Cultura Cibo
Verdure ripiene: golosità per tutti i giorni, prelibatezze per le feste

Storia di un piatto povero che ha fatto il giro del mondo. Con una ricetta

Non si sa chi abbia inventato le verdure ripiene. All’origine, però, ci sarebbe stata una foglia avvolta intorno a un pesce. La foglia era quella della vite, altrimenti troppo dura per essere mangiata, utilizzata più come protezione delle tenere carni dal calore della brace che come ingrediente. Tale pratica sarebbe nata nel Caucaso e da qui si sarebbe evoluta sotto forma di foglie arrotolate intorno ai più diversi composti di carne e cereali. La cottura stufata in pentola avrebbe completato l’opera, rendendo teneri anche gli involucri più coriacei. Si tratta ovviamente solo di teorie, ma è probabile che queste pratiche rispondessero anche al bisogno di sfruttare fino all’ultimo tutti gli ingredienti a disposizione, mescolando anche piccole quantità di cibo in un composto che diventava così più corposo e appetitoso.

Secondo gli storici del cibo i primi a estendere il principio di farcitura a tutte le verdure sarebbero stati nel Medioevo i cuochi mediorientali. Accanto alle foglie di vite i turchi dell’Impero ottomano avrebbero iniziato a usare anche le verdure, svuotate di parte della polpa e quindi farcite. Chiamate dolma dal verbo dolmak, che significa appunto farcire e riempire, queste preparazioni avrebbero conquistato le regioni settentrionali dell’Impero e la Persia. La cosa avvenne gradualmente, presumibilmente già a partire dal XIV secolo, e andò avanti per tutto il tardo Medioevo. Va detto che il termine dolma, tutt’oggi usato in modo generico anche per indicare gli involtini di vite, tecnicamente si riferirebbe solo agli ortaggi scavati e riempiti, mentre le foglie arrotolate e farcite si chiamerebbero invece sarma.

Finezze linguistiche a parte, anche gli arabi avrebbero avuto un ruolo fondamentale nella diffusione di queste pietanze dal Levante al Nord Africa e alla Penisola Iberica. Qui i sefarditi furono tra i più accesi sostenitori di queste ricette. Dalle farciture più varie, le verdure ripiene da una parte si adattavano alla disponibilità alimentare di quelle zone, generose di ortaggi da scavare e poi imbottire, dall’altra erano rispettose delle norme della kasherut. A seconda che fossero ripieni di riso o di carne, dolma e sarma potevano infatti essere serviti nei pasti feriali, generalmente a base di latticini, o in quelli festivi, di solito più ricchi e comprendenti la carne. Le varianti pareve erano poi particolarmente adatte a essere consumate fredde, quindi perfette anche per il pranzo di Shabbat.

Gli ebrei spagnoli svilupperanno un proprio modo per cucinare le verdure ripiene. Anziché lasciarle intere e svuotarle con uno scavino, i cuochi sefarditi le taglieranno invece a metà, privandole poi del ripieno e quindi farcendole. Chiamate medias, queste preparazioni accompagneranno gli iberici anche nell’esilio, tanto che, come riporta Gil Marks nella sua Encylopedia of Jewish Food, un modo non proprio benevolo per indicare i nuovi arrivati in Persia dalla Spagna era quello di chiamarli, appunto, medias.  A distinguere le verdure farcite sefardite ci sarebbe anche il tipo di cottura. Ai due tipi di preparazione citati, ortaggi scavati e foglie arrotolate, gli spagnoli avevano aggiunto infatti un terzo metodo, oggi ancora diffuso nel Nord Africa. Una volta tagliate a metà, scavate e farcite con composti di carne o cereali, le verdure venivano passate nelle uova e nella farina e quindi fritte prima della cottura in tegame con l’immancabile salsa.

Da quanto visto si può dire che se i turchi trasformarono un piatto di origini contadine in una preparazione raffinata, dall’altra gli ebrei ne fecero uno dei loro piatti simbolo, capace quanto il loro popolo di adattarsi ai diversi luoghi in cui si trovava senza mai tradire la propria identità. Tanta versatilità è evidente anche nella doppia natura di queste pietanze, povere e semplici nel concetto iniziale ma poi sviluppatesi al punto da richiedere ai cuochi tempi ed energie degni delle occasioni speciali. Come tutti gli alimenti farciti, per definizione simbolo di abbondanza, anche le verdure sarebbero presto entrate nei menu delle feste, prime tra tutte Purim, Sukkot e Simchat Torah.

Prova della diffusione planetaria delle verdure farcite è il numero di termini usati per indicarle. A seconda del background del cuoco, saranno chiamate dolma in turco o rellenada in ladino, mahshi in arabo o memulah in ebraico. Il termine derivato di memulaim è quello più diffuso in Israele e si riferisce al pari di dolma a tutta la gamma possibile di verdure farcite, sia a base di foglie, sia preparate scavando zucchine, melanzane, carciofi, patate, cipolle e tutto quanto l’orto e il campo mettono a disposizione. A seconda della loro provenienza, casalinghe e cuochi israeliani portano in tavola la loro particolarissima versione dei memulaim, raccontando così indirettamente una parte della propria storia.

Accanto a un classico come i dolma di riso, come si è visto particolarmente amati dagli ebrei per la loro natura pareve e la possibilità di mangiarli freddi, esiste un universo di preparazioni giunte letteralmente da ogni parte del mondo. Che arrivino dalla Romania o dalla Polonia, dalla Siria, dal Marocco o dall’India, quasi tutte le comunità diasporiche condividono un profondo affetto per le verdure ripiene, che ogni gruppo prepara in un modo diverso.

