Da cosa è nato e come potrebbe venire risolto l’antisemitismo religioso. La versione di Hyam Maccoby
Galilea, duemila anni fa. L’ebreo Yehudà diventa (è scelto?) uno dei “dodici” apostoli del rabbi di Nazareth Yehoshuà, nome che in traduzione italiana suona Gesù. Invece Yehudà è passato alla storia come Giuda Iscariota, e nessuno ad oggi sa se Iscariota sia un toponìmico oppure un soprannome. Ma chi era davvero questo Giuda, il traditore per antonomasia (Dante lo pone nel fondo gelido del suo Inferno, con Bruto e Cassio)? Possiamo risalire alla sua vicenda completa e alla sua personalità se incrociamo le fonti storiche? E quali fonti sono disponibili, che non siano già frutto di una interpretazione teologica dei fatti che lo riguardano e che lo associano per sempre alla morte di Gesù?
Soprattutto, fu davvero un ‘traditore’ – il peggiore, metafisicamente parlando – oppure non fu che un capro espiatorio? E se invece fosse stato un apostolo fedele? Anzi, un fratello di sangue dello stesso Gesù, che una macchina del fango ha trovolto per farne il polo negativo di una narrazione (un mito) che doveva renderlo il simbolo dell’ebreo qua talis, del perfido giudeo, avido e diabolico, emblema di tutto il popolo ebraico, collettivamente colpevole di non aver abbracciato una certa idea sacrificale di Gesù-messia e, infine, di averlo ucciso?
Il ‘caso Giuda Iscariota’ è troppo serio per essere lasciato solo ai teologi o agli esegeti cristiani! Ne era convinto Hyam Maccoby (1924-2004), studioso inglese e per decenni bibliotecario del Leo Baeck College di Londra, discendente di una famosa dinastia chassidica, il quale volle vederci chiaro sulle origini profonde dell’odio antisemita: scava e scava, arrivò agli esordi del cristianesimo e a quello che ritenne il mito-matrice, la saga di Giuda Iscariota che sta incastonata nei racconti evangelici, in particolare in quelli della passione, e che da lì ha generato buona parte degli stereotipi e delle accuse nonché delle infamie che hanno stigmatizzato ebrei ed ebraismo negli ultimi venti secoli. La dettagliatissima ricerca di Maccoby sul ‘caso’, degna di un detective di Scotland Yard e che si legge come un giallo, è racchiusa nel volume Giuda Iscariota e il mito della perfidia giudaica, curato da Roberto Massari, edito dallo stesso Massari editore di Bolsena e da poco in libreria (pp.186, euro 16, con apparati iconografici). Tale editore sta traducendo quasi tutti i testi di questo originale studioso, che farà storcere il naso ai dotti professionisti di studi neotestamentari; ma non per questo la sua scholarship vale meno, e sebbene per qualche aspetto (come la datazione dei testi) appaia troppo sicura di sé, non di meno le domande sollevate e le ipotesi avanzate sono molto serie, inquietanti persino, potendo servire alla decostruzione dall’interno non solo del mito-matrice di ogni odio antiebraico ma anche della versione tradizionale sulla nascita della chiesa e del cristianesimo (almeno quella a noi più nota).
