Hebraica
Ebraismo e Natura: una riflessione per la Giornata della Terra

Cosa ci insegnano i Maestri sul rapporto che dobbiamo avere con il nostro pianeta? In occasione della Giornata Mondiale della Terra, un invito a riflettere sul nostro ruolo da “inquilini temporanei” della Terra

Qualche giorno fa stavo seduto a guardare l’albero spoglio davanti al mio banco fuori dalla finestra e ho visto qualcosa di incredibile: piccoli boccioli verdi e gioiosi che sbocciavano dopo un lungo inverno, a rappresentare l’inizio della primavera e la continuazione del ciclo naturale del mondo. Per quanto straordinario possa essere, ogni anno accade la stessa cosa, senza alcuna eccezione. Poi sono tornato alla realtà, con il professore che snocciolava alcune informazioni preoccupanti sul clima.

Sono seduto qua in università e osservo spaventato grafici e statistiche accurati che mostrano quanto la temperatura, il clima e gli ecosistemi della Terra stiano cambiando a causa dell’impatto umano. Ascolto numeri, penso al futuro ed è un’immagine terrorizzante, capace di tenerci svegli di notte se ascoltassimo davvero (cosa che non facciamo sempre con la dovuta attenzione).

A volte ci mettiamo attorno a un tavolo con dei ricercatori del dipartimento guardando notizie profondamente preoccupanti e chiediamo loro “come fate a rimanere positivi?”. Ognuno ha delle risposte e delle visioni diverse che li tengono coi piedi per terra  e in grado di essere lungimiranti. Negli ultimi mesi ho iniziato a chiedermi cosa avesse l’Ebraismo a dire in merito.

Rabbi Nachman diceva che “il mondo è un ponte molto stretto e che la cosa più importante è non essere spaventati”; questo è qualcosa con cui si identifica un mio caro amico. Mentre parlavo con lui qualche tempo fa, mi ha detto che non dovevo preoccuparmi del cambiamento climatico perché D.o provvede a noi e che le cose si risolveranno perché tutto viene dal cielo. Non posso nascondere che questo sia un pensiero piacevole e rassicurante (se dobbiamo pensare che una potenza superiore si prenda cura di noi), ma non abbiamo forse la personale responsabilità di essere i custodi di questa terra, almeno quella delle conseguenze che ricadranno su di noi e i nostri bambini?

C’è una vignetta del New Yorker che mostra una famiglia vestita di stracci seduta attorno a un fuoco, con la didascalia che dice “Certo, il pianeta è stato distrutto. Ma almeno per un bellissimo momento abbiamo creato un sacco di valore per i nostri azionisti”. Quanto sarebbe triste se questo fumetto si rivelasse essere una descrizione accurata della nostra realtà?

Quando si parla di questi argomenti, spesso sento come se ci fosse qualcosa di più profondo della semplice domanda “Usare o non usare la forchetta o il piatto usa e getta?”. Nella nostra esistenza individualista ed egocentrica, possiamo vedere la Terra come una risorsa, qualcosa che è lì per noi, pronta per essere sfruttata finché possiamo. Nella Mishnà (Sanhedrin 4:5) è scritto “Ognuno deve dire, la Terra è stata creata per me”. La Mishnà può essere decontestualizzata e a volte lo è, per permetterci di sentirci meglio con noi stessi quando dissipiamo le risorse della terra, quando inquiniamo e distruggiamo tutto ciò che vediamo.

Tuttavia, guardando all’inizio dello stesso brano della Mishnà possiamo vedere il contesto della frase: l’intera Terra è stata creata per ciascuno di noi; pertanto come possiamo osare spezzare una vita umana senza un’attenta riflessione? Questo è ciò che credo sia il vero Ebraismo, quello che si prende cura della natura, che si occupa dell’ambiente e che realizza che ci sono cose più grandi e più importanti di noi.

Ci sono così tante leggi ebraiche che si riferiscono alla terra, all’agricoltura e alle stagioni; persino il nostro calendario aggiunge un mese extra per mantenerci sincronizzati con il mondo naturale. Questo dovrebbe ricordarci quanto inestricabilmente siamo legati al pianeta nel quale viviamo e che dobbiamo prenderci la responsabilità di assicurarci che questo alternarsi delle stagioni continui ancora per molto tempo dopo di noi. C’è una vignetta del New Yorker che mostra una famiglia vestita di stracci seduta attorno a un fuoco, con la didascalia che dice “Certo, il pianeta è stato distrutto. Ma almeno per un bellissimo momento abbiamo creato un sacco di valore per i nostri azionisti”. Quanto sarebbe triste se questo fumetto si rivelasse essere una descrizione accurata della nostra realtà?

Tornando al nostro messaggio di prima, non possiamo essere pessimisti. Come dice Rabbi Nachman “Non bisogna mai desistere in questo mondo”. L’Ebraismo può darci quella spinta a occuparci e prenderci cura del mondo naturale e permetterci di avere una prospettiva più ampia, non sommersa dal peso della responsabilità. Come dice Mishnà in Avot (2:21): “לא עליך המלאכה לגמור, ולא אתה בן חורין להיבטל ממנה”, “Non dobbiamo finire il lavoro, ma non possiamo neanche alzare le mani e ignorare le nostre responsabilità”. Ognuno di noi è fondamentale, ma è insieme che dobbiamo lavorare se vogliamo ottenere un vero cambiamento, soprattutto in questa battaglia contro il cambiamento climatico.

Quando pensiamo alle cose che possiamo fare per la Terra, la lista è lunghissima: possiamo diminuire le emissioni (e migliorare la nostra salute) mangiando meno carne e camminando di più. Idee semplici per diminuire gli scarti, un altro principio ebraico, può ridurre il nostro impatto sull’ambiente e far sì che le future generazioni non pensino male di noi. C’è un famoso detto del grande conservazionista John Muir: “Non lasciare niente se non dei ricordi, non prendere niente se non delle foto, non ammazzare nulla se non il tempo”. Se questo diventa il motto che accompagna ogni nostra azione, credo che la prossima Giornata della Terra potrà portarci una nuova e maggior consapevolezza del meraviglioso pianeta nel quale viviamo.

 

www.earthday.org

 

Ronni Gurwicz
Collaboratore

Ronni Gurwicz is a Public Speaking Coach and Ecosystem Sciences Student at Lund University, Sweden. He grew up in the UK and has lived and worked in various countries including Israel and the USA in the teaching, religious and environmental fields.


Ronni Gurwicz è un Public Speaking Coach e studente di Ecosystem Sciences all’Università di Lund in Svezia. È cresciuto nel Regno Unito e ha vissuto e lavorato in diversi paesi, tra cui Israele e USA nei campi dell’educazione, della religione e dell’ambiente.


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