A volte si tratta di dettagli, altre di differenze sostanziali. Piatto casalingo per definizione, ma non per questo trascurato dai menu dei ristoranti, i memulaim possono essere preparati a volte con carne macinata e pangrattato, altre con agnello macinato e riso, altre ancora con funghi e grano saraceno tritati finemente. Alcune versioni sono fatte stufare in salse a base di succo di melagrana o di pasta di tamarindo, altre sono cotte in olio e succo di limone, seguendo le preferenze dei sefarditi, o ancora in agrodolce, come accade tra gli ebrei della Galizia e dell’Ucraina. Trasversale è invece l’uso del pomodoro, affermatosi un po’ ovunque a partire dal XIX secolo, mentre aromi e spezie variano tantissimo, spaziando da cannella, pimento e menta secca ad aneto fresco tritato, coriandolo e prezzemolo.

Per quanto riguarda gli ortaggi utilizzati nelle diverse parti del mondo, le comunità delle aree più fredde d’Europa sono tradizionalmente legate ai prodotti che si sviluppano sotto terra come barbabietole, carote, cipolle e rape, mentre le popolazioni mediterranee sono particolarmente affezionate alle melanzane, ai carciofi, alle zucchine e, a partire dal loro arrivo dalle Americhe, ai pomodori, alle zucche estive e alle patate. Particolarmente gettonati per merito della loro struttura cava sono sempre stati i peperoni, molto amati anche da Rumeni e Ungheresi grazie al loro prolungato contatto con sefarditi e turchi.

Passando ai ripieni, come per gli involtini di vite una grossa distinzione viene fatta tra quelli a base di carne e quelli che invece la escludono completamente. La tradizione turca giocherebbe più sui primi, mentre quella persiana usa più il riso, eventualmente arricchito da legumi. La preparazione della polpa macinata varia a sua volta a seconda delle latitudini. In linea di massima le popolazioni mediorientali tenderebbero a preferire una trita più sottile cotta in un soffritto di cipolle con l’eventuale aggiunta di pinoli, uvetta e altra frutta secca, i balcanici invece farciscono gli ortaggi direttamente con la carne cruda, aggiungendo un uovo come legante, del pane ammollato e un trito di aromi. Pollo e riso sarebbero più diffusi in India, mentre il Levante punterebbe maggiormente sul bulgur.

Cottura e servizio distinguono a loro volta le diverse tradizioni. Sefarditi e mizrahim hanno da sempre approfittato di ogni ortaggio fornisse loro la terra, ma lo hanno fatto in maniera diversa. Dalla pentola al piatto di portata, i discendenti degli ebrei iberici terrebbero distinte le diverse varietà di verdura, preferendo che i sapori restino separati. Di diverso avviso sono invece i mediorientali, che amano invece che i gusti si mescolino e arricchiscano vicendevolmente, complice anche un pentolone in cui tutti sono fatti stufare insieme. Altro banco di prova per le donne di casa, la cottura nello stesso recipiente richiede una certa perizia anche nell’impilare i dolma (o menulaim), con quelli dall’involucro più resistente sotto e quelli più fragili sopra. L’alternativa, spesso proibitiva nelle cucine casalinghe più piccole, è quella di utilizzare più pentole disposte su fuochi diversi. Un lusso che specie un tempo non tutti potevano permettersi, anche quando la festa imponeva alle cuoche di fare gli straordinari.

Verdure ripiene mediorientali

Ingredienti per 12 pezzi

3 peperoni medi

3 cipolle gialle

3 pomodori sodi

3 zucchine rotonde

Per il ripieno:

700 g di carne macinata di manzo o agnello

150 g di riso

1 mazzetto di prezzemolo

sale

pepe in grani

Per la salsa:

250 g di passata di pomodoro

brodo di carne o vegetale

1 limone

zucchero o miele

olio extravergine d’oliva

sale

pepe in grani

Procedimento

Ammollare il riso in acqua fredda per 30 minuti. Tagliare la parte superiore dei peperoni e svuotarli di semi e filamenti bianchi. Sbucciare le cipolle e tagliare via le calotte. Eliminare la parte superiore anche dei pomodori e delle zucchine, poi svuotare gli ortaggi con uno scavino facendo attenzione a lasciare il guscio integro. Tritare separatamente la polpa estratta da tutti gli ortaggi.

Per il ripieno, scaldare 2 cucchiai di olio in una padella capiente, unirvi metà della cipolla triata e soffriggerla a fiamma bassa per 5-10 minuti. Unire la carne e farla rosolare mescolando per circa 5 minuti, finché si colora, poi unire il riso scolato, mescolare e togliere dal fuoco. Pulire e tritare il prezzemolo, poi aggiungerlo al composto di carne e riso con una presa di sale e una macinata di pepe.

Per la salsa, scaldare 3 cucchiai di olio in una casseruola, unire le cipolle rimaste e farle soffriggere per 5-10 minuti a fiamma bassa, poi unire le zucchine e i pomodori tritati e farli rosolare per circa 5 minuti, fino a quando si saranno leggermente ammorbiditi. Aggiungere la passata con la stessa quantità di brodo, il succo del limone e qualche cucchiaio di zucchero o di miele, a piacere. Spolverizzare di sale e di pepe macinato.

Farcire le verdure preparate con il ripieno, lasciando un poco di spazio perché il riso possa aumentare di volume. Adagiarle in posizione verticale nella casseruola con la salsa, mettere un coperchio e porre su fuoco medio basso. Portare a leggera ebollizione e cuocere le verdure ripiene per circa un’ora.

 

 

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.