Il lavoro pluriennale di Maccoby (del quale si segnala anche il volume su Paolo dall’inequivocabile titolo The Mythmaker: Paul and the invention of Christianity, puntulmente già tradotto da Massari), si colloca nel solco della volontà, da parte di molto mondo ebraico, di riappropriarsi della figura di Yehoshua di Nazareth, sottraendolo ai dogmi ellenistici in cui la teologia cristiana l’ha ingabbiato. “A partire dal XVIII secolo – ricorda Maccoby (che, facendo il bibliotecario in uno dei più prestigiosi istituti di studi ebraici londinesi, su ciò è credibile) – sono stati circa trecento i libri di studiosi ebrei che hanno rivendicato l’ebraicità di Gesù”. Ma torniamo a Giuda Iscariota, anzi al tentativo di riabilitazione di questo ebreo che finì, suo malgrado, per assurgere allo spiacevole ruolo dell’anti-eroe, malvagio in ogni sua fibra, come mito (non ebraico) vuole. La tesi, che si sviluppa in fasi evolutive a loro volta ben scandite, è così riassumibile: nella lotta seguita, a distanza di pochi decenni, alla morte di Gesù, si formarono due fazioni, impropriamente dette ‘chiese’, quella di Gerusalemme e quella paolina: la prima tutta di ebrei, guidata da Giacomo “fratello di Gesù”, che ne interpretava il messaggio in chiave di messianismo ebraico ossia di liberazione dall’oppressore romano, e la seconda, istruita da Paolo, che tendeva a leggere la morte di Gesù in chiave sacrificale-misterica universale, lettura che dapprima marginalizzò i contenuti ebraici e poi li sostituì con concetti tipici di certi culti gnostico-orientali. Il cristianesimo delle origini si sviluppò da tale conflitto, come frutto di questa seconda ‘chiesa’ che combattè e finì per censurare la prima, riscrivendo i fatti al fine di legittimarsi e canonizzare la propria interpretazione. Ma le molteplici tradizioni orali filtrarono a dispetto di quella revisione: da qui le molte incongruenze e contraddizioni nei quattro vanegli e negli Atti degli apostoli, confrontando ‘sinotticamente’ le quali si può intravvedere una storia un po’ diversa da quella ‘ufficiale’ divulgata.
“L’intera storia del tradimento di Giuda fu inventata non meno di trent’anni dopo la morte di Gesù”, al pari dell’apparente stupidità o incomprensione che spesso avvolgono tutti i “dodici” (di cui Paolo non fece mai parte!), al fine di mettere in cattiva luce sia il gruppo dei credenti ebrei di Gerusalemme sia l’ebraismo nel suo insieme. Giuda emerge dall’indistinto di quel gruppo e serve da catalizzatore metafisico in negativo – prima avido di denaro, poi ipocrita, infine ‘assatanato’ venditore dell’amico… in un climax di descrizione dell’orco che raggiungerà il suo apice in alcuni autori cristiani del II e III secolo – colui che è destinato a compiere il male/il peccato, ossia la ‘consegna’ dell’innocente perché sia crocifisso, a vantaggio della moltitudine. L’idea della felix culpa cristiana è già tutta inscritta nella tragica, ma teologicamente necessaria, figura di Giuda traditore (controfigura dello stesso Cristo).
Maccoby mette a confronto i quattro vangeli e gli Atti ricostruendo una storia diversa e mostrando come sia potuta nascere la leggenda nera del Traditore di Gesù, il senso del ‘bacio’ e la probabile parentela con il maestro; soprattutto mostra come sul paradigma di Giuda, il giudeo, tutti i giudei – gli ebrei – siano diventati avidi usurai, traditori, infingardi, malefici e in fondo deicidi. Nel medioevo saranno accusati di omicidi rituali e della profanazione dell’ostia eucarestica, al fine di ripetere e perpetuare l’atto deicida originario. Ecco perché con Giuida siamo al punto (quasi) zero dell’antigiudaismo, certamente dinanzi a un meccanismo mitopoieutico che ha suscitato e marcato il più radicale degli odii antiebraici, quello religioso (poi secolarizzato in antisemitismo moderno). Le due versioni sulla morte di Giuda, conservate senz’essere armonizzate nel Nuovo Testamento, sono rivelatorie delle diverse versioni iniziali di tale mito. Maccoby scopre così che, sebbene la tradizione cristiana registri l’esistenza di due apostoli di nome Giuda, uno buono/santo e l’altro traditore/malvagio, in realtà vi è stato uno sdoppiamento: di Giuda ve ne fu uno solo, forse uno dei fratelli di Gesù, un compagno fedele, che aveva aderito al movimento zelota di resistenza ai romani (secondo il senso del soprannome ‘iscariota’), ecc. ecc.
