i membri della comunità meranese poterono fin da subito contare su rappresentanti dalla personalità forte e dall’impareggiabile piglio imprenditoriale. Tre le famiglie che sono ricordate con maggiore enfasi troviamo quelle degli Schwarz, dei Biedermann e dei Bermann.
Dalla metà del XIX secolo, mentre il centro sudtirolese si stava affermando come luogo di villeggiatura per la nobiltà austro-ungarica, in particolare come centro di cura per i malati di tubercolosi, furono molti gli ebrei a ricoprire posizioni chiave per il suo sviluppo. Si trattava da una parte di medici, attivi presso sanatori e ospedali, dall’altra di imprenditori capaci di creare efficienti centri di accoglienza turistica così come di migliorare i collegamenti con la regione. Da non dimenticare poi i banchieri, decisivi nel finanziare questi stessi interventi. Non era raro che queste tre categorie professionali si incrociassero e convivessero nella stessa famiglia quando non nella stessa persona.

I fratelli Schwarz, ad esempio, furono tra i primi ad aprire una banca privata nella vicina Bolzano e quando nel 1840 Bressanone fu devastata da un incendio non esitarono nel mandare alla città una considerevole somma di denaro. La stessa famiglia Schwarz contribuì alla creazione e al miglioramento delle infrastrutture delle linee ferroviarie nel Tirolo meridionale e nel Trentino, con la costruzione della linea del Garda, della linea Bolzano-Caldaro, della la funicolare della Mendola e della funicolare sul Virgolo, inaugurata nel 1907 e ai tempi ritenuta la più ripida di tutta l’Europa. Membri della stessa famiglia bonificarono e lottizzarono anche diversi terreni lungo l’Adige e gestirono birrifici al Brennero, a Gries presso Bolzano e a Vipiteno.

Un’altra famiglia essenziale per lo sviluppo della regione in generale e di Merano in particolare furono i Biedermann. Giunti a Merano da Hohenems negli anni ’40 dell’Ottocento, i fratelli Daniel, Jakob e Moritz vi aprirono un istituto bancario e un ufficio di cambio che ben presto sarebbe diventato molto noto e rispettato in tutta la zona, offrendo un importante contributo nel miglioramento delle strutture locali, sia turistiche sia di cura.
Attivi sia nella ristorazione e nell’accoglienza sia in campo medico furono invece i Bermann. Originari di Kremsier, in Moravia, Josef e Katharina arrivarono a Merano intorno al 1870 e nel 1873 inaugurarono il primo ristorante kasher della città, in corso della Libertà 142. Nel 1883 Josef avrebbe preso in affitto in via Fossato Molini la pensione Starkenhof, acquistata poi nel 1885, per trasformarla in un albergo kasher adatto anche ad accogliere funzioni religiose. Vent’anni anni dopo, nel 1905, suo figlio Leopold acquisterà un edificio più grande in via Otto Huber 9-13. Lo trasformerà in una importante struttura kasher riconosciuta in tutta Europa, l’Hotel Bellaria, dotata a sua volta di strutture religiose come il bagno rituale e la sala di preghiera. Superate le prime difficoltà, compresi i ben 4 anni di attesa per ricevere la licenza come albergatore, Bermann sarebbe giunto a ospitare nel suo albergo alcune delle più importanti personalità della cultura e politica del tempo, dal futuro primo presidente dello stato d’Israele Chaim Weizmann allo scrittore Zeev Vladimir Jabotinsky. Un fratello di Leopold, Max, si era invece dedicato alla medicina e dal 1893 aveva lavorato a Merano come specialista in urologia, malattie veneree, neurologia e malattie interne. All’inizio del Novecento avrebbe acquistato Villa Paulista di via Schaffer 64, nel quartiere di Maia Alta, trasformandola nel Sanatorio Waldpark.

