Cultura
Intervista a Gianlorenzo Vallone, l’ingegnere del sole

Nel deserto del Negev, un progetto innovativo per lo sfruttamento delle energie rinnovabili. Se ne parla qui, in un’anticipazione dell’incontro di oggi alle 17 su Zoom e Facebook

Per la dodicesima e ultima puntata di JTalks Streaming Edition sarà nostro ospite l’ingegnere Gianlorenzo Vallone. Si parlerà di energie rinnovabili e in particolare su un interessante progetto ingegneristico ad Ashalim, nel deserto del Negev, che sfrutta l’energia solare. Ecco a voi una piccola anticipazione in questo articolo, prima del live su Zoom e Facebook alle ore 17 di oggi.

Il titolo dell’incontro è: “Da Siracusa al Negev: sole, specchi ed energia”. Com’è nato il suo interesse per l’energia solare e come è arrivato al Negev?
Il mio interesse per le energie alternative nasce nell’adolescenza: ero appassionato di scienza, tecnologie e ingegneria e leggevo vari articoli di Carlo Rubbia, un anticipatore e un pioniere nel campo delle energie alternative e dell’energia solare. Questo mio interesse è rimasto sopito durante il periodo dell’università, dal momento che mi sono laureato in ingegneria elettronica, in particolare focalizzandomi sui circuiti integrati a larga scala di integrazione. Quando poi ho cercato lavoro sono stato contattato da un docente dell’università che mi ha proposto di lavorare nel settore fotovoltaico. Ho iniziato con attività di ricerca e progettazione relative al solare fotovoltaico. Mi sono poi trasferito in Svizzera occupandomi di raccolta ed elaborazione di dati relativi a centrali solari termodinamiche come consulente presso Alstom Power, adesso parte di General Electric. Sono arrivato al Negev perché sono un consulente di General Electric che lavora per Megalim, main contractor del progetto di Ashalim, una centrale con la più alta torre termosolare al mondo: ha un’altezza di 260 metri incluso il boiler, 50600 eliostati, 1mln di metri quadri di specchi (eliostati), una capacità di 121 megawatts, sufficienti per dare energia a 120000 case.

Israele è un Paese povero dal punto di vista delle risorse naturali, ma molto ricco in termini di capitale umano e di sole e uno dei Paesi più all’avanguardia al mondo dal punto di vista tecnologico. Come sono state sfruttate queste opportunità nel progetto della centrale di Ashalim?
Tutta la tecnologia utilizzata nel campo solare è made in Israel. La società che ha progettato e costruito il campo solare è Brightsource energy, che ha sede negli Stati Uniti ma ha il suo R&D in Israele. Il team israeliano ha progettato gli eliostati, il modo in cui vengono installati e tutto il software che si occupa di gestire il campo solare in relazione anche ai parametri operativi del ricevitore. Gli eliostati non hanno collegamenti via cavo ma sono controllati wireless e non hanno bisogno di cablaggi, ma sono autoalimentati e questa è una grandissima innovazione. La centrale si basa sull’energia solare termica, sfruttando la grande presenza di sole in Israele, ma ha anche un boiler ausiliario a che genera vapore con gas naturale e garantisce la stabile generazione di elettricità quando il tempo è nuvoloso e dopo il tramonto.

Quali sono state le maggiori sfide progettuali e costruttive?
La progettazione e realizzazione della torre, una struttura mastodontica, al momento la più alta nel suo genere (200 metri, più i 50 metri circa del ricevitore): geotecnici e ingegneri hanno dovuto fornire soluzioni ottimali al problema non banale di collocare un tale carico concentrato in un’area desertica, tenendo conto delle caratteristiche del suolo e delle temperature in fase di costruzione. Il ricevitore (boiler) è stato costruito a terra e sollevato in cima alla torre. Questa parte di sollevamento per 200 metri di una struttura pesante 2200 tonnellate, l’equivalente di cinque o sei Boeing 747 a pieno carico, è stata una sfida ingegneristica notevole e di grande successo. Sono stati utilizzati degli accorgimenti che sono stati concepiti su misura per questa centrale.

Perché è stata costruita la centrale?
La costruzione della centrale è frutto di decisioni strategiche e ambientali dello Stato di Israele, determinate a promuovere ed espandere il campo dell’energia rinnovabile e raggiungere gli obiettivi di transizione ad un’ elettricità pulita. La centrale si inserisce in un progetto più ampio che comprende anche pannelli fotovoltaici, con l’obiettivo da parte dello Stato di aumentare l’incidenza delle potenze rinnovabili nel mix energetico israeliano.

Per progettarla, vi siete avvalsi di una collaborazione internazionale?
Il team che ha progettato il sito è internazionale, con una forte presenza di spagnoli, che hanno una grande expertise ingegneristica nelle centrali solari a concentrazione. E’ stata una collaborazione vincente che ha valorizzato la diversità in nome di un progetto altamente innovativo e rivoluzionario.

Micol Radzik
collaboratrice

27 anni, laureata in economia e specializzata nel campo delle Risorse Umane, ha partecipato a numerosi progetti di leadership giovanile e volontariato in Israele, anche legati all’ecologia e all’ambiente


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