Ecco la sua conclusione: “La vera e definitiva soluzione al problema dell’antisemitismo è smantellare il mito cristiano-paolino dell’espiazione. Quando Gesù sarà venerato come un maestro, piuttosto che adorato come una figura sacrificale, quando sarà apprezzato per la sua vita e le sue azioni e non per la sua morte e la sua mitica resurrezione, allora l’antisemitismo smetterà di esistere”. Profezie a parte, a differenza di un giallo qui non si cerca il colpevole ma piuttosto di discolpare il falso accusato. E alla fine importa solo aver sollevato il problema e svelato come neppure l’illuminismo, e i suoi epigoni a destra e a sinistra, abbiano davvero smontato e rimosso questo potentissimo costrutto mitologico e mitogonico, che tanta sofferenza ha causato nei secoli al mondo ebraico. Leggere per (ri)credere.
Hyam Maccoby, Giuda Iscariota e il mito della perfidia giudaica, curato e pubblicato da Roberto Massari, 16 euro
Massimo Giuliani insegna Pensiero ebraico all’università di Trento e Filosofia ebraica nel corso triennale di Studi ebraici dell’Ucei a Roma
Il fatto che l autore non sappia il significato di iscariota spiega la probabile superficialità di questo testo. Iscariota viene dall ebraico ish kraiot, cioè un uomo, ish, che viene dall e kraiot cioè i quartieri limitrofi (=kraiot) così come si chiamano tuttoggi paesini intorno a Haifa.
L’autore (Maccoby) è ben consapevole che Iscariota è stato per molto tempo interpretato come ‘ish Keriot’, uomo di Keriot ossia una località della Giudea, dunque un toponimico, ma questa è soltanto un’ipotesi, che è stata preferita ad altre da parte cristiana perché facile e innocua. Sulla base degli studi in circolazione, Maccoby avanza altre ipotesi: che il toponimo sia Sachar, in Samaria, e dunque Giuda sarebbe un samaritano (strano ma non impossibile); che significhi ‘issachatita’, cioè della tribù di Isacchar; o che, tramite una mediazione in latino, indichi un ‘sicarius’, uomo del pugnale, che tradotto nei termini politici e religiosi di allora significa uno zelota. Questa è la scelta dell’autore, perché quadra con la sua lettura complessiva. Non va dimenticato che il termine giunge a noi in greco, non in ebraico. L’etimologia resta dunque dubbia.
Grazie della precisazione,
Massimo Giuliani
In proposito l’ottimo libro di Augusto Sartorelli, “Testimoni della nostra iniquità” https://www.clinamen.it/libro.php?id=280
Gli studiosi dei tempi di Gesù sono divisi sulla figura di Giuda. Secondo alcuni fu una figura aggiuna, e fu chiamato “Giuda” proprio per personificare giudei da odiare. Secondo altri no.
Articolo interessate, giusto una precisione sul nome ebraico di Gesù: Yeshu di Nazareth, non Yehoshua (Giosué).
Basta paragonare il testo greco, sezione Esodo con Matteo: sono due nomi distinti.
Per chi desidera approfondire il significato ebraico di Yeshu 👉 https://youtu.be/3a7HO8bcHmk
Molto interessante!
Giuda Iscariota è la rappresentazione del male, colui che per l’avidità del denaro tradì Gesù e lo fece uccidere. Su di lui pende la maledizione eterna di Dio Padre che aveva inviato sulla Terra Suo Figlio per farci redimere dai nostri peccati. E’ la stessa maledizione che pende sul Popolo Ebreo discendente di Giuda Iscariota.Non a caso esiste il detto – Ebreo Errante – . Non a caso gli ebrei sono facoltosi banchieri, avidi e privi di qualsivoglia spiritualità. Quando essi furono guidati da Mosè verso la Terra Promessa abbracciarono nel corso del lungo viaggio attraverso il Mar Rosso la Fede Pagana e costruirono un Vello d’oro in onore del Paganesimo e della Cupidigia Umana. L’unico vero scopo e obiettivo della loro esistenza è quello di far denaro ; il loro vero dio è il Potere, il denaro, quindi sono pagani. Attualmente il loro potere si è diramato nell’intero mondo e portano con sè la maledizione eterna di Dio Padre e si possono senz’altro e senza alcun dubbio identificare nella Figura dell ‘Anticristo. Ma sono convinto che alla fine il Bene trionferà e che Dio Padre Onnipotente annienterrà le loro forze malefiche.