Un altro edificio signorile acquisito da ebrei e trasformato in casa di cura sarà Villa Steiner, sempre in Maia Alta. A comprarla sarà un’istituzione centrale per l’attività ebraica meranese come la Fondazione Königswarter, fondata nel 1872 dai baroni Königswarter per ricordare il figlio morto improvvisamente ad appena 24 anni. Tra le sue opere filantropiche ci sarebbe stata proprio l’apertura, nel 1893, di un sanatorio destinato a prestare cure agli ebrei indigenti malati per lo più di tubercolosi. Nel 1909 dall’originaria sede di Villa Steiner si sarebbe passati in un nuovo edificio in via Schiller 12, appositamente progettato e all’avanguardia, con servizi igienico-sanitari moderni, riscaldamento, acqua corrente calda e fredda e doppie cucine per rispettare le norme della kasherut. Nel complesso fu allestito anche un piccolo oratorio arredato grazie a generose donazioni da tutta Europa. Negli anni della prima guerra mondiale il sanatorio sarebbe stato messo a disposizione come ricovero per i soldati dell’esercito austriaco feriti o malati. Avrebbe operato sino alla seconda guerra mondiale, fin quando cioè non subì un ennesimo cambio di destinazione. Dopo aver prestato assistenza ai sopravvissuti alla Shoah, sarà chiuso definitivamente nel 1952. Oggi ospita appartamenti privati e uffici pubblici.

Restando nell’elegante quartiere alberato percorso da via Schiller, accanto all’ex ospedale, al numero 14, sorge anche la Sinagoga, l’unica attiva della regione. Fascinosamente immersa nel verde di piante secolari, questo bel luogo di culto ospita regolarmente le funzioni religiose per i circa 50 membri della Comunità di Merano, che possono contare anche sulle attività ricreative e di studio offerte dal Circolo culturale Anna Frank, in via Schiller 24. Prima della sua inaugurazione, avvenuta il 27 marzo 1901 con una funzione officiata da Aron Tänzer, rabbino di Hohenems e del Tirolo, le attività di culto si tenevano nella sala di preghiera del sanatorio della Fondazione Königswarter, diventata ormai troppo piccola per accogliere i fedeli locali o i tanti qui di passaggio. Assieme alla Fondazione e ai tanti benefattori di diversi paesi, sarebbero stati anche questi ospiti a contribuire alla raccolta fondi per l’edificazione del tempio, costruito su un terreno adiacente al Sanatorio.

Progettato dello studio Musch & Lun, questo bel luogo di culto sorge al centro di un lussureggiante giardino di piante secolari. Sviluppato su due piani, presenta una sala di preghiera di rito tedesco a pianta longitudinale. La tevah è addossata all’aron con un’elegante balaustra in ferro battuto a dividerli dallo spazio centrale, occupato da banchi per il pubblico disposti in file parallele rivolte all’aron. Una ristrutturazione del 1985 ha impreziosito le finestre con un ciclo di vetrate policrome con simboli ebraici, opera di Adele Friedenthal.

Allo stesso indirizzo, nei locali al seminterrato, è attivo anche il Museo Ebraico . Inaugurato nel 1998, lo Jüdisches Museum Meran offre un percorso cronologico della storia della Comunità e del suo contributo alla crescita della città. Diviso in tre sezioni, concentra una prima parte sul grande sviluppo di fine Ottocento della città, legato all’attività nel turismo terapeutico e al soggiorno di importanti personalità della politica e della cultura. Tra questi, Sigmund Freud, Stefan Zweig, Arthur Schnitzler e Franz Kafka, che nell’aprile e maggio del 1920 fu curato dal capo medico del Sanatorio ebraico, Josef Kohn proveniente da Praga. Un’altra area tematica è poi dedicata agli anni della persecuzione razziale e della Shoah, dall’arrivo di ebrei in fuga dalla Germania, alle leggi del 1938 e al decreto di espulsione degli ebrei stranieri, sino alle deportazioni iniziate nel settembre 1943. Infine, un terzo settore guarda alle vicende immediatamente successive alla guerra, quando molti sopravvissuti trovarono ricovero temporaneo nei sanatori di Merano.

Presso il Museo è anche possibile chiedere la chiave per accedere al Cimitero Ebraico  di via San Giuseppe. Inaugurato nel 1907, il campo occupa un terreno compreso fra il Cimitero Comunale e il Cimitero Militare Germanico. Le aree di sepoltura sono suddivise da viali alberati che danno accesso a una moltitudine di cippi sobri e ordinati ma egualmente imponenti. Qui furono trasferiti anche i corpi di numerosi ebrei austriaci caduti nella regione durante la prima guerra mondiale. Altri resti provengono dall’antico cimitero utilizzato dagli ebrei di Merano, nell’area di quello che è oggi il parco Marconi, lungo via Innerhofer. Era stato acquisito nel 1872 e poi rinnovato nel 1891 con fondi elargiti anche in questo caso dalla Fondazione Königswarter.

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


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